56. La puffola rossa

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Ginny Weasley aveva passato il Natale e Capodanno in famiglia alla Tana, ma poi non aveva resistito più.

Avrebbe voluto schiantare il fratello e non era buona cosa.

Non reagiva alle sue frasi inopportune più per rispetto a sua madre che per lui: sciocco e presuntuoso, era peggio, per certi versi, di Zabini o Malfoy.

Per lui, era colpa sua se Hermione aveva preferito evitarlo come la peste, colpa sua per aver fraternizzato con i mangiamorte, colpa sua per tutto? Ma Ginny era stufa marcia di sentirsi dare la colpa da un bambino troppo cresciuto che, di contro, non si dava responsabilità di nulla. Per non parlare della sua simpatica nuova ragazza. Adorabile quanto uno schiopodo sparacoda.

George osservava tutti come se si fosse trovato di fronte a un nuovo interessante esperimento, scommettendo con se stesso, probabilmente, su chi la sua sorellina avrebbe scelto per primo come bersaglio di una fattura orcovolante. Inizialmente, aveva provato a difenderla, così come Charlie, ma Ginny lʼaveva avvertito: sarebbe stato inutile. Non aveva avuto torto. A niente erano servite le osservazioni dei fratelli maggiori: Ron era rimasto della sua idea.

In quel momento aveva compreso le parole di Hermione. Ron non era cresciuto affatto, era rimasto lo stesso nonostante la guerra e la perdita di Fred.

La mattina del due gennaio, Ginny aveva deciso quindi di rientrare a scuola, cogliendo lʼoccasione della lettera della Preside che richiamava il fratello maggiore. «Vengo con te, Charlie. Preferisco non viaggiare da sola.»

Sua mamma non aveva potuto opporre resistenza. Lʼaveva guardata malinconicamente ma poi, quando il fratello aveva lanciato lʼennesima frecciata su chi avrebbe dovuto incontrare al castello, lʼaveva stretta a sé con comprensione.

«Non credi che dovresti piantarla, Ron?» aveva sbottato Charlie, esasperato. Erano state giornate pesanti. La mancanza di Fred si sentiva in ogni gesto, battuta e sguardo. Persino lʼorologio di casa, che indicava dove fossero i membri della famiglia, sembrava sottolineare la sua assenza.

«Pensa piuttosto a sorvegliarla, tu! Chissà che fa, insieme a quella serpe. Di sicuro, lui avrà certe mire, sempre che non abbia già ottenuto quello che voleva!»

«Ron, non te lo dirò unʼaltra volta» tuonò Charlie «Ginny è maggiorenne e in grado di scegliere per sé, quindi tu pensa ai fatti tuoi e a quelli della tua ragazza!»

A Ginny sembrava di aver bevuto una bevanda amara, per quante parole aveva dovuto ingoiare, per non addolorare sua madre. Preparò il baule così velocemente da non rendersi neppure conto di quello che ci infilava.

«Ehi, sorellina» la voce di George la richiamava dai suoi pensieri. Sorrise: lo adorava.

«Non ti preoccupare, ci parlerò io con Ron e anche se ci dovessi mettere un secolo, gli infilerò del sale in quella zucca vuota!»

Ginny fece una risata rotta.

«Come sta la puffola rossa?» chiese il fratello con un sorriso furbo.

«Tu...»

«Dai sorellina, era ovvio... Blaise è un bravo ragazzo. Senti, non badare a Ron.»

«Ma figurati, no. Non lo schianto e non lo pietrifico.»

«Non intendo questo. Non farti influenzare dal suo giudizio su Blaise Zabini. Datti la possibilità di giudicare con la tua testa e daʼ a lui la possibilità di farsi conoscere.»

Ginny ficcò la testa nel baule, dandosi unʼaria indaffarata.

«Che sciocchezza, George! Siamo amici... o quasi. Neanche proprio del tutto.»

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