Capitolo 13

553 48 39
                                    

Rimaniamo ancora abbracciati, le sue spalle muscolose e forti sono l'unico appiglio che mi permette di non sprofondare nel mio abisso.

Con un filo di voce gli chiedo «raccontami qualcosa, devo smettere di pensare».

Sam sospira e sento che cerca la forza per parlare «Allora sono nato e cresciuto nella periferia di Londra. Mia madre è italiana, precisamente siciliana e mio padre è inglese. Si sono separati quando ero piccolo. A diciotto anni, subito dopo aver finito l'high school, mio padre mi ha spedito negli USA da mia madre per frequentare un college in New Jersey. Ed è lì che io e Ella ci siamo conosciuti al primo anno» si interrompe.

Lo fisso attenta, se ne accorge e continua «Eravamo matricole insieme, lei era una secchiona, piena di pregiudizi e pure parecchio stronza» sorride «bè... io ero io».

«Ci siamo conosciuti a lezione di cinema, battibeccavamo di continuo, ogni santa lezione, e lei continuava a criticare il mio pensiero su ogni film che analizzavamo, e ostinata come era, era impossibile non scontrarsi, ma purtroppo era... è fatta così. Nonostante ciò siamo stati insieme undici anni. C'ho messo un anno a capire che la amavo...»

«Non ero molto pratico di relazioni, non ne avevo mai avuta una seria, non mi interessava, volevo solo divertirmi, scopare in giro e farmi più ragazze possibili. I tatuaggi, che lei ha odiato fino all'ultimo giorno» sospira, «l'aria da bad boys hanno sempre aiutato in questo, nessuna voleva portarmi a casa da mamma e papà ma tutte volevano portarmi a letto» dice tristemente. Il pensiero di Sam da adolescente, con quegli occhi e quel corpo mi da un brivido, doveva essere irresistibilmente pericolo.

«Questo l'ho fatto per lei» dice indicandomi alcuni ideogrammi sul suo bicipite sinistro «Comunque lei era il mio opposto, la mia nemesi. Capelli rossi e lisci, occhi castano chiaro con riflessi dorati, pelle bianca e diafana... sembrava una bambola di porcellana, all'inizio avevo paura che a toccarla si sarebbe rotta in mille pezzi tra le mie mani» ammette tristemente «ma non si è mai rotta, anzi mi sono rotto io più volte, lei era l'amore della mia vita» e continua assorto.

«Proveniva da una famiglia borghese, una madre e un padre perfetti, sempre presenti e sempre pronti ad aiutarla. Io... venivo da una famiglia distrutta, e nessuno mi aveva mai veramente amato... credo».

Cerco di dire qualcosa ma mi blocca e continua «mia madre se n'è andata quando avevo circa otto anni, ha mollato me e mio padre ed è partita per gli USA, lei è un avvocato e doveva inseguire la sua carriera. Mi hanno avuto che avevano vent'anni, ancora oggi non capisco perché si siano dovuti sposare, si detestavano. Mio padre, lavora alla borsa di Londra, non c'era mai, mai... credo che odiasse passare del tempo con me, ero il promemoria costante di tutto ciò che non poteva più avere» ammette tristemente «mia madre, finché c'era, studiava continuamente, aveva degli obbiettivi ben precisi e doveva raggiungerli. Così io sono cresciuto in mezzo alle babysitter, che cercavano di educarmi e crescermi al posto loro... ti lascio immaginare come sia andata...».

Una lacrima mi scende tristemente, lui l'asciuga con il polpastrello «Ei, non ti preoccupare, me la sono cavata alla fine» la sua bocca sorride ma i suoi occhi no.

«Quando avevo dodici anni mio padre si è risposato» continua «e, nel giro di quattro anni, ha avuto altri due figli, quelli ovviamente erano i figli tanto desiderati con la donna perfetta, loro hanno avuto il padre che avrei meritato anch'io, e ovviamente io ero sono un fantasma in quella casa. Così appena ho potuto ho iniziato a trasformarmi in quello che sono: tatuaggi, bere, un po' di droga e ad andare ad ogni festa nel raggio di chilometri, volevo solo non sentire più quel dolore e ci sono riuscito fino ai diciotto anni, quando ho incontrato lei».

Il suo respiro è irregolare e lo guardo con stupore e un pizzico di tristezza, non avevo idea del suo passato ma non pensavo si sarebbe mai aperto così con me, penso stringendogli delicatamente una mano.

«Ok, per stasera basta così, non so perché ti ho raccontato tutte queste cose di me, detesto parlare di me» conclude e noto un'ombra che gli vela gli occhi.

Chissà cosa deve avere passato quest'uomo penso tra me e me.

«Resti con me? Non ho voglia di stare da sola stanotte. Dormi qui?» gli chiedo e mi rendo conto che suona molto più strano di come vorrei.

«Andiamo dai» risponde lui.

Canzoni Capitolo 13:

It's All Coming Back to me Now - Céline Dion

Infinito - Raf

What I've Done - Linkin Park



Se solo ioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora