CAPITOLO 61 - Proibito

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12 settembre 1976



Le ferite restano, anche se tendono a rimarginarsi, regalando una bugia esteriore allo sguardo altrui.

Se l’era detto nelle ore di sconforto, nelle notti senza sonno, negli attimi di crudo dolore; non troppi mesi prima, quella frase aveva contornato una pena che aveva ritenuto impossibile alleviare, raschiando il fondo di uno stretto pozzo nero le cui acque avevano il colore del sangue secco.

Alisia si tirò in avanti, portò le ginocchia al petto e vi affondò il viso mentre gli ansiti di un incubo stracciavano le sue interiora riducendole in poltiglia.

Gideon mutilato – le orbite vuote, il sangue che gli usciva dal petto in fiotti grotteschi, laghi di sangue su di un pavimento di marmo bianco.

La cattedra maledetta di Difesa contro le Arti Oscure aveva le tracce di Lord Voldemort e le disumanità dei suoi Mangiamorte.

Alisia prese aria, un respiro tremolante tra le labbra schiuse, e cercò di riordinare la mente. Era solo un incubo, gli incubi erano la manifestazione di un’ansia, non della realtà. E poi Gideon faceva un lavoro pericoloso fuori da Hogwarts, quindi era sempre in punto di vita o di morte. Sì, si ripeté, non doveva temere di perderlo.

Avrebbe lasciato Hogwarts tutto intero. Non sarebbe morto per colpa sua.



2 ottobre 1976



Le selezioni della squadra di Serpeverde si svolsero in tutta tranquillità. Lucinda aveva un carattere fermo e poco tollerante, quindi impiegò poco a cacciare chi disturbava o chi non dimostrava neppure un briciolo di bravura nel Volo. Incaricò Alisia e Albern di tenere d’occhio chiunque fosse anche solo minimamente portato per lanciare la Pluffa attraverso uno dei tre anelli, così da velocizzare il tutto e levarsi dalle scatole chi invece stava sprecando il loro tempo.

Finirono poco prima dell’ora di pranzo, accogliendo in squadra un ragazzino mingherlino e tutto lentiggini del secondo anno di nome Charles Fawcett; non era bravo quanto Emma, ma era in grado di reagire in fretta alle improvvisate di Albern, fattore che a Lucinda stava molto a cuore.

Una volta usciti dagli spogliatoi, Regulus seguì Alisia fino alla capanna di Hagrid, dove l’amica necessitava di fermarsi. «Devo ricordare al nostro guardiacaccia di passare a prendere gli Avvincini dai Maridi. Glieli manderanno su nel primo pomeriggio, serviranno al professor Prewett per le lezioni del terzo e quarto anno.»

«Lo chiami ancora per cognome?» domandò Regulus, delicato nel toccare l’argomento. Alisia aveva trascorso quel primo mese di scuola a brontolare all’indirizzo del cugino. Nasceva tutto dalla sua paura di perderlo, era palese persino senza usare lo specchietto magico delle emozioni.

Alisia bussò alla porta di Hagrid e si voltò a guardarlo, un baluginio dispettoso nelle iridi chiare. «Lo farò finché la scuola non sarà finita e lui ne uscirà sano e salvo.»

La sua sentenza si perse nel rumore dei passi di Hagrid e negli schiamazzi che si levarono insoliti all’aprirsi della porta. Il mezzo gigante li guardò sorpreso e nello sbirciare alle sue spalle Regulus vide i Malandrini al completo, tutti stretti attorno al tavolo a bere quello che era chiaramente del tè. L’atmosfera all’interno dell’abitazione era calda, il fuoco scoppiettava nel camino, c’era odore di erbe e di carne secca. La luce che filtrava dalle piccole finestre era abbastanza forte da imprimersi sui muri di pietra e legno.

«E voi?» domandò Alisia, sporgendosi in avanti, altrettanto stupita dalla vista dei tre Grifondoro. I capelli corvini le scivolarono di lato, carezzando il maglioncino porpora che indossava.

Looking too closely [Libro I - The Lovers]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora