Capitolo 18

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Rimango pietrificata sul mio terrazzo, nascosta tra le piante, il mio corpo non risponde più agli stimoli e rimango lì inchiodata a fissarlo da lontano, vorrei solo correre tra le sue braccia così familiari, ma il mio corpo sa meglio del mio cuore quale è la scelta migliore e mi blocca.

Tommaso, con la sua aria da artista stralunato, continua a guardarsi intorno, solo il piede che tamburella nervosamente tradisce il suo reale stato d'animo.

Prende il cellulare e nello stesso istante in cui se lo porta all'orecchio, il mio inizia a squillare... merda la suoneria!

Il mio corpo si sblocca e in quell'istante il trillo dell'Iphone invade la strada e Tommaso alza la testa nella mia direzione e mi vede.

«Ei...» rispondo al telefono

«Viola... amore... ti prego aprimi» ribatte triste.

«Come hai fatto a sapere che ero qui? Come mi hai trovata?» sono le prime cose che mi vengono da chiedergli.

«...Sara» mi risponde.

«Cazzo»

«Ti prego mi apri»

«No»

«Ti prego Vio»

«No»

«Ti scongiuro, parliamo e basta»

«Ho detto di no»

«Non costringermi ad inginocchiarmi qui sotto con in Notte prima degli esami, non ho più l'età»

Sorrido «Ok».

Cosa sto facendo? Sto veramente permettendo a Tommaso di turbare l'unico angolo di serenità che mi sono ritagliata negli ultimi due mesi?

Non concludo il pensiero che lui è lì, appoggiato alla porta, bellissimo, jeans neri, t-shirt bianca che gli fa risaltare i residui di abbronzatura e i muscoli definiti, capelli mossi e disordinati come sempre e occhi color caramello, caldi e scuri che mi avvolgono, ma qualcosa dentro di me è diverso.

Cerco lucidità nella mia mente e lo faccio accomodare nel piccolo salotto, mi siedo dal lato opposto della stanza.

«Parla» incalzo.

«Come stai, Viola? Sembri diversa».

«Lo sono» evado la domanda.

«Vio... io... ho capito... tante cose... è solo che... non è facile... io e te... Londra» risponde confuso.

«Tommaso sei venuto qui per farfugliare cose a caso?» rispondo acida.

«No, Viola. Io ti amo, amavo la nostra vita insieme e la nostra casa. Dio quanto mi erano mancati i tuoi occhi» risponde tutto d'un fiato commosso.

«Ma?»

«Ma non ho cambiato idea su Londra, purtroppo» risponde serio.

«Quindi tu mi stai dicendo che ti sei fatto ottocento chilometri per dirmi che mi ami ma che non vuoi vivere con me, giusto? Sbaglio qualcosa?» rispondo duramente.

«No, io sto dicendo che ti amo e che ti rivoglio a casa nostra a Roma» e viene ad inginocchiarsi davanti a me e mi prende le mani. Quel contatto mi strazia e la mia forza vacilla, ma la rabbia prende il sopravvento e un'ondata di energia mi attraversa le vene.

«Tommaso? Mi prendi per il culo? Dopo tutto ciò che abbiamo passato, dopo tutto ciò a cui io ho rinunciato per anni per la tua cavolo di Roma, continui? No davvero ti prego, non penso di potercela fare più» sbotto nervosamente, togliendo le mani dalla sua presa.

Se solo ioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora