"Il Coraggio Di Amare", di Stiles Stilinski #Wattys2017

C a p i t o l o 48.

"Il s-suo ragazzo?", chiese apparentemente sopresa, un finto stupore celava il viso ancora perso nel vuoto.
"Si". L'ennesima lacrima gli rigò il viso, scavando la guancia, creando un solco che non avrebbe mai colmato. Nemmeno con una bacio, nemmeno con le sue labbra.
"Scott non mi ha mai detto nulla"
"S-scott?"
"Mio figlio, conosce Stiles da quando erano alti un metro. Per quando riguarda il tuo ragazzo, sembrerebbe non essere nemmeno tanto tempo fa", sorrise un istante, per poi lasciarsi andare nuovamente al ricordo.
Claudia, un anno prima. Le porte dell'ospedale che si aprono, la barella.
I sensi che vengono a mancare, completamente. Noah le stringe la mano, consapevole che lei non avrebbe sentito quel tocco, non ne avrebbe più sentito nessuno. Nessuna carezza, nessun bacio, niente. Il corpo gelido, il viso rigato dal sangue. Le dita con cui creava capolavori erano ora prive di vita. La voce con cui svegliava ogni mattina suo figlio non avrebbe più cantato. Nessuna reazione, niente. La vide, vide la morte nei suoi occhi, sbarrati. Forse Noah fu l'ultima cosa che riuscì a guardare prima di attaccarsi le ali e diventare impalpabile. "S-signora, si sente bene?", le mise una mano stanca sulla spalla.
"N-no. C-com'è successo?"
"Un auto, l'ha investito ed è scappata."
"Eri lì con lui?"
"Si"
"Sai, ho visto sua madre entrare dalla stessa porta, un anno fa. Ma lei non ce la fece, no. Una donna così, così..."
"Cosi lei". Le tirò fuori le parole di bocca, bocca che non riusciva più a parlare. Bocca che stava ricordando, bocca che non avrebbe mai dimenticato.
"La conoscevi? Conoscevi Claudia?"
"Me ne ha parlato Stiles", mentì, la fitta nel cuore bruciava sempre di più. "S-si, giusto", apparve quasi delusa. "Dio, devo chiamare Scott", si precipitò verso il telefono.
"Scott, vieni in ospedale"
"Buonasera anche a te, hai dimenticato la cena?", Derek sentì parlare dall'altro capo della linea.
"Stiles ha avuto un incidente."
Si asciugò le lacrime.
Nessuna risposta, nessuna domanda, nessun convenevole. Fu sul posto in meno di tre minuti, gettò la bici a terra e spalancò le porte.
Aveva l'aria di chi ha già visto la morte, l'aria di chi darebbe la vita per il suo amico. L'aria di chi avrebbe ucciso sé stesso pur di non vedere l'altro morire. Corse incontro a sua madre, gettandosi fra le sue braccia.
"Dimmi che è vivo, mamma, dimmi che è vivo", soffocava le parole nella sua spalla, non riuscendo più a respirare. "DIMMI CHE È VIVO".
Era sull'orlo di una crisi. Iniziò a correre per il corridoio, picchiando pugni sulle pareti fredde, incapaci di dargli spiegazioni.
"Scott, lui starà bene", disse cercando di mantenere il controllo. "Lui starà bene."
"Dicevano così anche di papà, e guarda com'è andata", continuò a camminare, in preda al panico. La testa all'indietro, i movimenti non più volontari ma dettati dalla legge del più debole.
Si fiondò di nuovo tra le braccia di sua madre, le gambe che gli cedevano. Fu allora che lo notò.
"D-derek, c-cosa ci fai qui"
"È stato lui a portarlo qui", intervenì Melissa.
"Perché eri con lui?"
"Eravamo insieme"
"Per strada?"
"Abbiamo avuto una discussione"
Le sue parole uscirono prive di tono, prive di ogni senso. Erano solo parole buttate nell'aria, lasciate in sospeso, in attesa che qualcuno le facesse sue, ascoltandole. Non riuscì nemmeno a capire che quelle lettere gettate al vento gli avrebbero automaticamente affibbiato l'etichetta di colpevole.
"Quindi, mi vuoi dire che se muore è perché ha litigato con te?".
Non riuscì a trattenersi, non più. Gli saltò addosso, colpendogli il viso, più volte. Sua madre cercava invano di separarlo da Derek, finendo solo col cadere a terra, più distrutta di prima.
"Anima vecchia,
le tue ferite lo mostrano
So che non ti sei mai sentito così giù
Ma resisti, alza la testa, sii forte"
"Se muore, ti uccido."
"Se muore, non dovrai nemmeno scomodarti."