Capitolo 28

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"Harry, ti va di fare un giro?" Chiesi, nonostante non avessi alcuna voglia di camminare.

Ma lasciare Josh e Claire un po da soli forse li avrebbe sciolti un po.
Mi sentivo un po Cupido.

Vidi Harry guardarmi sorpreso e non si aspettava un dato comportamento da parte mia, sopratutto dopo averlo tenuto lontano per due giorni.

Gli feci segno di seguirmi e Claire nel frattempo mi guardava sconvolta. Non si aspettava intuissi qualcosa.

Che poi continuavo ad essere convinta del mio delirio tra loro due, ma poteva benissimo trattarsi di tutt'altro.

Le ragazze in questo sono bravissime.
A farsi i film mentali sono peggio di Woody Allen.

Mi allontanai dal fuoco e sentii immediatamente il freddo invadere i miei sensi.

Iniziai a passeggiare tra gli alberi e percepii Harry camminare affianco a me.
Tra noi il silenzio era imbarazzante ed era appena percettibile il suono del vento che smuoveva le foglie.

"Mi dispiace per tutta la situazione...capisco che tu non voglia...insomma, stare con me" disse poi di punto in bianco.

Camminavamo entrambi a testa bassa e con le mani nelle tasche delle rispettive felpe.

Non sapevo cosa rispondergli, ma non mi era del tutto passata la rabbia.
Passai qualche secondo a riflettere e alla fine mi decisi.

Tanto valeva essere sinceri e liberarmi. In ogni casi cos'altro avrebbe potuto fare?
Ignorarmi? Ormai ci ero abituata. Arrabbiarsi? Io lo ero di più.

"Sai, dispiace più a me" dissi poi guardandolo.

Non avevo alcuna intenzione di farlo sentire in colpa, ma volevo che sapesse cosa sentivo.

Non rispose e continuò a camminare di fianco a me. Mi sentivo scoppiare ancor di più. Non era rimanendo muto che avremmo risolto la questione. Sbuffai e mi decisi a dire sinceramente cosa pensavo.

"Non mi interessa quello che pensi di me, ma dopo quello che stiamo vivendo non pensavo di essere addirittura comparata a Jeane.
Senza offesa per la tua ragazza, che a quanto pare per frequentare la notra università un minimo di cervello deve pur averlo, ma ti chiedo la gentilezza, la prossima volta, di tenerti per te le tue cattiverie o almeno dirle quando io non sono presente" dissi tutto d'un fiato.

Sapevo di essere stata dura ma non ne potevo più. O avremmo risolto o non ci saremmo più visti.
Lo sentii respirare pesantemente, forse stava trattenendo la rabbia. La mia era però più forte.

"Non è quello che volevo dire" affermò poi guardandomi duramente.

"Ma è quello che hai detto" incalzai immediatamente.
Lo sentii sbuffare e cercai di calmare anch'io il mio nervosismo.

"Sai che dico la verità" sussurrò poi guardando verso il basso.

"Beh tu sai invece quanto possa essere brutto sentirsi dire certe cose da chi meno te lo aspetti" urlai camminando più velocemente tra le foglie.

"Se non sono all'altezza delle tue compagnie, non capisco cosa ci fai continuamente con me!" Continuai urlando poi, più arrabbiata che mai.

"Ma non è assolutamente vero! Sai che non è così!" Urlò più forte di me.

La foresta intanto non ci aiutava facendo rimbombare le voci nell'aria, e il mal di testa ormai arrivava al limite.

"No! È questo il punto! Non lo so! Perché non fai altro che far finta di stare bene con me, quando in realtà non te ne frega niente!" Gridai più che potevo. Stavamo oltrepassando ogni limite e non riuscivo a stare calma.

The soldier's returnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora