28. ALEXA HA 37 ANNI

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Era di nuovo lì, con loro. Li vedeva fronteggiarsi attraverso il tavolo rotondo della cucina, pugni chiusi e narici frementi. Non sapeva dire chi urlasse di più. Avrebbe voluto che ci fosse la mamma per proteggerla, per tapparle le orecchie con le mani e lasciar fuori le imprecazioni, come quando era bambina. Ma era ancora una bambina. A quattordici anni era ancora una bambina.

Ma suo fratello non la pensava così. Anche allora, davanti a suo padre, la attaccava coi peggiori improperi. Le dava della puttana, della provocatrice. Diceva che era stata colpa sua. Difendeva il suo amico. Ovviamente, non era mai stato dalla sua parte. Nessuno era mai stato dalla sua parte.

«Stavolta l'hai fatta grossa!» urlava suo padre. Non sapeva se fosse il sogno o il ricordo delle sue esatte parole. Non ricordava esattamente cosa fosse successo quel giorno. L'unica cosa che ricordava con chiarezza era di aver confessato tutto in lacrime al padre. Poi lui era andato a prendere suo fratello ed erano iniziate le urla.

Suo fratello non le aveva messo le mani addosso. Lo aveva fatto altre volte ma non quel giorno, perché papà glielo avrebbe impedito. Ma nel sogno le avvolse le mani intorno al collo. Mani gigantesche, disumane. Le stringeva la carne e sentiva il collo modificarsi come pongo fino a strozzare la trachea. Annaspava, rantolava. L'aria non filtrava più, i polmoni prendevano fuoco e tutto iniziava a diventare nero.

La sensazione di soffocamento non scomparve quando si svegliò. Un odore penetrante le avvolse le narici e Alexa spalancò gli occhi.

Il fumo le avvelenava i polmoni facendola tossire. Aspirò per sbaglio e tossì ancora più violentemente, presa da conati di vomito, prima di afferrare il cuscino e premerselo sul viso.

La sua stanza era avvolta in una nuvola di fumo e cenere.

Alexa scattò in piedi e corse ad aprire la porta. La maniglia bollente le scottò la pelle ma lei la spalancò e si precipitò fuori. Fece solo pochi passi prima di arrestarsi.

La safe house era avvolta dalle fiamme.

Premendosi di più il cuscino sulla bocca e cercando di respirare il meno possibile, Alexa corse verso la finestra più vicina. Ovviamente erano blindate per impedire che chiunque all'esterno potesse vedere i suoi movimenti. Cercò invano di aprire le imposte ma finì solo per scorticarsi le unghie a sangue.

Le pareti si surriscaldavano. Il fuoco era stato appiccato all'esterno e la porta principale ne era avvolta. Nessuna via di fuga da lì.

Alexa si guardò intorno disperata e intontita dal fumo, continuando a tossire. L'aria era diventata irrespirabile, il cuscino non la proteggeva più.

Cercava qualcosa, qualunque cosa con cui aprirsi un varco.

Ma i sensi iniziavano ad abbandonarla e solo un pensiero le balenò nella testa mentre scivolava a terra.

Mi hanno trovata.

Iniziò a gattonare verso il bagno. Chiuse la porta e si rifugiò nella vasca, gettando via il cuscino. Aprì il rubinetto dell'acqua e si bagnò dalla testa ai piedi, tremando per il panico. Quando fu zuppa corse in cucina a prendere le chiavi di casa. Non aveva il permesso di usarle, non poteva uscire dalla casa, Reynolds glielo aveva proibito.

Ma se non era ancora venuto a salvarla, probabilmente era morto o ferito gravemente insieme alla sua collega. Le regole del gioco non valevano più.

Non si fermò a pensare che fosse stata tutta una trappola per tirarla fuori. Se fosse rimasta lì dentro sarebbe morta soffocata. Non aveva scelta.

Corse verso la porta d'ingresso e strinse le labbra per non inalare quell'aria avvelenata. L'acqua che le gocciolava dalla pelle finiva sfrigolando sulle mattonelle dell'ingresso. Con mano malferma inserì la chiave di ottone nella serratura.

Generations - Vol 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora