Generations - Vol 2

26. MARVIN HA 13 ANNI

«Che te ne pare di questo?»

Marvin guardò in direzione del padre, che si era fermato a osservare un letto a una piazza e mezza con la testiera imbottita di un bianco accecante.

«Carino» approvò il ragazzino, tastando il materasso.

«Piuttosto del legno o del metallo...» ragionò Curt, strizzando tra le dita la cornice imbottita. «E non è neanche tanto alto. Vuoi provarlo?»

Marvin si accostò lateralmente al letto e iniziò a fare pressione sui braccioli della carrozzina per sollevarsi ma poi si rese conto che una coppia si era fermata a guardarlo. Fu solo un attimo; appena incrociò i loro sguardi, i due si dileguarono in fretta. Ma era bastato a scoraggiarlo.

«Non serve» mormorò. «Va bene questo qui.»

Curt seguì la direzione dei suoi occhi riluttanti e vide le due schiene allontanarsi. «Chi erano?»

«Cosa?» fece l'ingenuo Marvin, cogliendo quella nota pericolosa che assumeva suo padre quando iniziava ad alterarsi.

Lo sguardo di ghiaccio di Curt accompagnò la coppia finché non svoltò dietro l'angolo di una cucina. Marvin lo vide serrare i pugni e poi rilassarli.

«Sicuro che vada bene?» chiese e il ragazzino annuì sollevato. La bufera era passata. Aveva temuto che perdesse il controllo. Lo aveva temuto anche quando si erano ripresi la casa.

Alease aveva fatto una cosa scorretta, presentandosi col suo nuovo compagno. Marvin aveva capito come stavano le cose dall'occhiata che era passata tra i tre adulti. Curt sprizzava odio da tutti i pori, quell'altro appariva solo leggermente infastidito di dovergli consegnare le chiavi di casa e Alease... Beh, un cane bastonato avrebbe fatto meno compassione a chiunque, ma non a Marvin. Non le aveva neanche rivolto la parola, nonostante i blandi tentativi di lei.

Era rimasta sconvolta davanti alla carrozzina ma non aveva osato fare domande. Gli aveva chiesto come stesse ma lui non aveva risposto, lasciando che fosse il padre a condurre la conversazione. In realtà non si era parlato molto. Alease aveva dato le chiavi a Curt e poi era salita in macchina col suo compagno. Drew non era con loro: Marvin si era chiesto se non vivesse per conto suo.

Era stato felice di tornare a casa, anche se era molto cambiata in quegli anni. La sua camera non era stata toccata ma quella del padre era completamente diversa. Nuove tende, nuova moquette, persino un nuovo letto. La prima cosa che Curt aveva fatto era stata andare all'Ikea a comprare due letti nuovi. Quello di Marvin era troppo piccolo per la sua età - aveva smesso di dormirci a sette anni - e dovevano sceglierne uno adatto alle sue esigenze. E non serviva spiegare perché Curt non volesse dormire nel letto di Alease e del suo compagno.

Era convinto che suo padre provasse ancora qualcosa per lei ma non lo capiva. Forse un tempo Alease era stata una brava donna ma lo aveva deluso troppe volte e ora aveva deluso anche suo padre. Lui meritava di più.

Il padre gli consegnò la pistola e Marvin, allegro, bersagliò il codice del letto col laser. Curt gli arruffò i capelli scuri. «Ti servono altre cose? Sai che camera tua è abbastanza spoglia. Magari degli scaffali per i tuoi libri.»

«No, sono apposto così.»

«Allora torniamo.» Curt spinse la carrozzina fino alla cassa. Mentre erano in fila, gli squillò il cellulare.

«Pronto? Sì, sono io.» Breve silenzio. «Possiamo vederci tra due ore a casa nostra, così ne parliamo. Arrivederci.»

Marvin trattenne un sospiro annoiato. «Era un'altra badante?»

«Sono infermiere professioniste, Marv, non badanti. Non sei un vecchietto.»

«Non ho voglia di altre "infermiere professioniste". Tanto non vanno mai bene.» Ne avevano già viste sette. Sei le aveva bocciate lui, sette Curt. A Marvin era piaciuta quella più giovane, divertente e simpatica, e anche molto carina, ma Curt l'aveva esclusa a priori perché a quell'età non poteva avere tutta quell'esperienza che dichiarava di avere. Marvin era convinto che l'avesse cacciata per non avere un angelo tentatore in casa e poter portare il lutto per Alease...