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"Come mai, dopo la morte di Polo, eravate andati nella villa dei tuoi genitori insieme?" chiede l'ispettrice senza mai perdere con lui il contatto visivo.

"Perché noi tre avevamo un rapporto speciale e lei lo amava. Avevamo decido di ricordarlo insieme l'ultima volta" spiega.

Era vero, erano stati nella villa subito dopo il funerale. Volevano stare tranquilli e ripercorrere la loro storia. Volevano poter dire addio all'amico da soli, bevendo una bottiglia di vino e piangendo sul danno ormai compiuto. Avevano anche ballato presi da una strana sensazione data dal crimine e dalla chiusura del caso senza alcun colpevole.

"Mi mancherà" aveva parlato Valerio stringendole le spalle, sedendosi sul divano. Erano sudati. Le finestre chiuse senza luce da fuori. Solo loro in un ammasso di mura e mobili arredati inutilmente.

"Anche a me..." aveva risposto lei, guardando il soffitto per poi voltarsi verso di lui. Le loro labbra avevano bisogno di consolarsi, di sentirsi accolte da qualcuno. Così le avevano accontentante accarezzandosi e spogliandosi, vestito dopo vestito. Indumento dopo indumento. La plastica inconfondibile dava una melodia a quel loro gesto, dava un senso legittimo dopo ciò che avevano passato.

"Ci sei mai tornato dopo quella volta?" chiede.

"Solo quando lei mi aveva chiamato, qualche mese fa. Era stata lì perché suo nonno s'era sentito male e aveva bisogno di prendersi una pausa dal mondo." risponde subito, senza pensarci due volte.

Era andato da lei, quando lo aveva chiamato in lacrime. Era corso per poterla aiutare in qualche modo. Non si vedevano e non si frequentavano più ma poco importava in quelle circostanze. Si volevano bene. Lei gli aveva raccontato di ciò che aveva visto, di come si sentiva e non stava affatto bene. Le sembrava di dover portare un peso troppo grosso sulle spalle: il lavoro, la madre assente, il nonno malato, nessun amico che l'aiutasse a sfogarsi ed un morto sulla coscienza. Di certo non era facile per nessuno, tanto meno per lei, per lei che, anche se con l'inganno iniziale, s'era ormai affezionata. Per lei che non aveva una valvola di sfogo se non quella casa.

Così le aveva lasciato le chiavi e l'aveva risollevata da quella situazione, per quel giorno, ma sapeva che andava spesso a rinchiudersi lì dentro per immaginare una vita migliore. Tutti lo avremmo fatto.

"E come mai quella notte sei andato alla villa?" domanda.

"Ci sono andato perché m'ha chiamato lei. Mi sembrava ubriaca ma io non ero messo poi meglio. Ho guidato fin lì e quando sono entrato ho visto che era già morta. Non ho toccato nulla, l'ho guardata e ho chiamato qui. Non sapevo che fare e la colpa sarebbe ricaduta su di me perché non ero lucido. Che cosa avrei dovuto fare? Sedermi e aspettare il suo arrivo per farmi arrestare per un crimine che non ho commesso?"

"Ho un'ultima domanda da farti..." solleva lo sguardo dopo aver preso appunti sul taccuino: "Che tu sappia, era allergica a qualcosa?"

Valerio ci pensa un po' prima di rispondere, poi si ricorda di quella volta dove lui, Cayetana e Polo aveva preso una grossa vaschetta di gelato da mangiare tutti insieme.

"Credo alle fregole... se non sbaglio. O forse era solo un gusto che non le piaceva." dice.

"Sei in arresto per l'omicidio di Cayetana Grajera Pando"  

Aron PiperDove le storie prendono vita. Scoprilo ora