C a p i t o l o 51.

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Le dita sul pianoforte, delicate. Non sfiorava quei tasti bianchi e neri da un mese, da quando aveva smesso di vedere Derek. Si lasciò trasportare dal flusso di pensieri, creando una connessione impalpabile tra la sua mente e le sue mani, pronte a dattilografare ogni suo singolo sospiro, ogni sua curva emotiva. Le sue dita tracciavano il percorso della sua mente, fermandosi ogni volta che Stiles si bloccava a pensare a quel ragazzo. Le sue dita abbandonarono per qualche istante quei tasti bianchi e neri. Poi li fece tremare, passando dalla nota alla seminota, più veloce che potesse. Li fece vibrare, li fece vivere.
Bianco, poi nero, poi bianco, infine nero.
Stiles, poi Derek, poi Stiles, infine Derek.
Alternava i colori, alternava i pensieri. Odiava quel ragazzo, ma lo amava al tempo stesso.
Toccò lo nota bianca e si ricordò dei momenti insieme, dei baci e della carezze, della voglia reciproca che avessero, delle lacrime e della connessione mentale che c'era tra i due.
"Sono veramente belli sai?"
"Cosa?"
"I tuoi occhi"
"Sono semplici occhi color nocciola, non hanno nulla di speciale"
"Tua madre non la pensa così, e nemmeno io. Sono un capolavoro."
Ripensò a quel momento, ai brivido che aveva provato.
Toccò la seminota nera e un altro pensiero, opposto al primo, gli annebbiò la mente, rendendola incapace, non più in grado di vedere il bello che c'era stato.
"L'ho uccisa io, Stiles. Ho ucciso tua mamma"
Tirò un pugno sul pianoforte, facendosi male. Aveva bisogno di sfogare la rabbia, aveva bisogno di piangere, ne aveva un bisogno disperato. Si alzò per poi crollare sul letto, i pensieri lo seguirono anche lì.
"Un giorno mi suonerai qualcosa",
"Cosa ti piacerebbe?"
"Qualcosa scritto da te."
"Non ho mai provato a dire il vero, a buttare giù qualcosa di mio, se non un paio di volte, ma mi bloccai subito"
"Allora sappi che se un giorno volessi farmi un regalo, questo è quello che desidero: qualcosa scritto da te, per me"
Non sarebbe mai più riuscito a suonare senza pensare a quei occhi, a quella voce.
"Dio, quanto ti odio", disse prima di fiondare la testa nel cuscino.
Non sapeva che in quell'istante qualcun altro, a due chilometri da lui, completamente inesperto in materia, sfiorò i tasti di un pianoforte per la prima volta.
"Sei sicuro di farlo? Potrebbe rivelarsi un completo disastro"
"Si, sono sicuro. È l'unica cosa che gli ho mai chiesto: comporre di me, per me. Lui non lo farà, quindi voglio farlo io per lui"
"Allora va bene, è più semplice di quanto tu possa immaginare. Ti insegno io, tranquillo"
"Lydia"
"Dimmi"
"E se fallissi davvero? Se non mi volesse più?"
"Lui ti vorrà sempre, Derek, ne sono sicura"
"E se ti sbagliassi?"
"Non mi sbaglio"
"E se questa volta fosse così?"
"Non sarà così, te lo prometto"
Stiles si alzò di scatto. Voleva suonare, vedere cosa provasse nel comporre per lui. Sarebbe stata la sua prova del nove, la musica non gli avrebbe mai mentito. Toccò i tasti, creando una sinfonia dettata dalle immagini che gli comparvero nella mente.
Derek, quegli occhi.
Derek, quelle labbra.
Derek, quella voce.
Derek, il suo tutto.
Le dita si muovevano veloci, poi lente, sempre più convinte di quello che stessero facendo.
Non si fermò, voleva andare avanti.
Fu il suo modo per dire a sè stesso che sì, lo odiava, e che lo avrebbe odiato, ma che senza di lui non avrebbe nemmeno potuto vivere.
Qualche minuto più tardi, smise. Ciò che ne era scaturito era la musica più bella che avesse mai sentito.
Si innamorò della sua stessa opera, era innamorato dell'oggetto della sua opera.

"Il Coraggio Di Amare", di Stiles Stilinski #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora