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T R I S T A N

Ricordo l'odore aspro della terra, e il modo in cui questa fosse ovunque, quasi come se, anche io, ne fossi diventato parte.

La sentivo nelle orecchie, nel naso, nella bocca: non riuscivo nemmeno a respirare, o a vedere, tanta c'è n'era.

La prima cosa che ho pensato è stata che dovevo andarmene da quel posto: l'istinto di sopravvivenza ha prevalso su ogni cosa, su ogni paura, su ogni pensiero.

Io volevo andarmene da lì, e non mi interessava per quanto avrei dovuto trattenere il respiro, o se non avevo la più pallida idea di dove fossi: io c'è l'avrei fatta.

E così è stato.

Risentire l'aria sulla mia pelle è stato come volare, e continuavo a prenderne delle grandi boccate, quasi come se dovessi imparare di nuovo a respirare o come se i miei polmoni fossero di nuovo da collaudare.

Avevo le mani a pezzi, insanguinate e con le unghie spezzate, ma non mi importava, perché c'è l'avevo fatta: ero tornato in superfice, ero tornato alla vita.

E avevo così tante domande nella mia mente, domande a cui non riuscivo nemmeno dare un senso, tanto era la confusione nella mia mente, ormai in tilt per il troppo lavoro, ma non mi importava, perché, in mezzo a tutto quel caos, io avevo trovato la mia costante.

Lucy.

La mia luce.

Mi venne da sorridere ripensando a lei, vedendo che mi avevano lasciato la sua fede al dito, che subito strinsi forte, baciandola.

Lei era stata la mia ragione, lei era stato il mio filo rosso, così forte e resistente da riuscire a riportarmi indietro, da superare ogni cosa.

Oltre la morte, aveva detto così.

"Tristan?"

Mi volto, ed un volto imbronciato ricambia il mio sguardo mentre una piccola manina stringe l'orlo della mia maglia, quasi impaurita.

"Che cosa fai qui, Peter? E' pericoloso." Lo ammonisco, chinandomi davanti a mio fratello, che mantiene con ostinazione il suo sguardo triste.

"Perché sei qui?" Chiede, di rimando, lanciando uno sguardo al buco nel terreno, lo stesso che mi ha accolto per mesi: la mia tomba "Fa paura."

Lancio uno sguardo al cumolo di terra, notando ancora le stracce del mio sangue secco a terra, un piccolo prezzo per la libertà.

Non ho mai avuto paura della morte e, una volta vissuta, penso di aver fatto bene ad averla sempre pensata così: alla fine, non è che una parte del cerchio.

Forse quella più brutta, ma è sempre vita.

Mi volto ancora verso Peter, e poi gli cingo i fianchi, prendendolo in braccio e accogliendo il suo viso nell'incavo del mio collo, ricominciando a camminare.

"Sei triste?"

Gli lancio uno sguardo, leggermente perplesso "No, perché?"

Peter resta in silenzio per un po', permettendomi di arrivare al villaggio col solo pensiero di fare attenzione a non inciampare o cadere.

Ma, quando inizio a intravedere le luci dei focolari, sento il suo viso muoversi sulla mia spalla.

"Ogni tanto chiamava il tuo nome, mentre dormiva."

Non c'è bisogno di fare nomi, perché sarebbero superflui, e mi lascio andare in un sorriso.

"Davvero?"

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