Uscì dall'edificio con le lacrime che uscivano come cascate dai suoi occhi, gli finivano in bocca e cadevano rovinose a terra.
Sentiva i passi lenti della ragazza raggiungerlo.
Ma non doveva preoccuparsi per ciò.
I fantasmi per lui non esistevano.
Iniziò a correre, voleva allontanarsi da tutto ciò il prima possibile.
Voleva stare solo.
Voleva Jimin.
Voleva morire.
Tratteneva ogni suo affanno, ogni suo ansimo in quella corsa incessante.
Jimin Jimin Jimin
Nella sua testa rieccheggiava solo quel nome.
Corse ancora fino ad arrivare davanti alla porta di casa sua, le lacrime gli scorrevano calde sulle guancie e gli raggiungevano la bocca e il mento come goccie di pioggia.
Sentì ancora i passi di quella ragazza tra tutta quella confusione che ormai si era creata.
Prese le chiavi velocemente, erano fredde e scivolose.
Aprì con uno scatto la porta che emise appena un lieve cigolio.
Quel rumore non gli era mancato per niente.
Voleva sentire ancora il respiro di Jimin, voleva sentire ancora le sue morbide e calde mani.
Voleva sentire ancora il suo amore.
Alla fine entrò e chiuse la porta alle sue spalle, era bagnato e freddo come un cadavere.
Ma non gli importava, voleva morire.
Si accasciò a terra mentre sentiva che il mondo lo abbandonava di nuovo, mentre sentiva che ormai la sua vita aveva perso la musica.
Tossì più volte soffocato dalle sue lacrime e dal fatto che gli bruciasse la gola come se ci ardesse un fuoco ruggente all'interno.
Tossì ancora, ancora e ancora.
Ormai i suoi singhiozzi erano divenuti l'unico suono udibile in quel silenzio tombale e incessante.
Sentì dei passi.
Forse quella ragazza lo stava continuando a tormentare.
Forse semplicemente non voleva lasciarlo in pace.
Forse lo stava semplicemente prendendo in giro.
Alla fine chiuse gli occhi sentendo altri passi.
Ancora e ancora.
Si avvicinavano sempre di più tormentandolo, ma non doveva fare così.
Infondo lo aveva sempre pensato.
I fantasmi non esistono.