34 Tra milioni di libri qualcosa in me si è rotto

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"Una farfalla, condannata a conoscere il finale,
si avvicina all'amato.
Ogni sguardo, un'agonia di spine, un ricordo di dolore.
Ma non può allontanarsi, né dimenticare.
Così danza, tra l'amore e la sofferenza,
nel suo tragico destino."
-Lessxiit

19 agosto 2018

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19 agosto 2018

Serena

«Dannazione, non riesco a concentrarmi!» esclamai, chiudendo il libro di storia dell'arte.

Studiare era l'unica cosa che sapevo fare bene, ma al momento non riuscivo neanche in quella.

Leggevo più e più volte la stessa frase della biografia del pittore, eppure nulla mi rimaneva impresso.

La professoressa mi aveva rimproverato dinanzi a tutta la classe per non aver mai consegnato il dipinto che ci aveva assegnato settimane prima.

La mia mente vagava altrove, ora non solo dovevo recuperare il compito, voleva anche che stilassi una relazione su Klimt e l'impressionismo.

L'odio che avevo provato era talmente forte che, se anche io avessi avuto un lupo, avrei lacerato le loro gole senza pentimento.

«Non puoi comportarti come ti pare solo perché sei la compagna del futuro Alpha. Anche gli altri docenti non sono felici del tuo rendimento», mi aveva gridato spazientita, mentre tutti gli studenti ridevano.

Qualcosa mi fece pensare a Cyntis. Evitavo la mensa come la peste e, dato che non poteva più avvelenarmi, sembrava volesse rendermi la vita impossibile anche a scuola. Che diavolo le avevo fatto?

Avevo smesso persino di andare in caffetteria. Tobías mi aveva detto di fidarmi del mio compagno, che lui non avrebbe avuto motivo per mentirmi.

Ares non lo avevo più visto. Forse si era rinchiuso nella sua stanza, nel suo mondo. Finché passavo il tempo con lui, avevo mangiato bene. Ora mi arrangiavo con il cibo preconfezionato del supermercato che spesso mi faceva stare male. Ero debole e nervosa.

Adam, poi, non mi aveva più parlato né di streghe né di vampiri.

Che si fottano tutti!

Violeta era l'unica che mi stava sempre vicino, ma anche lei non poteva aiutarmi. Ero troppo rotta e non permettevo a nessuno di avvicinarsi. Mi vergognavo profondamente; avevo ceduto all'amore nonostante le esperienze passate mi avessero fatto giurare di non volerlo provare.

La situazione mi infastidiva: tutti sembravano credere ad Ares, convinti della sua innocenza. Avrei potuto crederci anch'io, se solo fossi stata più intelligente.

Tuttavia, avevo fatto una promessa alla nonna: avrei seguito l'istinto, e quest'ultimo non mi permetteva di perdonarlo. Forse era solo orgoglio, eppure non riuscivo a superarlo.

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