C a p i t o l o 62.

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Lo guardava, lentamente, scrutando ogni suo movimento innaturale, ogni suo battito accelerato. Derek lo penetrò con lo sguardo, incatenando i loro occhi. Nessuna forza, nessun respiro usciva da quelle bocche semiaperte, secche, calde. Bloccate ad osservare l'altro, la voglia reciproca di non fermarsi.
"Ti voglio"
"Tu mi hai"
"Ti voglio ancora, allora". Derek non si sarebbe mai saziato del sapore del suo corpo.
Fece scontrare le loro labbra, volgari e pure. Le fece scontrare come se fosse quello il loro posto nel mondo: le une adagiate alle altre, le une premute contro le altre. Cercò di toccargli il petto con le dita, per stuzzicarlo a continuare, ma Stiles gli prese i polsi con le mani, per poi metterglieli dietro la testa, con forza. Aveva lui il controllo ora. Voleva quel corpo, quel petto, quelle labbra, quel tutto, quel tutto, tutto. Iniziò a leccargli il collo, mordicchiandolo delicatamente e poi con forza, con forza e poi delicatamente. Lo baciava con ritmo, dettato dalla voglia che aveva di lui, irrefrenabile. Lo guardava negli occhi mentre scendeva, lo guardava mentre sfiorò le dita sul suo petto, poi sui fianchi, poi scese ulteriormente. Si erano svestiti da un'ora ormai, si erano visti nudi per un'ora, ma nonostante questo alzò un attimo il busto per guardarlo, reggendosi sulle braccia, come se si fosse per un attimo dimenticato di quanto fosse attraente. Poi si lasciò di nuovo cadere su quel corpo, su quel corpo che l'aveva fatto impazzire e che gli stava facendo perdere la testa, di nuovo.
"D-dio, s-sei..."
"Sono come?" Derek aprì gli occhi, precedentemente chiusi per via dei tocchi di Stiles. La voce roga, impura, elegante, roca.
"M-meglio che non commento, fidati"
"Forza, fai uno sforzo". Lo guardava maliziosamente, sapendo esattamente cosa avrebbe voluto dire.
"Non vorrei essere volgare"
"Stiles, non c'è niente di volgare. E poi, piccolo", si alzò leggermente per avvicinarsi al suo orecchio "hai urlato il mio nome un centinaio di volte, prima. Direi che abbiamo già lasciato da parte il pudore". A quelle parole sussurrate, dette lentamente per far sì che si ricordasse ogni istante in cui davvero l'aveva implorato di continuare, Stiles chiuse gli occhi, prima di premerlo con forza di nuovo giù. Lo guardò per qualche secondo, per poi risalire quel corpo, avvicinandosi al suo viso.
"Mettiti comodo, fidati di me". Gli leccò velocemente il labbro per scendere deciso.
"S-tiles, sei sicuro?"
"Mai stato più convinto"
Gli toccò ogni centimetro del corpo, ogni singolo centimetro. Lo sentiva vibrare sotto di sé, sentiva i muscoli rigidi. Se Derek era stato tutto fuorché delicato con lui per farlo arrivare al piacere, Stiles puntò proprio su questo. L'avrebbe reso incapace di reagire, in grado solo di urlare.
Gli toccò il petto, su e giù, scendendo rapidamente per poi risalire. Poi scese, poi risalì: lo stava facendo impazzire. Derek ansimava, il fiato iniziava a farsi più corto.
Gli morse delicatamente il bacino, scendendo. Scese, sempre di più. Risalì, poi scese, poi salì ancora: non l'avrebbe accontentato subito. Voleva sentirlo pregare di continuare, pregare di andare avanti. Fu quando Derek iniziò a controversi innaturalmente, perdendo la cognizione del tempo e dello spazio, che Stiles scese, e ci rimase. L'altro era in estasi, non capiva più nulla. Si mosse di scatto, poi ancora, poi si lasciò cadere. Non stava capendo nulla, sapeva solo che non si era mai sentito così. Nessuno l'aveva mai fatto stare così, nessuno si era mai preso cura di lui così. Stiles continuava, deciso. Deciso nei movimenti, deciso nelle intenzioni. Voleva fargli provare ciò che aveva sentito lui prima: piacere, solo piacere.
"D-io mio, S-stiles"
Strinse i pugni attorno alla coperta in preda al piacere, raggiungendone l'apice. Ma Stiles non si fermò, nemmeno quando Derek respirò forte, dopo un interminabile apnea, spezzata solamente dai gemiti e dalle urla. Lo baciò ovunque, lentamente, per poi schioccare le labbra sulla sue pelle, segnandolo. Più continuava, più Derek ne capiva sempre meno. Più continuava, più impazziva. Entrambi volevano impazzire e fare impazzire l'altro allo stesso tempo. Continuò, non si fermò nemmeno per un istante. Scendeva, saliva, si bloccava. Saliva, scendeva, si bloccava. Con una mano gli toccava il corpo, con l'altra gli faceva perdere la ragione.
"N-non fermarti, D-dio mio Stiles"
"Non ho nessuna intenzione di smettere. Ti piace?"
"Meglio che non commento, fidati"
"Forza, fai uno sforzo", lo stuzzicò. Ora le parti erano invertite.
"Tu non fermarti"
"E chi si ferma"
Passarono le successive due ore ad avere uno il corpo dell'altro, a sentire tutto e nulla al tempo stesso, a sentirsi mancare la terra sotto i piedi, toccando il cielo con un dito.
Non si erano mai sentiti così.
Si erano mancati, mancati da morire.
Da vivere.

"Il Coraggio Di Amare", di Stiles Stilinski #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora