19. Frustrazione

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Nei giorni successivi, Harry Potter si tenne ben lontano da Hermione e Ginny, riversando le sue attenzioni su Ivàn, cercando di aiutarlo a integrarsi. A tavola, durante i pasti, teneva gli occhi sul piatto e rispondeva a monosillabi al ragazzo, sempre seduto accanto a lui, che gli parlava con entusiasmo di "quanto io diverte molto più qui a Hogwarts". Il ragazzo era contento dell'attenzione di Harry, ma decisamente confuso dai suoi repentini scatti per cambiare direzione quando incrociavano le due amiche. Soprattutto se le vedeva assieme, i suoi riflessi da cercatore lo portavano in un secondo al capo opposto del castello, quasi gli fosse concesso di smaterializzarsi.

Anche lo sguardo di Neville era difficile da sostenere. È vero, lui non aveva dovuto passare un anno ramingo in tenda, a cercare un ago nel pagliaio, ma nemmeno la sua vita era stata facile. Era stato la guida e l'anima della resistenza a Hogwarts, era stato torturato e picchiato fin troppe volte - e sperava di non dover mai sapere per davvero quante - perché difendeva gli studenti più deboli dalle angherie dei Mangiamorte. E tuttavia era ancora pronto a combattere, non pareva sentire, come lui, la necessità di mettersi, per una volta, da parte e lasciar fare agli altri. Ma non gli avrebbe permesso di farlo sentire in colpa. Aveva diritto anche lui a una tregua, accidenti!

Rimaneva però la frustrazione per quella situazione e provò a sfogarla sul campo di Quidditch. Anche quel pomeriggio di fine settembre si stava allenando da solo sul campo: la squadra era già rientrata dallʼallenamento e lui aveva proseguito imperterrito. Ormai il sole era quasi calato ed era ora di cena, ma a lui non importava. Sentiva la necessità del vento nei capelli e la libertà che solo volare sulla sua Firebolt gli donava. La passione per quel gioco e per il volo in generale lo accomunava a suo padre James, glielo faceva sentire in qualche modo più vicino, anche se in realtà non sapeva quasi nulla di lui. Molte delle cose che aveva appreso dei suoi genitori, le aveva viste dagli occhi, o meglio dai ricordi, di Severus Piton e, diciamo la verità, non era affatto obiettivo nei loro riguardi. Era innamorato di sua madre e odiava suo padre. Un bel binomio. Harry rincorse un bagliore, il boccino era vicino, allungò una mano e lʼoggetto si dimenò fra le sue dita. Lʼaveva preso. Lo prendeva quasi sempre. Una volta aveva parlato con Krum della sensazione che dava tenere il boccino fra le mani, averlo catturato era come prendere un animale raro e mitologico, un unicorno quasi. Decise quindi di scendere e planò sul campo da Quidditch. Non fece in tempo a rimettere il boccino al suo posto che un gufo si precipitò da lui: Bubò. Anche se non era di certo piccino, quel gufo, quando come adesso aveva le piume arruffate per il vento, pareva una morbida pluffa gigante.

«Ehi, bello! Sei scappato di nuovo?» chiese Harry faticando non poco a mettere a posto il boccino dʼoro, mentre contemporaneamente cercava di non far cadere la scopa e tenere in equilibrio su un braccio il simpatico rapace, che gli dava beccatine scherzose sui guanti da gioco. «Buono, buono! Sei un gran birbante, lo sai?» disse Harry allʼanimale, ridacchiando e arruffandogli un altro po' le penne, con suo grande disappunto. Una piccola fitta al cuore gli ricordò che Edwige non c'era più, ma cosa poteva farci se quel pennuto aveva un debole per lui?

«Dai, è meglio se rientriamo, tu devi tornare in guferia e io devo cambiarmi per andare a cena.»

Harry uscì dallo stadio cercando nei paraggi tracce di Ametista. Bubò sembrava a suo agio appollaiato sul braccio di Harry. Quel gufo gli faceva simpatia, non poteva negarlo. Anche se la sua testa era ingarbugliata per la profezia e per i brutti ricordi, Bubò era riuscito a farlo ridere. La giovane comunque Nott non cʼera e chissà come aveva fatto il rapace a uscire dalla guferia.

«Potter, adesso ti metti pure a rubacchiare i gufi altrui? Tralasciando il fatto che parli da solo!»

«Nott, gira a largo. Non ho preso un bel niente e poi credo che Ametista non avrebbe niente in contrario a prestarmelo. E ora se permetti devo andarmene, il ladro deve riportare il bottino al suo posto.»

La profezia dei fondatoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora