Capitolo 8

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Sam mi porta in un piccolo bar nel centro del paese, uno di quelli che sembra essersi fermato nel tempo, intorno agli anni '60/'70, senza insegna, tovaglie a quadri, sedie in formica e enormi ombrelloni Sammontana che ci riparano dal sole ancora caldo. Il signor Carmine ci accoglie con immenso calore, soprattutto verso Sam, e ci fa accomodare a un piccolo tavolino quadrato. Il pranzo e il pomeriggio scorrono tranquilli, non so come, ma io e Sam riusciamo perfino a scambiarci qualche parola in più mentre mangiamo. È bello avere un po' di compagnia.

Sam si gusta con trasporto un arancino al ragù, mentre io mangio la mia granita al cioccolato e mandorla con brioche. Non è ancora cibo vero, lo so, ma almeno mi fa stare bene.

Durante la tiepida conversazione riesco a scoprire che Sam vive a Los Angeles e fa lo sceneggiatore, ma non si pronuncia sul motivo del suo arrivo sull'isola, credo però di condividere con lui la ragione della fuga: il cuore spezzato. I suoi incredibili occhi azzurro-verde mi lasciano veramente senza parole per quanto sono magnetici.

Torniamo verso casa e ci salutiamo davanti al portoncino.

Sorrido mentre risalgo le scale, è stato bello parlare con qualcuno finalmente.

Prendo un bicchiere di vino, mi sdraio sul mio dondolo, fisso il tramonto e controllo il telefono: quattro chiamate perse di T., che non demorde ancora. Chiamo mia sorella.

Finita la chiamata, sorrido ripensando alla forza di mia sorella e alla mia bellissima nipotina che trillava alle sue spalle.

Mi affaccio e vedo che Sam, adesso ha un nome, sta guardando il tramonto con un foglio in mano.

Come se avesse sentito il mio sguardo su di lui si volta verso di me, cazzo! Mortificata per aver invaso in questo modo la sua privacy accenno un saluto e torno a fissare il tramonto imbarazzata.

Il mio cuore è spaccato in un milione di pezzi per colpa di T., ma nonostante questo, per la prima volta dalla mia rottura con Tommaso,  sono quasi serena di avere vicino questo sconosciuto strano e tormentato forse anche più di me. Riesce a farmi sentire meno sola.

La notte scende silenziosa sull'isoletta e con lei sembra che tutto si sia addormentato, fino a quando non sento bussare alla porta.

Con indosso un pantaloncino bianco e una canottiera azzurra, scalza e con i capelli completamente arruffati vado ad aprire la porta.

Sam è davanti a me, imbarazzato con in mano una pizza.

«I... don't want to have dinner alone. May I?»

Faccio cenno di sì con la testa ed entra piano. Si ferma ad ammirare la bellezza di questa piccola casina e uscendo nel terrazzo rimane senza parole.

Attonito fissa il tripudio di piante e fiori e l'orizzonte che si staglia infinito davanti a noi e poi posa il suo sguardo su di me. I suoi occhi mi inchiodano. Mi fa quasi paura l'intensità della sua occhiata, come se mi trapassasse la pelle bruciandola.

Ha uno sguardo che mi terrorizza e mi eccita allo stesso tempo... e per la prima volta da T. forse sento muoversi in me qualcosa che non sia dolore, ma la curiosità per questo uomo.

Lo faccio accomodare al tavolino della mia terrazza ed entro a prendere qualcosa da bere, torno con due birre.

«Sorry, ma io non bevo molto, ho qualche problema con l'alcool...» mi dice mentre gli porgo una birra.

«Niente, niente?» chiedo e lui scuote la testa.

Cavolo! Prendo dell'acqua e mi apro una birra, bè tu non bevi, bravo, io devo assolutamente farlo per tenermi a galla e arrivare alla fine di questa serata senza crollare, penso.

Continuiamo in silenzio a fissare l'orizzonte buio, mangiando la pizza. Nessuno dei due ha il coraggio di dire nemmeno una parola, ma gioiamo della compagnia reciproca in un momento di deriva personale così grande, almeno per me.

