Guardò ancora il pianoforte, forse si sarebbe impolverato presto.
Non si sentiva di toccarlo perchè gli ricordava terribilmente il ragazzo minore che ormai non c'era più.
Quel ragazzo era stato strappato via dalla vita come quando in autunno il vento stacca violentemente le foglie dal proprio ramo.
Era una di quelle poche persone di cui gli importava veramente.
Le lacrime gli uscirono da quegli occhi ormai gonfi dalla sofferenza che stava passando, scosse la testa per ia di quei ricordi fugaci che gli scorrevano in testa.
Si asciugò le lacrime, anche se la sua felpa ne era piena, anche se sapeva che i ricordi sarebbero tornati.
Le gambe gli tremavano e il corpo era in preda ad un formicolio continuo, come se il sangue non scorresse più nelle sue vene.
<<Quella telefonata...>> sussurrò, ancora non riusciva a capire.
Come era possibile?
Una risposta ce l'aveva.. Ma non voleva crederci.
In più Mitsuki era sparita da tempo, credeva ritornasse ma si sbagliava.
Si guardò attorno, le gambe continuavano a tremargli, il pensiero di quella telefonata gli tornò in mente, conosceva quei suoni.
Ne sapeva la provenienza.
Ne conosceva l'odore.
Ne ascoltava la melodia così tante volte che ormai sapeva riconoscerla tra un mare di canzoni.
Ma quella era la sua preferita.
Quella era speciale.
Indimenticabile.
Soave.
Afferrò la sua giacca e l'indossò, poi si infilò le scarpe in fretta e furia.
Anche se aveva tutto il tempo che voleva.
Non si ricordava se era giorno o notte, aveva perso la cognizione del tempo.
Forse stare chiusi in casa fa veramente male.
Pensò, ma alla fine a lui piaceva la solitudine.
Ora che non c'era Jimin voleva stare solo.
Voleva vivere in pace.
Voleva dimenticare.
Ma tutto ciò era impossibile, tutto ciò non poteva divenire realtà.
Lui non avrebbe mai dimenticato Jimin, lui non avrebbe mai amato nessun'altro.
E se lo era promesso.
Poi la sua mano toccò la fredda maniglia della porta che venne aperta con uno strattone.