12 gennaio 1971
La mano si aprì tremante, schiaffeggiando il vuoto.
Tra le chiome dell'albero, attraversate dagli ultimi raggi di sole della giornata, un miagolio sembrò rispondere al suo desiderio. Speranzosa, la ragazzina allungò di nuovo la mano, sfiorando una zampa nera e morbida.
Il gatto la graffiò.
«Ahi!»
«Alisia Lucretia Prewett! Scendi subito da quell'albero!»
La disapprovazione nella voce di sua madre rischiò di farle perdere la presa, e per un orribile momento pensò di cadere di sotto; per fortuna, la paura l'aiutò a rinsaldare la presa sul tronco, le unghie che ne graffiavano la corteccia.
Gemette. «Va bene, mamma!»
Mortificata, la ragazzina scese giù il più velocemente possibile e, quando i suoi piedi toccarono il prato coperto dalle stesse foglie che si era premurata di far cadere nell'arrampicata, la figura di sua madre emise uno sbuffo.
«Mi dispiace, mamma, c'era un gatto e...»
«E quindi hai pensato bene che rischiare di spezzarti l'osso del collo valesse il tentativo di accarezzarlo?» concluse Caterina Prewett, posandosi le mani sui fianchi. Indossava ancora il mantello, segno che era rientrata da poco, e appesa al polso destro aveva una fila di piccole buste che recavano i marchi dei negozi in cui era stata.
L'orologio che torreggiava in un angolo del salotto iniziò a suonare – era quasi ora di cena.
Caterina chiuse la porta che dava sul giardino e le scompigliò i capelli neri, facendo cadere qualche rametto a terra. «Fuori si sta facendo buio; non hai pensato che potesse essere pericoloso? Ringrazia che tuo padre sia a lavoro, o Merlino sa cosa ti farebbe!»
Alisia emise un altro gemito – questo era troppo, davvero. «Non glielo dirai, vero?» In assenza di una risposta, ma di fronte a un cipiglio deciso, aggiunse: «Vero, mamma?»
La disperazione dipinta sul suo volto sembrò ammorbidire Caterina. «Potrei dimenticarlo... se mi aiuti a sistemare queste cose. Ah, i tuoi cugini ti hanno preso questo.» Sua madre armeggiò con le varie buste per qualche secondo, mormorando di qualcosa riguardante l'enorme mole di oggetti che aveva acquistato a Diagon Alley, e infine gliene passò una minuscola, che Alisia afferrò avidamente.
«Che cos'è?»
«Non ne ho idea, ma spero niente di pericoloso.» Sua madre fece una smorfia. «I tuoi cugini hanno sempre avuto la passione per le cose strane.» Detto questo, si diresse in cucina, facendole cenno di venirle dietro.
Mentre camminava, Alisia estrasse dalla busta un piccolo pacchetto rettangolare: la carta da regalo recava dei disegni di fuochi d'artificio magici, che in movimento formavano la scritta "Buon compleanno, cugina!"; c'era anche un gattino, che di tanto in tanto faceva capolino – probabilmente avrebbe miagolato, se la carta fosse stata incantata nel modo giusto.
«Non dovrei aprirlo domattina?» chiese la ragazzina, rendendosi conto di cosa fosse. «O Gideon e Fabian si sono scordati che il mio compleanno è il tredici?»
«Non dire sciocchezze. Purtroppo non potranno venire per il tuo compleanno, sono di turno al dipartimento Auror. Pare che Alastor Moody li stia massacrando. Anche se, di questi tempi...» Sua madre non concluse la frase, che si spense, accompagnata dal rumore delle buste svuotate sul bancone della cucina. Alisia capì benissimo a cosa si riferiva.
Mangiamorte. Attacchi ai danni dei Nati Babbani. La Gazzetta del Profeta, da un paio di anni a quella parte, non faceva che riportare fatti raccapriccianti. Anche per Mezzosangue e Purosangue non era consigliabile uscire a determinate ore del giorno, per questo sua madre non aveva apprezzato la sua scappatella, e non poteva biasimarla; tuttavia, era frustrante non poter giocare fuori in piena libertà solo perché un gruppo di pazzi credeva che avere il sangue puro fosse meglio che nascere con sangue Babbano.
Come se davvero questo li minacciasse.
Non aveva mai capito i loro ragionamenti, e non che avere quasi undici anni spiegasse la sua ignoranza in merito; i suoi genitori e zii la pensavano allo stesso modo, per questo i Prewett erano stati etichettati come traditori del proprio sangue da alcuni maghi con la puzza sotto al naso, come i Malfoy.
Alisia sospirò e ripose il pacchettino nella busta, per poi stringersela al petto. «Quindi domani verranno solo Molly e Arthur?»
«Sì, tesoro, e Molly porterà un sacco di dolci per te» disse sua madre, regalandole un sorriso.
Molly era sua cugina e la sorella minore di Gideon e Fabian. Alisia le era affezionata e non le dispiaceva passare del tempo con lei, ma avrebbe preferito che anche i suoi fratelli fossero presenti. I gemelli erano l'anima della festa e gli unici in grado di portare la rabbia di Molly a livelli estremi; non perdevano occasione per prendere in giro lei e Arthur, che faticavano a non mostrare quanto fossero innamorati a chiunque li circondasse.
Alisia sorrise. Le faceva piacere che, malgrado il lavoro al Ministero, Arthur sarebbe riuscito a venire. Era divertente sentirlo infervorarsi riguardo gli elettrodomestici che i Babbani tenevano nelle loro abitazioni; quando i suoi genitori avevano fatto installare un telefono in casa, un paio di anni prima, Arthur aveva dato di matto per la gioia.
Okay, forse era un tantino strano, ma gli voleva bene.
Alisia e sua madre passarono il seguente quarto d'ora a sistemare tutte le cose e a piegare le buste, che Caterina aveva l'abitudine di conservare in caso di necessità, e prepararono la cena, parlando dei preparativi per il compleanno. Avevano optato per qualcosa di tranquillo e con poche persone, perché Alisia era molto tesa per l'arrivo della propria lettera.
A differenza del solito, suo padre aveva saputo da uno degli insegnanti che sarebbe giunta proprio il giorno del suo compleanno – sarebbe stata una delle ultime persone a ricevere la lettera nel giorno di nascita, poiché a partire dall'anno seguente avrebbero cominciato a spedirle in estate.
Tutti non facevano che dire che sarebbe stata sicuramente una Grifondoro, anche se sua madre, orgogliosa Tassorosso, aveva protestato con fervore di fronte a quell'affermazione, osando dire che avrebbe preferito vedere Alisia in Serpeverde; Gideon e Fabian si erano offesi, minacciando di non parlare più a Caterina finché non avesse ritirato quella spiacevole frase. C'erano volute un paio di settimane, che Alisia aveva passato ad assillare la madre per convincerla a far venire i suoi cugini per scusarsi, perché Caterina Prewett cedesse.
Cenarono da sole quella sera, parlando di quel particolare episodio – «Si sono offesi per così poco» aveva mugugnato Caterina, provocandole una risata – e quando Dorian Prewett rientrò dal Ministero, a tarda notte, Alisia era già a letto.
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Looking too closely [Libro I - The Lovers]
Hayran KurguLa Morte propone a una donna Babbana di rinascere negli anni Sessanta in una famiglia magica, dandole delle limitazioni e un unico avviso: Lily Evans è destinata a morire. Fa la stessa proposta a un Sirius Black in attesa nel limbo dopo aver attrave...