CAPITOLO 50 - Nelle loro stanze

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28 marzo 1975


James era uscito dalla stanza non appena era arrivato Remus, forse per lasciare loro la privacy necessaria prima della partenza per le vacanze.

In condizioni normali, Remus sarebbe rimasto in infermeria a riposare, ma avendo deciso di tornare dai genitori, si era dovuto adeguare e riapparire nei dormitori poco dopo l'orario della cena.

Sirius lo guardò sedersi a fatica sul proprio letto con espressione neutra, le gambe che tremavano e l'incarnato pallido e ferito. Era entrato senza guardarlo: non si era nemmeno degnato di salutare James – che il suo umore non fosse dei migliori era comprensibile.

Sirius avrebbe probabilmente agito in maniera simile se fosse stato al suo posto.

No, forse no. Non era nelle sue corde il mutismo. A voler giudicare se stesso, avrebbe cercato lo scontro senza trattenere nulla: insulti, rabbia, fisicità e magia.

Nell'approccio, lui e Remus erano sempre stati diversi.

Istintivo e noncurante il primo, logico ed empatico il secondo. Erano i due poli opposti di un gruppo in cui James aveva rappresentato la bilancia dei loro lati estremi, mantenendo un equilibrio in cui il vecchio Peter era riuscito a inserirsi con un carattere mite e a volte fin troppo indeciso.

Sirius poteva vedere quell'equilibrio tremare, sconvolto da un torto fatto senza rimpianti.

Doveva parlargli. Sistemare. «Remus...»

«Non ho voglia di sentire anche te.» Il tono di Remus era freddo, oltre che esausto; vibrava di una tristezza mista a rancore che Sirius non si era aspettato di udire.

«So che sei stanco, ma...»

«No.»

Sirius strinse tra le dita la coperta del proprio letto e sbirciò per alcuni brevi attimi la foto che teneva sul comodino e che ritraeva lui, James e Remus davanti al Salice Schiaffeggiante al terzo anno. «Va bene, non parlarmi. Però sappi che non ho fatto nulla alle tue spalle. Non sono andato oltre con lei.»

Remus non si mosse di un millimetro, né si degnò di rivolgergli lo sguardo; il verde delle sue iridi era spento, tenuto basso e poco propenso a essere sollevato. Lo mantenne a quel modo anche pochi secondi dopo, quando decise di alzarsi, aprire il baule e tirare fuori il pigiama per cambiarsi.

«Sapevi già dei miei sentimenti» si ritrovò a dire Sirius, l'istinto a parlare per lui.

Non sai mai quando tacere, gli aveva detto una volta Remus quando si erano uniti all'Ordine della Fenice, sulla soglia dei diciannove anni, dopo che Sirius si era lamentato col Preside per la noia di dover spiare dei presunti Mangiamorte senza poterli attaccare.

Ecco: tempi diversi, medesima faccia tosta.

Remus richiuse il baule e si degnò di puntargli gli occhi addosso. La sua mascella era serrata e tremante. «Dedotti da una frase vaga detta a casa dei signori Potter?» rispose, non celando il fastidio. «Sì. Ma non bastava. E lo sai.»

«Volevi che ti sfidassi apertamente?» Sirius si alzò dal letto. Era stufo di stare seduto e di guardarlo dal basso verso l'alto. «Remus, tu hai colto tutti i segnali, lo hai capito fin dall'inizio. Così come hai capito cosa volesse Alisia...»

«Parliamo della stessa ragazza che mi ha rivolto parole dolci facendomi capire il contrario?»

Sirius esitò. «La sua era gentilezza.»

«Probabile.» Remus buttò il pigiama sul bordo del suo letto e cominciò a levarsi di dosso la veste della divisa. «Così com'è probabile il contrario. Mi ha tenuto buono perché aspettava che tu chiarissi tutto. Voi due eravate già d'accordo sul parlarmi.»

Looking too closely [Libro I - The Lovers]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora