[19] Il mandato

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Il mattino seguente alla sfuriata di Justin a casa di Bryce, speravo di poter restare tranquilla almeno per un giorno, ma quando scesi a colazione, non potevo immaginare quello che mio fratello aveva detto a mia madre.

"Questo, é per Ella" disse mio padre passandomi un pacchetto regalo e capii al volo di cosa si trattasse e lo ringraziai.

"Le hai fatto un regalo?".

"All'unico figlia che non si fa droghe, è una cosa piccola. Le serviva per le cheerleader una nuova lacca" sorrisi a mio padre mettendolo nello zaino e ringraziandolo ancora.

"Tu bevi ancora caffè?" chiese a Clay.

"Perché tu non lo bevi?" domandò Clay.

"Hai ragione. Ma si spera sempre che i figli siano migliori, tipo... Niente caffè, niente fumo" disse mio padre mentre io mangiavo ignorando la conversazione.

"Dovremmo vivere di più".

"Anche se con la crisi climatica la vedo dura" dissi sorridendo.

"Ascoltate voi due, a proposito del processo dei Baker...".

"Per una mattina si potrebbe non parlare di quel processo?".

"No, fermi! Che processo!?" domandai abbastanza confusa, Clay cosa aveva fatto?.

"I mandati di comparizione partono oggi".

"Cosa!?" domandai ancora più confusa.

"Per chi sono?" sembrava che sdorassero ignorarmi.

"Scusa, Clay. Ma è una notizia che non posso darti, c'è tua sorella" sputai quasi interamente la spremuta.

"Io!? Ma che cazzo!".

"Ehi, signorina, le parole" disse mia madre e sospirai.

"L'altro giorno, tu mi hai domandato se una persona che ha danneggiato qualcuno possa essere perseguita anche se la vittima non può farsi avanti. Mi hai detto che era solo un'ipotesi, ma... Pensavi a Hannah non é vero?" mi alzai.

"Clay! Ma che cazzo fai! Porca puttana, non solo Justin ieri sera, pure tu!" urlai come se fossi pazza, ai miei genitori lo sembravo, infatti.

"Non parlavo di Hannah" disse lui osservando me e poi mia madre.

"Ella! Il tuo comportamento non mi piace. Ma se è successo qualcosa e voi due siete coinvolti...".

"Oh mio Dio!" dissi mettendo la mano sulla mia faccia.

"Se le avessi fatto del male e lo ammettessi, andrei in prigione?".

"Merda! Sei..." Clay annuì, aveva sentito quella di Bryce, era un casino allucinante.

"È un procedimento civile, non penale. La testimonianza è giurata".

"Dire il falso, è reato" suonò il campanello e Clay parlò del cartello stradale.

"Clay! Porca puttana!" dissi alzandomi e tirandogli uno schiaffo, doveva contenersi.

"Non mi toccare! Che sei amica di quelli" disse lui prendendomi, ma le vincevo sempre io le lotte, gli tirai dei calci quando nostro padre ci divise e mia madre tornò con due mandati che aveva preso dalla polizia.

"Ok! Fermi! Non so cosa vi prenda, ma non potete trattarvi così. Ella chiedi scusa a tuo fratello, hai iniziato tu con lo schiaffo".

"Scusa" gli dissi toccandomi il naso che perdeva sangue dopo il pugno, non ci picchiavamo così da un po'.

"Tu chiedigli scusa, non puoi picchiare una donna" disse mio padre e Clay si scusò.

"Perché sei così nervosa?" mi domandò mia madre.

LA LUCE NEL BUIO; Zach Dempsey Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora