78 Tra gli artigli dell'ironia

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24 dicembre 2018

Elio

«Serena. Meine Kamelie. Milady. Ragazzina. Ehi, stupida, vuoi alzarti da questo dannato letto?» la chiamai con un tono mescolato tra il nervoso e la preoccupazione, cercando di scuoterla dal suo torpore.

«Che c'è, hai passato la giornata fuori e ora vuoi riposare? Ti do fastidio se condivido le coperte con te?» sbottò, rigirandosi nel lenzuolo con un'espressione irritata.

Sei stupida davvero. Stavo progettando la vostra morte con Lowell, quindi è ovvio che non potevo coinvolgerti.

«Ieri non sei venuta a lezione. Oggi non sei venuta a lezione. Domani non verrai a lezione?» continuai, la mia voce trasudava frustrazione.

«Lo studio non serve a niente qui!» ringhiò, mettendosi a sedere con i capelli arruffati e le occhiaie marcate, eppure le sue lentiggini restavano sempre carine.

«Non me ne frega un cazzo delle lezioni. Neanche se vuoi rimanere in camera a oziare. Ma devi mangiare!» imprecai, furioso.

«Non ho fame», serrò i denti, stringendo le braccia al petto in un atteggiamento imbronciato.

Presi una mela, senza nemmeno sciacquarla, e gliela portai alle labbra. «Mangia», ordinai, la mia pazienza era al limite.

La spinse via e girò il viso, rifiutando il cibo con ostinazione.

La presi per il mento con forza, in collera. «Mangia, dannazione!» gridai.

Ho perso la pazienza!

«Anche la mela di Biancaneve era avvelenata.» Cercava di sfuggire alla mia presa.

«Dalla strega,» precisai, «e tra i due sei tu la strega. Io sono il lupo.»

«Come in Cappuccetto Rosso. Quello che sbrana la ragazza.»

Che ti sbranerà se ora non mangi!

«Se mi addormentassi a causa della maledizione, sarai il principe che mi risveglierà?» scherzò con un sorriso malizioso.

No, sarò il cacciatore che ti colpirà, strappandoti il cuore.

«M.A.N.G.I.A!» scandii bene ogni singola lettera.

«Ripensandoci, posso salvarmi da sola.»

Provaci. Fallirai.

Si alzò dal letto vacillando, visibilmente debole.

Basta, è ora di porre fine a questa lotta.

Afferrai il suo braccio con decisione e la forzai a voltarsi verso di me, poi la baciai per costringerla a mangiare. Annaspò e tossì arrossendo. Però, alla fine, divorò la mela restante con foga, dimostrando quanto fosse affamata.

Perché non aveva mangiato prima?

Stupida.

Le diedi un colpetto sulla fronte.

«Stai bene?» chiesi.

Perché mi importa? Durante il periodo trascorso dalle streghe, mi aveva leggermente ammaliato; erano momenti dolci, momenti che non avremmo più vissuto. Non dovevo passare troppo tempo con lei, dovevo rimanere distaccato.

«Meine Sonne», mi guardò con uno sguardo dolce e un sorriso tenero illuminò i suoi occhi.

Cosa vuole adesso?

«Serena!» imprecai quando alzò i lembi della mia felpa per toglierla.

Vuole... vuole scopare? La lasciai fare. Sì, glielo permisi.

Puoi farlo, ragazzina. Puoi usarmi come vuoi a letto. Oppure sul tavolo della cucina. Insomma, dove preferisci.

«È come il mio!» esclamò, girandomi intorno con euforia e appoggiando le mani sulla mia schiena. «Sono uguali, meine Sonne!»

Cosa?

Ero confuso dalla sua reazione improvvisa.

«L'Eclissi, il tatuaggio. Il tuo è come il mio», continuò, con gli occhi brillanti di gioia.

«Non è possibile. I nostri marchi non possono essere uguali!» Strappai la sua camicia da notte, cercando disperatamente di trovare una spiegazione a quello che stavo vedendo.

«No, non è possibile», continuavo a ripetere, stringendo i pugni per contenere la rabbia che montava dentro di me.

Lei era felice. Apparentemente e inspiegabilmente felice.

Non siamo compagni predestinati. Non possono essere uguali. Eppure lo sono. Sono identici. Ogni dettaglio. Ogni sfumatura. L'eclissi di sole. La stessa maledetta eclissi di sole.

«Helios, è uno scherzo?»

«Uno scherzo crudele», rispose il lupo con apatia, frattanto il senso di ingiustizia cresceva dentro di me.

Sogghignai, una risata isterica contro la brillantezza degli occhi vivaci di Serena.

Io non ci sto a tale beffa. È già difficile sopprimere la voglia che ho di renderla mia per sempre. Questo no. È ingiusto.

Non sorridere, Serena.
Non sorridere in questo modo.
Perché sto per farti il miglior regalo di Natale che tu abbia mai ricevuto: ti sto allontanando da me.

-Trenta

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