CAPITOLO 79 - Estate (Dorcas & Evan)

101 9 0
                                    


26 marzo 1978

Evan

Era cominciato tutto durante le vacanze di Pasqua. Non avrebbe dovuto avere un inizio, in realtà; non ci sarebbe dovuto essere nessun coinvolgimento, niente che lasciasse intendere il nascere di una complicità. A volte, però, scegliere non era un’opzione, ma il frutto di azioni prive di discernimento.


Lasciava spesso la residenza dei Rosier per levarsi di dosso il profumo insistente dei gelsomini piantati da sua madre. Sbocciavano in ogni angolo della tenuta, si arrampicavano sui cancelli, imprigionavano le siepi, creavano fitti muri sul retro del maniero. Bastava aprire le imposte per vederli e riempire le stanze della loro delicata fragranza. E capitava ben più di frequente di quanto gradisse, sia per errori propri – la ricerca di un cambio d’aria nei pomeriggi in cui detestava sentire l’odore dell’alcol impregnargli i vestiti e le lenzuola – sia per lo zelo che sua madre metteva nell’ordinare al loro giovane elfo domestico di arieggiare le camere al mattino.

I gelsomini erano parte della sua infanzia. Erano testimoni di scene dolci e scandalose. Proprio tra i cespugli infestati del giardino, tra boccioli bianchi e foglie ruvide, in una sera d’estate sul finire del quarto anno aveva fatto l’amore con Ophelia per la prima volta.

«Io ti consiglierei di darci un taglio, ragazzo» brontolò il proprietario della Testa di Porco, levandogli da sotto al naso il boccale vuoto e interrompendo il suo fantasticare.

Evan esalò una bestemmia, sollevò la testa e allargò le braccia che fino a quel momento aveva tenute incrociate davanti a sé. «Andiamo, vecchio, non puoi negarmi da bere, sono un cliente fisso!»

«Strano a dirsi, ma potrebbe essermi rimasta della coscienza» replicò Aberforth, infastidito. Puntò la porta del locale con una mano tozza e rugosa. «Ora vattene a casa. Sempre che tu ci riesca, certo: sei più ubriaco della mia capra.»

«La tua capra è ubriaca?» chiese un altro avventore, che occupava un posto al bancone a due sgabelli di distanza da Evan. Aveva l’aspetto di un barbone. E forse lo era davvero. «Com’è possibile che sia ubriaca, Aber?»

Aberforth grugnì e posò un braccio sullo straccio che aveva buttato davanti a sé per pulire. «Le è venuta la passione da quella volta che una delle mie botti ha avuto una perdita, Morty. Si è scolata l’equivalente di dieci boccali di birra!»

«Cazzo» farfugliò Evan, scendendo dal proprio sgabello con la sensazione che il pavimento fosse un po’ più vicino del dovuto e la mente occupata a processare il fatto che la capra di Aberforth fosse un’alcolizzata. Non può essere più cotta di me in questo momento, però.

Di solito beveva tanto, ma non così tanto. Aveva esagerato e non sarebbe riuscito a tornare a casa. Non poteva prendere la Metropolvere senza correre il rischio di incrociare sua madre in salotto e Materializzarsi lo avrebbe sicuramente portato a Spaccarsi, procurandogli un viaggetto non programmato al San Mungo che avrebbe chiuso in bellezza il giorno di Pasqua.

Lasciò il pub barcollando e osservò la via buia che conduceva al centro del villaggio di Hogsmeade, illuminata da vecchie lampade a olio appese a sostegni di ottone piazzati agli angoli delle strade. Nell’aria c’era un tenue profumo di castagne e il cielo scuro restituiva l’immagine di una luna nel suo pieno regredire, tipico delle fasi successive al plenilunio.

Looking too closely [Libro I - The Lovers]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora