83 Incatena il tuo cuore

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27 dicembre 2018

Elio

Questo posto puzza di cane rognoso. È invaso dall'odore di Ares. Deve essere stato qui quando ho portato via Serena. Quando gli ho sottratto la compagna. È impazzito. Come lei.

Risi. Risi. E risi ancora. Secondi, minuti, ore. Una risata raccapricciante, un ghigno malefico che adornava il mio viso. Non che potessi fare altro. Le catene non lo permettevano. Erano studiate apposta per resistere ai lupi mannari. Neanche trasformandomi avrei potrei sfilarle. Erano impregnate di magia.

Comunque, non passerà molto tempo prima che io venga liberato. Adam era solo un povero scemo. Lo aveva fatto per impedire che combinassi altre cazzate contro la sua figliola. Contro la mia camelia.

Ogni evento ha un senso.
Ogni dettaglio è stato progettato alla perfezione. Ogni singola tessera si incastra a quella che precede e seguirà nel puzzle.
Come il suo arrivo.

«Ragazzina, ragazzina. Posso percepire la tua presenza, quanto tempo ancora pensi di aspettare dietro la porta? Oppure hai paura di entrare e farti sbranare dal lupo cattivo?» sibilai minaccioso.

Serena aprì la cella. Ma non si avvicinò a me, non lo fece mai. «Solo un attimo, Elio», disse con una voce che non riuscivo a decifrare.

Un attimo.

Il mio respiro si fece pesante, quasi rabbioso, mentre la osservavo. Il suo profumo riportava in me ricordi di un passato che non riuscivo a dimenticare. I suoi occhi, solitamente vivi e penetranti, sembravano opachi, come se avessero perso la luce che un tempo li animava. Ero stato io a toglierle quella luce, a portarla via da tutto ciò che conosceva e amava.

Un attimo, ripetevo tra me e me, lasciando che le parole risuonassero nella mia mente come un eco lugubre. Ma quanto può durare un attimo quando ogni istante è un'eternità di tormento e rimorso?

Non avrebbe mai capito davvero il perché di tutto ciò. Non era in grado di comprendere il caos che avevo seminato intorno a lei, il dolore che le avevo inflitto senza pietà. O forse, più probabilmente, preferiva non farlo, preferiva vivere nell'illusione che tutto potesse tornare come prima, prima che io entrassi nella sua vita e la trascinassi nell'abisso con me.

La verità è che non c'è ritorno né per me, né per lei. Siamo entrambi prigionieri di un passato che non possiamo cambiare, di scelte che abbiamo fatto e che continueranno a tormentarci fino alla fine dei nostri giorni. Un attimo. È tutto ciò che abbiamo. Un attimo per guardarci negli occhi e vedere riflessa l'oscurità che ci circonda. Un attimo per capire che, nonostante tutto, siamo destinati a restare legati l'uno all'altro per sempre.

«Giusto il tempo di contemplare il tuo dolore.»

Il mio?

«Vedi? Non ho neanche cominciato e già sei perplesso», continuò lei, con un tono che mi sdegnava.

Stronza.

Malefica.

«Grazie», disse poi, con una sincerità che mi colse di sorpresa.

Cosa?

«Grazie per esserti preso cura di me nel college, anche se per i tuoi interessi. Grazie per avermi condotta nella mia città natale, grazie per avermi fatto riabbracciare Aeryn.»

«Non pronunciare il nome di mia sorella!» ringhiai; il solo pensiero di Aeryn mi fece stringere le catene fino a sanguinare.

«Grazie per riavermi condotta qui. Grazie per avermi permesso di scoprire la verità tramite Lowell. Grazie per avermi liberata dal peso di avere un compagno, un legame che non ho mai voluto», concluse Serena, prima di girarsi per andare via.

La cella era fredda e buia, l'odore di umidità e rancore si mescolava all'aroma acre di magia e ferro. Ero incatenato, ma non vinto. La mia mente era libera, e con essa i miei piani, i miei desideri, la mia vendetta.

«Ti piaceva farti toccare da me!» Le urlai contro una carezza avvelenata, un ricordo di ciò che era stato e non sarebbe stato più.

«Certo, da te così come da Ares, e probabilmente da qualsiasi altro ragazzo carino che sapesse prendermi.»

«Non sei stata l'unica puttana con la quale sono stato a letto sai? Ci sono state molte altre prima di te e ci saranno ancora», le riversai addosso ogni mio errore.

«Beh, è quello che merita Rory, neanche tu sarai l'ultimo con il quale scoperà. Tuttavia, non sono problemi miei.» Fece spallucce, come se nulla di ciò che avevamo condiviso avesse importanza.

Non era sorpresa. Trovava addirittura argomentazioni per controbattere. «Credevi che ti avessi creduto? No, non potevo. Mi fido solo delle mie farfalle e della mia lupa. Tutti voi altri potete andare al diavolo. Tu puoi andare all'inferno, oppure in paradiso. In ogni caso, ora sono libera. Quando toglieremo di mezzo il big boss finale, sarò totalmente libera di trovare la serenità perduta.»

Credici pure.

«E tu, tu non ne farai parte.» La sua sentenza era definitiva, una croce sul nostro destino.

Tu, tu non vedrai mai la luce.

Non sarai libera come la camelia è in primavera.

Tu non sopravviverai all'inverno.

«Non ho chiesto io di incatenarti, però capisci che non avevo fiato da sprecare per oppormi. Eccoti le chiavi,» lanciò sul cemento un mazzo di ferro arrugginito, «se riesci a raggiungerle, sarai libero di finire qualunque piano malato hai in mente. Perché lo hai. So che lo hai. Tutti ne abbiamo uno. Ti auguro il meglio, Elio. Perché farà male quando capirai di essere rimasto solo. Farà male perché la solitudine non è per tutti. Farà male perché Helios, il tuo licantropo, è il Dio del sole mentre tu sei solo ombra.»

Fantastico, e io che mi ero anche preoccupato per lei.

Caparbia.

Sfrontata.

Sono io a non voler sprecare fiato con te.

Basta.

Porterò a termine la mia vendetta.

Brava, vattene, sparisci, queste chiavi non mi servono. Dovresti pregare il contrario della mia libertà.

Incatenerò quel poco che resta del mio affetto per te nel mio cuore, perché una volta che l'avrò fatto, ti odierò. E con quell'odio, brucerò il mondo che hai scelto, Serena.

Ti ucciderò, meine Kamelie.

-Ventisette

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