48 Promettimelo

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28 settembre 2018

Elio

«Elio, per favore», implorò con una supplica tremante, «dammi qualcosa per dormire. Non importa che non mi piacciono i medicinali, ho troppa paura...»

Mai. Affronta il tuo destino lucidamente.

Non c'era spazio per la pietà nella mia voce, solo la ferma risolutezza di chi sapeva che alcune prove dovevano essere affrontate da soli.

Mi limitai a biascicare un «Buonanotte» prima di uscire, lasciando Serena sola con i suoi demoni. Sapevo che era terrorizzata, percepivo quella sensazione di malinconia e tristezza che mi serrava il petto. Doveva superare la paura di dormire da sola perché io non potevo stare continuamente con lei. Non volevo.

Andai nella camera di Aeryn, mi era mancata così tanto che una sola giornata trascorsa con lei non era sufficiente a colmare gli anni perduti. La porta cigolò mentre spingevo per aprirla, rivelando la figura della mia sorellina alle prese con un puzzle.

«Aeryn...» La mia presenza era quasi un sacrilegio in quel tempio di serenità.

«Fratellone! Che c'è, ti manco già?» rise dolcemente.

«Sì, solo la Dea sa da quanto tempo avrei voluto riabbracciarti.» Caddi a terra in ginocchio, e la abbracciai sprofondando in un pianto disperato. Io non piangevo mai. Però lei era la mia unica famiglia. La mia principessa.

«Elio, ora che sei tornato, accadranno cose molto brutte...» fece un profondo respiro, prima di ricambiare il mio abbraccio. «Giurami che la proteggerai.»

Alzai lo sguardo, confuso. «Chi?»

«Serena.»

«Non voglio», replicai all'istante.

«Per favore, tu non sai tutto!» Le lacrime iniziarono a scendere dal suo viso, il suo dolore sembrava sul punto di sommergerci entrambi.

«Aeryn, Aeryn!» La scossi per ottenere risposte. «Cosa non so? Dimmelo, ti prego.»

«Promettimi che la proteggerai a ogni costo. Lei è tutto per te, e io le voglio bene nonostante il grande male che le abbiamo procurato.» La mia sorellina cominciò a tremare e il panico mi assalì, non sapevo come aiutarla.

«Lei è quello che ci serve per vendicare la nostra famiglia, nostro fratello. Non siamo noi ad averle fatto del male!» replicai, furioso, prima di vedere la bambina diventare più pallida del solito.

Aeryn scosse la testa agitata. «F-fammi riposare. Vai da Serena», balbettò, scansandomi via per sfuggire al mio abbraccio.

Un senso di inquietudine mi soffocava come se la verità fosse diversa, come se i miei stessi ricordi fossero distorti, un puzzle di cui mancavano pezzi essenziali.

Attraversai i corridoi silenziosi della torre di Serena, la porta della sua stanza era socchiusa, una fessura di luce tagliava l'ombra, come se le farfalle avessero intuito il mio arrivo.

Mi fermai un istante, con il respiro spezzato, prima di spingere la porta ed entrare.

Serena era avvolta in un groviglio di coperte, i suoi capelli neri sparsi a caso sul cuscino. Il viso era sereno nel sonno, una pace che contrastava con il caos che sapevo infestasse i suoi sogni. Mi sedei accanto a lei, osservandone i tratti delicati, la curva delle labbra, il battito lieve delle ciglia.

«La mia sorellina mi ha ordinato di proteggerti», sussurrai, quasi a me stesso. «Ma come posso escluderti dalla nostra vendetta?»

Era una domanda senza risposta, un enigma che si intrecciava con il destino di Aeryn, con il mio, con quello di tutti noi. Avrei fatto qualsiasi cosa per liberarci dal passato oscuro che ci divorava dall'interno, eppure, prima di porre fine all'esistenza della mia ragazzina, dovevo assicurarmi che non ci fossero segreti di cui non ero a conoscenza.

Mi alzai con risolutezza, lasciando la stanza in cui avevo trascorso una notte insonne. Dopo pochi passi, tuttavia, una fitta acuta mi trafisse il petto. Serena stava avendo un nuovo incubo.

Maledizione, non avrei dovuto marchiarla! Non se questo significava accollarmi anche i suoi problemi.

Un misto di frustrazione e rabbia si impadronì di me. Imprecai contro la crudele ironia del fato e, in un impeto di follia, colpii con un pugno la fredda pietra delle mura. Il dolore acuto mi fece sanguinare le nocche, ciononostante la ferita si rimarginò, lasciandomi solo le ferite emotive di Serena, che sembravano ancor più difficili da guarire.

Infine, il vuoto. Un senso di impotenza mi avvolse, rendendomi consapevole che non c'era nulla che potessi fare per alleviare il mio tormento. L'unica soluzione era restare accanto a Serena, cercare di calmarla, sperando che ciò mi portasse un po' di pace.

Quella condanna, il legame che ci univa, stava durando molto più di quanto avevo previsto. Era giunto il momento di porvi fine. L'indomani, l'avrei portata da Astrid; lei avrebbe saputo cosa fare.

Tornai nella sua camera, trovandola seduta sul letto. Un sospiro di sollievo sfuggì dalle sue labbra non appena mi vide. Sebbene il rancore che nutrivamo a vicenda, mi avvicinai e asciugai le lacrime dal suo volto. Le permisi di sfogare il tumulto di emozioni che la travolgeva, rimanendo in silenzio al suo fianco.

Quando l'intensità del suo sfogo si placò, la rabbia prese il sopravvento e mi respinse con un gesto brusco. Era di nuovo combattuta, lacerata tra il desiderio di tenermi vicino e l'impulso di allontanarmi.

«Perché?» mi chiese con una voce rotta dall'esitazione, mentre il conflitto interiore la logorava.
«Elio», mormorò, rivolgendomi uno sguardo sconfitto.
«Perché desidero il tuo conforto e al tempo stesso sento il bisogno di respingerlo?»

«Solo per questa notte», le risposi, fissandola negli occhi di un rosso cremisi, come il sangue della mia famiglia che annebbiava la mia lucidità. «Solo per questa notte, lascia che sia al tuo fianco. Permettimi di rimanere con te, non sopporto di vederti così.»

Era sbalordita, combattuta tra la diffidenza e la disperata necessità di non essere sola, terrorizzata, persa in un mondo che non riconosceva più come suo. Eppure, la mia presenza le offriva un barlume di luce nel vuoto delle tenebre.

«Sto cedendo», pensò ad alta voce, mentre le lacrime continuavano a scorrere.

Non aveva la forza di lottare contro il destino. E in quel momento di vulnerabilità, decise di accettare il mio conforto, di lasciarsi sostenere da me, anche se solo per quella notte.

La odiavo per tutto il dolore che mi aveva causato, eppure, non potevo fare a meno di essere attratto da lei, di sentire un bisogno disperato del suo affetto.

Non era solo il legame soprannaturale che ci univa a rendermi confuso; era qualcosa di più profondo, un'attrazione che andava oltre la magia e la vendetta. Per anni avevo tramato con Astrid la morte della famiglia Blake. Eppure, mentre guardavo Serena tremare e piangere, tutto quello che volevo era consolarla, tenerla stretta e proteggerla da me.

Nella mia mente regnava il caos. Il rancore si scontrava con la compassione, l'odio con l'affetto, la vendetta con il desiderio di protezione. Era come se due parti di me stessero lottando per il controllo, una oscura e vendicativa, l'altra sorprendentemente tenera e premurosa.

Quando finalmente Serena si addormentò, la strinsi a me, più forte di quanto avrei mai ammesso, e le sfiorai le labbra con un bacio. Un bacio che sapeva di oscurità e destino, ma che in qualche modo conteneva anche tracce di un amore distorto e impossibile. Un amore che non avrebbe mai dovuto esistere, ma che, nonostante tutto, si era fatto strada nei nostri cuori.

«Puoi odiarmi domani, ora fammi dormire con te, hai paura.» Tentai inutilmente di giustificare la mia azione.

-Centodiciassette

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