Mi risveglio quando sento il mio telefono squillare, lo prendo, guardo lo schermo... Tommaso, di nuovo. Un fremito mi scuote le spalle e le lacrime fanno capolino nei miei occhi, una riesce a sfuggire e scende lenta sulla mia guancia senza che me ne accorga, da quando sono diventata così frignona?

Lui intuisce tutto e delicatamente posa una mano sulla mia stringendola impercettibilmente e mi chiede «è lui?» annuisco sconfitta.

«Almeno lui ti cerca, vuole parlare con te... lui» dice spiazzandomi completamente con il suo dolore così limpido davanti ai miei occhi.

È vero almeno T. mi chiama, ma non sa fare altro, né un gesto, né una dimostrazione... il minimo sforzo, come sempre ammetto amaramente e non basta purtroppo.

«oh... mi dispiace» rispondo tra le lacrime e lo vedo prendere la birra.

La apre e comincia a bere.

«Ma non avevi detto che non bevi?» chiedo senza parole.

«Sì, ma... oh al diavolo tutto» risponde.

«Concordo» e vado a prendere altre due birre e una bottiglia di vino.

Lui mi guarda con quegli occhi e mi chiede «Non hai niente di più forte?»

«No, purtroppo ho solo del vino e birra»

«Ok, ce le faremo bastare, I guess» risponde.

Forse sarebbe stato meglio non farlo bere, ma è la prima volta che sono in compagnia, non mi sento sola, e non ho il coraggio di mandare via l'unico barlume di amico che ho.

Si è già scolato due birre, cazzo.

«Sam, forse dovresti andarci piano però» incalzo leggermente preoccupata.

«You are right, but I need to forget all this messiness. I want to forget her, but...» mi dice con le lacrime che riempiono i suoi occhi così enigmatici.

Mi avvicino piano, gli sfioro una mano ma lui si ritrae bruscamente, cavolo!

Mi guarda e io annego in quegli occhi color del mare e di scatto mi abbraccia forte, si abbandona su di me e sento tutto il suo dolore e la sua sofferenza e il suo bisogno di avere qualcuno accanto e il mio dolore si riconosce nel suo, così faccio lo stesso e rimaniamo a piangere insieme per non so quanto tempo.

Stiamo in quella posizione, fino a quando non ho la canottiera umida e vedo la manica della sua maglietta bianca completamente inzuppata delle mie lacrime.

Cerco di slacciare l'abbraccio, forse sto esagerando, non lo conosco nemmeno, ma lui mi abbraccia ancora più forte e mi dice «Viola, non lasciarmi...»

Di nuovo... in quell'oblio, quelle parole risuonano come tuoni nella mia mente e il mio cuore non so come ma si spezza nuovamente in un altro milione di pezzi, e lo stringo un po' più forte dolcemente.

Dopo un po' mi accorgo che Sam sta... dormendo? chissà quanto è che non riposava, deduco da quelle occhiaie.

«Ei, Sam... wake up. Come with me» e per la prima volta utilizzo quella che dovrebbe essere la mia camera da letto tenendo per mano un uomo che non è il mio, che non è Tommaso ma che ha davvero un disperato bisogno di me.

Si stende dolcemente sul letto e gli tolgo le scarpe, un gesto così intimo con un estraneo come lui, appoggio le sue all star nere sotto la finestra e in quel momento sento una voce biascicata che mi chiama «Viola, ti prego. Can you came here? I can't sleep alone» titubante e terrorizzata, guardo quegli occhi rossi e socchiusi che mi implorano, mi accoccolo imbarazzata tra le sue braccia e spero che per una notte i fantasmi non tornino ad infestare i miei sogni.

E per la prima volta da quanto è finita con Tommaso mi addormento e non sogno niente.

Canzoni Capitolo 8:

Sapore di Sale - Gino Paoli

La Notte - Arisa

Chasing Cars - Snow Patrol

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