CAPITOLO 31

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Verso mezzanotte ognuno torna a casa propria e io e la mia sorellastra veniamo accompagnate da Benjamin che questa notte dormirà in un Bed & Breakfast per poi ripartire domani mattina.

< Ciao Benjamin > lo saluta la mia sorellastra una volta scesi tutti e io sistemata sulla mia "amata" sedia a rotelle.

< Ciao Samantha, grazie per la bella giornata > dice lui gentilmente.

< Ciao Benji > dico io sorridendogli.

< Ciao Bellissima, buona fortuna con tuo padre e mi raccomando non farti mettere i piedi in testa da lui, fai la brava e dai un'occasione ad Adam > si raccomanda lui.

< Va bene > gli sorrido mentre lui risale in macchina pronto ad andarsene.

Io e Samantha rientriamo in casa e fortunatamente raggiungiamo la mia camera senza incontrare mio padre, probabilmente è già a dormire, ma so che domani riceverò la mia ramanzina.


*Il giorno dopo*

Mi sveglio verso le 9.30, da sola cerco di salire da sola sulla sedia a rotelle riuscendoci, visto che ho acquisito molta forza nelle braccia, e andando in bagno per fare le mie cose.

Una volta fatto esco dalla mia stanza dirigendomi in cucina per far colazione indossando ancora il pigiama visto che non riesco ancora a cambiarmi da sola, lì trovo tutta la famiglia al completo.

< Buongiorno > mi dicono in contemporanea Samantha e Gemma, mentre mio padre mi osserva serio.

< Buongiorno > rispondo io mettendomi a tavola.

< Dove cazzo sei stata ieri tutto il giorno? Avevi fisioterapia > mi urla mio padre.

< Sono stata fuori con gli amici > rispondo semplicemente ignorandolo e addentando il mio toast con la Nutella.

< Ti avevo detto di non uscire più! > continua lui mantenendo il tono di voce alto.

< Non sono una criminale carcerata, non mi puoi vietare di uscire > dico alzando la voce.

< Sei malata! > esclama battendo un pugno e spaventandoci tutte, nessuno si aspettava questa reazione.

< Sì, ma per questo non smetterò di vivere, continuerò a vedere gli amici come prima > rispondo io calma.

< Devi prima di tutto rimetterti in piedi > dice lui abbassando leggermente il tono.

< Non ho intenzione di restarmene qui chiusa in casa fino al giorno in cui forse tornerò a camminare, anche perché non sappiamo quando e se succederà mai > ribatto io.

< Io sono tuo padre e essendo l'unico genitore presente io decido per te > mi risponde.

< Chiamerò la mamma allora! > esclamo io.

< Sai quanto gliene importa, quando le ho detto dell'incidente non è voluta venire e in tutto questo tempo non si è mai fatta sentire, non credo che avrà molto da dirti > mi dice queste parole con un tono di cattiveria facendomi scendere una lacrima.

Mia madre non è mai stata molto presente nella mia vita, proprio come lui, ma almeno in un momento del genere pensavo si fosse fatta sentire, almeno una telefonata a mio padre e pensavo che fosse passata almeno mentre ero in coma, invece fa come se io non esistessi. In questo momento il mio cuore si è spezzato in mille pezzi, niente è peggio di non sentirsi amati dai propri genitori, soprattutto in un momento di difficoltà.

< Scusatemi non mi sento bene, ho bisogno di una boccata d'aria > dico con le lacrime agli occhi e uscendo velocemente, una volta in giardino scoppio a piangere.


< Ketrin va tutto bene? > mi chiede dopo una decina di minuti che sono fuori Samantha.

< No, scusami ti posso chiedere di chiamare Adam, ho bisogno di lui in questo momento > le chiedo gentilmente non alzando la testa.

< Certo, lo chiamo subito > mi risponde, poi sento la porta chiudersi quindi immagino sia rientrata in casa.


Penso sia passata mezz'ora da quando ho chiesto quel favore a Samantha e io sono ancora qui da sola in giardino.

< NO! LUI QUI NON ENTRA! > sento urlare mio padre.

< FERMATI! > sento di nuovo, sento la porta sbattere.

< Ketrin va tutto bene? > sento dire e dalla voce riconosco Adam, lo abbraccio senza dire nulla.

< Vuoi che andiamo a fare un giro? > mi chiede lui.

< No, voglio solo stare con te qui > gli rispondo.

< Ragazzi scusatemi se vi disturbo, mia madre e tuo padre se ne sono andati e staranno via fino a stasera, mentre io vado da Thobias, ci vediamo più tardi > dice la mia sorellastra per poi andarsene.


< Mi porti nella mia stanza? > gli chiedo io guardandolo negli occhi.

< Ma certo! > mi risponde per poi entrare in casa e seguire le mie indicazioni per arrivare nella mia camera visto che non sapeva dove fosse. Mi mette sul letto e si siede al mio fianco.

< Che cosa è successo questa mattina? > mi chiede e io gli faccio segno di stendersi al mio fianco pronta a raccontargli tutto.

< Ieri mentre ero in macchina con Benjamin per andare in centro mio padre mi ha chiamata un paio di volte e io ho completamente ignorato le sue telefonate non volendo rovinare la serata, questa mattina a colazione mio padre ha iniziato a farmi domande chiedendomi dove fossi ieri, io ovviamente gli ho detto che ero con voi non dicendo che c'era Benjamin visto che l'ha sempre odiato. Ha iniziato a dirmi che non vuole che io esco di casa fino a che non tornerò come prima, ma io non so se succederà mai e non voglio chiudermi in casa, voglio continuare a vivere come prima. Io ovviamente mi sono ribellata perché non voglio smettere di uscire e vedere tutti voi, soprattutto non voglio smettere di vedere te, lui mi ha detto che essendo l'unico genitore a prendersi cura di me è lui che decide e mette le regole, io gli ho detto che avrei chiamato mia madre e lui mi ha spiegato di quanto lei sia interessata alle mie condizioni, non ha mai chiamato > dico tutto d'un fiato mentre delle lacrime scendono sul mio viso.

< Mi dispiace così tanto > mi dice lui asciugandomi le guance.

< Io non capisco ... Perché nessuno tiene a me? > domando esasperata.

< Io ci tengo a te > mi dice sollevandomi il viso così da guardarci negli occhi.

< Davvero? > chiedo sorridendogli.

< Sì, per qualsiasi cosa io ci sono e voglio stare al tuo fianco > mi dice sorridendomi.

< Benji aveva ragione > sussurro.

< Riguardo cosa? > chiede lui.

< Ieri mi ha detto di lasciarmi andare, che dovrei darti un'occasione e che non dovrei allontanarti per paura > rispondo.

< Di cosa? > chiede lui.

< Non voglio obbligarti a stare al mio fianco, non è un momento facile per me > ammetto io.

< Beh non è facile per me ammetterlo, ma il tuo ex ha proprio ragione. Io ci tengo a te e nessuno mi obbliga a starti accanto > mi risponde per poi avvicinare il suo viso al mio.

< In questo mio momento difficile mai avrei pensato di poter avere al mio fianco una persona come te > ammetto io guardandolo negli occhi. Lui si avvicina lentamente a me, ma il suono del mio telefono lo blocca.

COGLI L'ATTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora