CAPITOLO 21 - Minacce che si avverano

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30 maggio 1972

Remus

Remus si mosse dolorante tra le coperte del letto, le ossa che scricchiolavano. L'infermeria era quieta e si sentiva solo il rumore dei passi di Madama Pomfrey, che stava trafficando con qualcosa al di là delle tende chiuse. Il ragazzo guardò il bianco del tessuto per qualche secondo, prima di abbandonare la testa sul cuscino e chiudere gli occhi.

Gli venivano alla mente solo gli appunti che aveva preso in quei giorni, tanto era lo stress per gli esami che si sarebbero tenuti di lì a qualche settimana.

Di norma, questi si sarebbero dovuti svolgere i giorni seguenti alla sua trasformazione, ma la professoressa McGonagall gli aveva fatto sapere che aveva chiesto al Preside di spostare quelli degli studenti del primo anno di una settimana avanti rispetto al consueto, così da permettergli di partecipare in totale tranquillità. Glielo aveva detto con un sorriso lieve, che in circostanze normali non avrebbe elargito con leggerezza. Remus l'aveva ringraziata in mille modi e si era scusato per l'inconveniente, ma lei aveva detto che non c'era motivo di scusarsi.

Invece c'era, e ci sarebbe sempre stato.

Remus sollevò le palpebre e si mise su un fianco, per quanto il dolore glielo permettesse.

Tra un paio di giorni avrebbe lasciato l'infermeria, che Madama Pomfrey lo volesse o no. Aveva già discusso del fatto che non stava così male da dover rimanere rinchiuso per più di una settimana. Si era convinto ulteriormente della questione quando Sirius e James gli avevano raccontato che durante le sue lezioni il professor Huxley faceva battutine allusive sulle sue assenze.

Quell'uomo sapeva che era un lupo mannaro. Anche se la professoressa McGonagall gli aveva assicurato che non gli era stato riferito in alcun modo della sua condizione, era palese il professore ci fosse arrivato da solo. D'altronde, i lupi mannari erano anche di sua competenza. Conosceva i sintomi, si era accorto delle sue cicatrici. Che sparisse a convenienza almeno un giorno o due prima della luna piena - usando la sua fantomatica salute cagionevole o quella della madre, così fragile da rischiare di spirare da un momento all'altro e che chiedeva di vederlo ogniqualvolta le sue condizioni peggioravano.

Remus si portò una mano al collo, dove svettava una piccola cicatrice, la stessa che Huxley aveva fatto notare ai suoi amici, settimane addietro. Ringraziava il fatto che i suoi amici non avessero le competenze per arrivarci, altrimenti non sapeva come avrebbe potuto affrontare la faccenda. Aveva paura di affrontarla. Gli sarebbe piaciuto non doverla affrontare mai - ma la vita non funzionava in questo modo. Prima o poi lo avrebbero scoperto. Suo padre glielo aveva detto, lo aveva avvisato decidendo di non omettergli questo particolare.

Incupito, Remus pensò ai suoi amici e al modo in cui lo trattavano. James e Sirius erano tutto ciò che aveva desiderato, qualcuno con cui divertirsi ed essere spensierato. Accettato, più di ogni altro. Lo avrebbero accolto tra loro anche se avessero saputo la verità? La ragione, viste anche le loro reazioni alle parole piene d'odio di Huxley, suggeriva di sì. Il suo cuore, invece, era ricolmo di paura e contemplava la possibilità che non fosse così semplice accettare qualcuno che tanto si allontanava dall'idea di normalità.

La diversità, in qualsiasi sua forma, era ostracizzata. Mal digerita. Odiata, persino. Succedeva tra i Babbani, e i maghi non erano differenti, né speciali come credevano.

Il suono di passi attirò l'attenzione di Remus, che buttò un occhio alle tende che lo tenevano nascono dagli sguardi indiscreti.

Pochi secondi e Madama Pomfrey le spalancò, una pozione tra le mani; riconoscendola, Remus emise un gemito.

Looking too closely [Libro I - The Lovers]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora