CAPITOLO 8

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Sono già 3 giorni che sono qui in ospedale e ieri mio padre non si è nemmeno fatto vedere, non so dove sia, sto quasi dubitando che sia per lavoro forse è andato dalla fidanzata lasciandomi qui. 

Mi sono guardata attorno ma non ho visto ne la mia borsa ne il mio telefono e non mi posso nemmeno alzare per cercarlo, sono bloccata qui nel letto, per andare in bagno ho il "pannolino" che mi viene cambiato dalle addette e la cosa mi imbarazza molto, vorrei poter andare in bagno da sola, ma mi hanno detto che la schiena deve riposare ancora.


Alle 12.00 mi hanno portato il pranzo che consisteva in una pasta troppo cotta, delle fettine di prosciutto cotto e del purè, non sono una che fa la schizzinosa con il cibo, ma io ho fame e vorrei mangiare qualcosa di sostanzioso e più saporito.


Ora sono le 15.00 e vedo aprirsi la porta della mia stanza, fa ingresso proprio l'uomo a cui stavo pensando, ma non è solo, con lui c'è la mia migliore amica.

< Ciao tesoro mio > mi saluta abbracciandomi forte, in questo momento mi fa davvero piacere vederla e nel suo abbraccio sto sentendo l'affetto di cui avevo bisogno.

< Ciao cucciola come stai? > mi chiede, ma sembrava indecisa se pormi questa domanda oppure evitarla.

< Fisicamente benino... mi hanno visitata ieri e mi hanno detto che con il tempo potrò tornare a camminare, ma ci vorrà molta fisioterapia. Mentalmente invece mi sento un vero schifo, mi manca da morire ... > dico triste pensando a David che non c'è più.

< Lo so tesoro... > dice sedendosi e prendendomi la mano.

< Sei andata al funerale? > le chiedo.

< Sì, sai che c'è l'usanza di mettere qualcosa nella bara quindi ho messo l'ultima foto che avete scattato insieme > mi confessa e a me scende una lacrima.

< Oddio scusami > inizia a dire lei dispiaciuta, ma io la blocco subito.

< Non scusarti, è stata una cosa bellissima da parte tua, grazie > le dico sorridendole.

< Quella sera sarei dovuta essere con voi, dovevo essere al tuo fianco per consolarti ed è per questo che non sono riuscita a venire qui prima, non me la sentivo, mi sentivo in colpa > mi dice abbassando la testa.

< Tesoro non devi sentirti così, sai che quando stavo male era sempre lui a stare con me, sin da quando ero piccola che mi tiravano le trecce o mi prendevano in giro. Sai quella sera mi ha fatta proprio sentire bene, abbiamo parlato, mi ha fatta sfogare e poi mi ha fatto il solletico perché mi voleva vedere sorridere, siamo andati al nostro posto > le confesso ed effettivamente era sempre stato così, lui era il mio supereroe sempre pronto a salvarmi.

< Lui amava vederti sorridere > commenta lei.

< Già, lui era l'unico a riuscirci sempre > dico triste visto che non potrà più farlo e io non so come farò d'ora in poi senza di lui.

< Mi dispiace così tanto, non sai quanto vorrei uccidere Benjamin > mi confessa.

< L'hai più visto o sentito? > le chiedo curiosa di sapere che fine abbia fatto colui che mi ha spezzato il cuore e ha causato tutto questo.
Delle volte penso che se era destino che tutto ciò accadesse, sarebbe successo comunque in qualsiasi altro modo, luogo o momento.
Non si sfugge al destino crudele.

< Sì, è venuto al funerale, ma io e i ragazzi l'abbiamo cacciato via, poi non si è più visto mi ha scritto più volte per sapere di te ma non gli ho mai risposto > mi confessa.

< Con quale coraggio si è presentato al funerale? > chiedo nervosa alzando la voce.


< Esattamente con lo stesso coraggio con il quale sono venuto qui da te oggi > sento dire mi giro verso la porta aperta e lo vedo li sulla soglia con un mazzo di rose rosse in mano.

< Se mi potessi alzare da questo dannato letto verrei lì e ti caccerei via a calci nel didietro > gli dico innervosendomi mentre stringo forte la mano della mia migliore amica che è seduta di fianco a me.

< Oddio ... cosa ti ho fatto ... > dice triste avanzando di qualche passo, non sa come sto fisicamente e mentalmente a causa sua, vede solo l'apparenza.

< Non credo alle tue sceneggiate, sei solo uno stronzo egoista! Mi hai tradita, a causa tua il mio migliore amico è morto e io dovrò faticare per poter tornare a camminare, se mai ci riuscirò > urlo con le lacrime agli occhi, deve sapere e soffrire per quello che ha fatto anche se indirettamente quella sera.

< Mi dispiace veramente > dice facendo dei passi verso di me e toccandomi un piede, quanto vorrei tirargli un calcio, non ha nemmeno il coraggio di avvicinarsi troppo.

< VATTENE! MI FAI SCHIFO! > gli urlo arrabbiata con tutte le forze che ho e lui mi obbedisce andando verso la porta lasciandomi però i fiori infondo al letto.

< Portati via questi fiori, non voglio nulla di tuo. Non farti più vedere ne sentire > dico sprezzante e lui fa ciò che gli ho detto per poi sparire, spero per sempre.


Dopo che Benjamin è andato via ci sono stati degli attimi di silenzio, nessuno sapeva cosa dire, ma sapevano che era meglio evitare di parlare di quello stronzo, ci vuole coraggio a presentarsi qui ...

< Tesoro ho parlato con il tuo medico e mi ha detto che già domani puoi uscire e ti trasferiranno con un elicottero all'ospedale di Los Angeles dove c'è il miglior fisioterapista specializzato per le lesioni come le tue, lì ti farà una visita e poi andremo a casa > mi informa mio padre.

< è per questo che ieri non eri alla visita specialistica? Stavi preparando tutto per andare dalla tua fidanzata? > alzo la voce io.

< Ketrin calmati! Lo sto facendo per te, non ti farà bene stare qui dove è successo tutto > mi dice.

< E pensi che andarmene me lo farà dimenticare? > chiedo nervosa.

< No ma magari migliorerà le cose, comunque domani verrai trasferita, i tuoi bagagli sono già in viaggio > afferma per poi dirigersi alla porta.

< Voglio salutarlo prima > dico io  fermandolo e facendogli capire che voglio andare al cimitero.

< Non puoi verrai trasferita direttamente da qui all'ospedale di Los Angeles > dice per poi andarsene.

< Non posso andare via così...> sussurro con le lacrime agli occhi.

< Ci saranno altre occasioni, lui è qui con te non serve andare al cimitero > mi stringe la mano la mia migliore amica.

Mi tocco le costole pensando al tatuaggio fatto insieme "Ovunque tu sarai io ci sarò".


Passo il resto della giornata a chiacchierare con Layla che mi rassicura che ci sentiremo molto spesso via Skype e che verrà a trovarmi.

< Ketrin ti ricordi quella volta che ci siamo imbucate a quella festa di ragazzi del college? > mi chiede la mia migliore amica.

< Sì e mi ricordo anche quanto cavolo abbiamo bevuto quella sera > commento scoppiando a ridere al solo ricordo di me e lei accompagnate a casa da suo fratello e un suo amico perché non ci reggevamo più in piedi.

< Già, quella sera ti sei anche baciata con mio fratello > mi ricorda lei.

< Ehy non ricordarmi queste disavventure > la sgrido io ridacchiando, suo fratello mi veniva dietro da anni e quella sera ero troppo ubriaca per schivare quel bacio, solo che io giorno dopo lui ha iniziato a tartassarmi di messaggi e io ho usato la scusa che non i ricordavo niente perché ero troppo ubriaca.

< Layla ti posso chiedere un favore? > le domando io.

< Certo tesoro dimmi > mi risponde lei.

< Non è che andresti da qualche parte a prendermi una cena decente? Qui il cibo è pessimo > commento io con una faccia schifata.

< Ci ho già pensato io > dice mio padre entrando con grandi sacchetti di MCDonald.

< Grazie mille > diciamo in coro io e la mia amica.

< Buona serata ragazze, Ketrin noi ci vediamo domani > ci saluta mio padre.

< Ciao > rispondiamo noi in coro.


Mangiamo la nostra cena e nel frattempo continuiamo a parlare delle nostre avventure/disavventure (dipende da come si vuole vederle).

COGLI L'ATTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora