C a p i t o l o 5.

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Un anno dopo.


"Stiles, svegliati. Stiles!"
"Ancora cinque minuti"
"Non ci provare nemmeno, hai detto la stessa cosa mezz'ora fa"
"Ancora due"
"Mieczyslaw. Alzati. Ora"
Appena si sentì chiamare così, capì che dovette alzarsi senza dire una parola in più.
"La prossima volta potresti usare dei biscotti. Hai mai provato con quelli? Mi alzerei subito"
"Non sei affatto divertente", disse aprendo le imposte, accecando così suo figlio, ancora mezzo addormentato.
"Papà!", urlò, "cosa diamine stai..."
"Se ti lasciassi fare staresti qui tutto il giorno"
"È percaso un delitto capitale?"
"No, ma sei giovane, hai due gambe da sgranchire e un cervello da far funzionare".
Stiles non aveva scelta. Doveva scendere dal letto. Andò in cucina, dove lo aspettava un cappuccino bollente con tanto di pancakes al succo d'acero e biscotti fatti in casa.
Stiles rimase sbalordito dalla cura con cui suo padre gli avesse preparato la colazione quella mattina.
Improvvisamente gli venne in mente che allo scoccare della mezzanotte di quel giorno sarebbe stato il suo compleanno. E improvvisamente gli venne in mente com'era stato quel giorno, un anno prima. Riuscì a fermare la lacrima un istante prima che cadesse. Non avrebbe mai voluto che suo papà lo vedesse piangere. Non in quel momento, perlomeno. In altre occasioni si erano presi del tempo per parlarne, piangere. A volte semplicemente, dopo un silenzio assordante, finivano per abbracciarsi e soffocare le lacrime l'uno nelle spalle dell'altro.
Ma quella mattina Stiles voleva regalare a suo padre un sorriso. Dopo tutto quello che aveva fatto per lui nell'ultimo anno, glielo doveva. Una sua lacrima sarebbe stata sintomo di fallimento per il padre.
Finì il cappuccino, divorò pancakes e biscotti,e salì in camera nuovamente. Si affacciò alla finestra per vedere se Allison fosse già andata a fare colazione nel patio come suo solito. La vide sdraiata sull'amaca. Era veramente molto bella. In quel momento avrebbe voluto che Scott potesse vederla.
"Buongiorno Allison" urlò sorridente, agitando le braccia per farsi notare. Era davvero buffo a volte.
"Stil, sei già sveglio?", urlò a sua volta, tutta soddisfatta nel vedere che per una buona volta non si era svegliato a mezzogiorno.
"Lascia stare, ordini dello Sceriffo", sbuffò.
"Ci vediamo stasera a cena, vengo da te giusto?"
"Assolutamente! Ah, verrà anche Scott". Avrebbe voluto aggiungere "vedi di metterti insieme a lui o dovrò sorbire tutti i suoi sfoghi d'amore", ma si limitò a un sorriso leggermente plastico.
"McCall? Va benissimo"
"Dio grazie, si!" pensò Stiles, facendo dei gesti di vittoria con le mani dietro la schiena senza farsi notare.
Passò la giornata sdraiato sul letto, ascoltando musica e pensando. Non sapeva esattamente a cosa, ma pensava. Ebbe persino un'idea per la trama del libro che stava scrivendo.
"Sarebbe bello se incontrasse la persona, quella Persona, che gli avrebbe cambiato la vita", e a quel pensiero si ritenne un "padre" meraviglioso nei confronti del suo personaggio. Anziché farlo morire come spesso succedeva, gli regalava l'amore della sua vita. "Non c'è di che, piccolo", ammiccò all'immaginario protagonista, Tyler. Era una trama poco delineata, ancora una pagina bianca su cui spaziare, ma Stiles aveva una predisposizione particolare alla scrittura. Riusciva a tenere il sospiro del lettore mozzato a mezz'aria. Anche il suo respiro quel giorno era mozzato, in attesa che terminasse il pomeriggio e arrivasse la sera. Avrebbe visto Scott e Allison, due delle quattro persone a cui teneva di più in assoluto. Suo madre e suo padre erano i restanti. Li amava più di ogni altra cosa.
Alle otto in punto suonò il campanello. "Hey!", disse entusiasta avvolgendo Stiles in un abbraccio.
"Scott, mi-mi stai strozzando!"
"Hai quasi diciannove anni e ancora hai paura di un abbraccio?"
Stiles lo squadrò come se dicesse "tanto non sarai mai bravo con il sarcasmo quanto me".
"Hey, ti sei dimenticato di me?", chiese, appoggiata al muro, con la sua voce delicata ma matura al tempo stesso.
"Alli! No, assolutamente, colpa del tuo ragazzo"
"Il mio c-cosa?".
"Oh, pardon, mi chiama lo Sceriffo"
"Io non sento proprio nulla" rispose lei, con tono scherzoso.
"Oh si, lo sta proprio chiamando", saltò su Scott per cercare di mettere fine a quel supplizio imbarazzante.
Non gliela fece passare liscia, lanciandogli un'occhiataccia, a cui Stiles rispose con un gesto di vittoria divertito.
"Papà, quanto manca? Sto morendo di fame"?
"Due minuti ed è pronto"
Il sorriso di Stiles era così brillante da poter illuminare tutta Beacon Hills.
L'atmosfera era meravigliosa: la famiglia Stilinski aveva sempre dato molto importanza alla sera precedente il compleanno. C'erano fila di luci sopra la tavola imbandita, colori sgargianti tipicamente estivi, e, al centro, una cornice con dentro una fotografia di un piccolo Stiles nel giorno del suo primo compleanno. Anche questa una tradizione.
"Vorrei dire due parole: dedico quest'anno passato a te, papà, che mi sei stato affianco come un amico e come un padre severo qualora ne avessi avuto bisogno, ovvero mai ovviamente: che ragazzo modello" disse sarcastico. "E a voi due" aggiunse "senza di voi non ce l'avrei fatta." Ad Allison scese una lacrime; Scott la raccolse prima che cadesse.
"E a te, mamma".
Stava soffocando un magone tale da chiudergli la gola e impedirgli di parlare.
"A te che mi hai tenuto tra le braccia diciott'anni e nel cuore per sempre"
Cenarono tra sorrisi e risate: era il modo perfetto di concludere un anno. Ciò che Stiles non sapeva, era che qualcos'altro avrebbe concluso perfettamente quella serata.



"Il Coraggio Di Amare", di Stiles Stilinski #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora