85 La danza delle stelle

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31 dicembre 2018

Endlenis

«Serena, ti va una corsetta nel bosco prima dello scoccare del nuovo anno?» Non le avevo mai proposto di correre insieme prima d'allora. Anche se avrei potuto imporle la mia volontà, ciò che cercavo era il suo libero consenso.

«Va bene, purché torniamo prima della mezzanotte. Voglio brindare con papà e al legame che abbiamo creato in questi giorni», approvò.

Malgrado il male che ci circondava, lei covava sempre quel desiderio di normalità all'ombra della tragedia.

«Sì... assumo io il comando, me lo permetti?»

La ragazza annuì; in quel gesto c'era fiducia, c'era addio.

Presi il controllo, trasformandomi senza farla soffrire. La mia essenza si fuse con la sua, e insieme diventammo una sola creatura, forte e libera.

La notte era fredda, un velo di brina ricopriva il bosco e il cielo era un mare scuro punteggiato di stelle. La mia forma lupina si muoveva agilmente tra gli alberi, il mio cuore batteva all'unisono con il richiamo della terra sotto le mie zampe. Era una corsa contro il tempo, contro il destino, contro la fine che sapevamo incombente.

Dovevo parlare con Darkanys. Volevo vederlo, stare con lui per l'ultima volta, prima che la nostra vita terminasse.

Sapevo dove trovarlo: nel lago incantato, il nostro luogo segreto, dove l'eterna oscurità trovava riposo, amore e serenità.

C'era pace, c'era redenzione.

Lui era la mia redenzione. Darkanys, il Dio dell'oscurità, il Dio che io, Endlenis, e non il destino, avevo scelto di amare, era al contempo la mia dannazione.

Helios era il mio vero compagno, il sole al quale ero destinata, un eterno astro che ogni giorno sorgeva nel cielo, infondendo vita con la sua luce calorosa. Eppure, nonostante la magnifica luminosità, il sole era accecante, prepotente; aveva bruciato il mio cuore con un'intensità implacabile, imprigionandomi in una fiamma che consumava ogni parte del mio essere.

Helios non poteva colmare il vuoto che avvertivo dentro di me, quel desiderio profondo di un legame autentico, di un amore che andasse oltre la superficie bruciante del sole. Avevo bisogno di qualcosa di diverso, di qualcuno che potesse comprendere la mia oscurità, che potesse abbracciare la mia natura selvaggia e misteriosa.

Così trovai rifugio nella pelliccia nera di Darkanys, di cui mi ero innamorata perdutamente. Lui era l'oscurità che danzava nell'ombra dei miei pensieri più profondi, la promessa di un amore che sfidava le convenzioni del destino e della razionalità.

Quando i miei doveri da dea dell'eternità diventavano opprimenti, quando sentivo il peso del sole sulla mia schiena, correvo verso il lago sospeso tra il mondo celeste e terreno.

E lì, lo avevo incontrato. E lì, me ne ero innamorata. E lì, ci eravamo innamorati.

Con Darkanys, trovavo la pace che tanto desideravo, una pace che Helios non avrebbe mai potuto darmi. Era nel calore del suo abbraccio, che mi sentivo vera, completa, libera di essere me stessa senza paura del giudizio o della condanna.

Quella notte, mentre galoppavo tra gli alberi del bosco, sentivo il richiamo della mia anima verso di lui, il battito del mio cuore che si fondeva con il suo, creando un legame indissolubile che nemmeno il destino avrebbe potuto spezzare.

Helios poteva essere il mio sole, ma Darkanys era il mio universo: vasto e infinito, capace di contenere tutte le sfumature della mia essenza. Con lui accanto, sapevo di non essere più sola; avevo trovato, finalmente, la mia vera casa.

«Endlenis», mi chiamò il mio amato; la sua voce attraversava la mia anima, risvegliando ricordi di un passato avvolto nell'oscurità e nell'amore.

«Sono passati ventidue anni dal nostro ultimo incontro», disse lui, il tono era carico di una nostalgia profonda che risuonava nel mio cuore.

«Ventidue lunghissimi anni in cui ti ho pensato ogni singolo istante», ammisi, sentendo il peso dei lunghi anni di separazione nella mia voce tremante.

«Non piangere, questa non è la fine», mormorò, avvicinandosi a me con cautela, come se temesse di rompere l'incanto di quell'attimo.

Il mio lamento soffocato divenne la melodia della notte mentre le foglie argentate intorno a noi sembravano sospendere il tempo, avvolgendoci in un'atmosfera di intimità e rimpianto.

«Saremo insieme, te lo prometto. Ci ritroveremo nelle nostre forme celesti, nell'eterna oscurità», mi confortò; nelle sue parole, c'era la certezza di un domani che avrebbe visto il nostro amore trionfare.

«Ci ritroveremo, mio amato», risposi con gli occhi lucidi di lacrime che riflettevano le stelle sopra di noi. «Ci stringeremo ancora e, insieme, aspetteremo l'arrivo dei nostri prescelti. Perché il filo rosso del destino lega inevitabilmente due anime. Ma noi, noi ci amiamo per scelta, e niente è più forte dell'amore, neppure la morte.»

La nostra determinazione resisterà alle forze del fato.

«Torneremo a casa, mia amata», sussurrò Darkanys, avvolgendomi in un abbraccio. «E nella morte, non ci lasceremo più. Nella morte, troveremo la vita.» L'oscurità della notte sembrava cedere di fronte alla luce del nostro amore, una luce che illuminava anche l'abisso dell'eternità.

«Non torneremo all'Olimpo, Darkanys», continuai, appoggiando la mia zampa sulla sua. «Saremo liberi di amarci quando anche il destino sarà libero, ma...» Le parole si spezzarono nel mio petto, erano troppo pesanti da sopportare.

Tu morirai.

Il licantropo mi guardò negli occhi, con una tristezza infinita ma anche con una determinazione indomita. «Non preoccuparti, ci ritroveremo. Te l'ho promesso e i patti si rispettano. Non avere più pietà per me. So quanto tu sia eternamente una guastafeste, è ciò che mi ha fatto innamorare di te. La tua bellezza nell'anima, nell'essenza. Ti amo, mia eternità.» Le sue parole erano una carezza per la mia anima, un conforto nel buio della nostra situazione disperata.

«Ti amo, mia oscurità», risposi, lasciando che le lacrime scivolassero liberamente sulle mie guance mentre strofinavo il muso sulla sua folta pelliccia nera.

Siamo l'amore che il destino brama, che l'Olimpo divide, che il sovrannaturale sfida. Siamo la luce dell'eterna oscurità.

Restammo a contemplare il cielo stellato, in attesa della notte in cui si sarebbe accesa una stellina in più, in attesa che anche la luna venisse protetta dal sole. Zeus li avrebbe benedetti perché, nonostante tutto, almeno loro sarebbero sopravvissuti alla tragedia. I nostri ragazzi meritavano di trovare la redenzione nella loro umanità prima che nella stessa controparte bestiale.

Ti proteggerò, Serena, sacrificando anche me stessa, perché l'ho scelto io. Perché voglio farlo, giusto o sbagliato che sia. Voglio donarti un'eterna serenità, nello stesso modo in cui tu hai donato a me il tuo cuoricino testardo, specchio del mio in tempi lontani. Questo mi ha permesso di rivivere ogni momento prezioso, prima che il regno sovrannaturale svanisse nell'oblio della disperazione.

Sei la mia speranza oltre la sofferenza del presente.

-Ventidue

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