72 Il ballo delle ombre

59 22 22
                                    


22 dicembre 2018

Serena

Come si chiede un favore?
Come si riprende a parlare con una persona che vorresti solo dimenticare?
Come si fa a superare l'orgoglio?
Come si chiede aiuto alla ragazza che un tempo consideravi tua amica?
Come si ricostruisce un rapporto frammentato quando non si vorrebbe nemmeno farlo?

'Mi dispiace, scusa o perdonami,' avrei potuto iniziare, seguendo il protocollo per affrontare una discussione difficile. Ma non avevo fatto nulla di sbagliato.

Era Viola che si era fatta mille viaggi mentali e non mi aveva dato modo di spiegare. Era lei che, talmente offuscata dalla menzogna, aveva tramato alle mie spalle con l'intento di ferirmi nel peggiore dei modi.

Mentre la osservavo fingere di sistemare il cassetto del suo comodino, mi resi conto di quanto fosse complicato riallacciare i fili di un rapporto frammentato quando entrambi i lati erano feriti. Inspirai profondamente, raccogliendo il coraggio per affrontare la situazione. Poi buttai fuori tutta l'aria accumulata nei polmoni.

«Sei disordinata. Da sempre. Puoi smetterla. Se hai tempo da sprecare, impiegalo a sistemarmi il trucco», ringhiai, nascondendo la mia vulnerabilità dietro una maschera di sarcasmo.

Viola sobbalzò, incrociando il mio sguardo con occhi lucidi e tremolanti. Era chiaro che non si aspettava quella mia reazione, eppure dovevo andare avanti, anche se ogni fibra del mio essere gridava di voltare pagina e dimenticare tutto.

«Il vestito lo indosso dopo che mi hai tirata a lucido?» aggiunsi, avvicinandomi allo scatolone e appendendo il vestito su una gruccia.

«È-è...» balbettò meravigliata.

«Di mia madre», conclusi secca.

«Bellissimo... Cosa?!» esclamò, realizzando la mia precisazione.

«Viola, sai cosa sono?» la interruppi, cercando di farle capire che c'era qualcosa di più profondo dietro il mio atteggiamento.

«T-tu sei...» Non riusciva a parlare.

Sbuffai, sedendomi sullo sgabello della sua scrivania spacciata per una postazione trucco. «Un mostro», confessai, lasciando che la verità uscisse senza fatica dalle mie labbra.

«No! Non sei tu il mostro!» Scoppiò a piangere.

Guardavo il suo riflesso disperarsi dallo specchio.

Sospirai, ancora e ancora. «Beh, almeno le cose tra di voi si sono risolte.»

«Che intendi?» annaspò, tirando il muco su con il naso.

«Tu e Ronan. Carino il tuo marchio.» Indicai il disegno sul suo collo ora colorato.

Sembra incompleto.
Un fiore a metà.
Una fuoco spento a metà.
Un rapporto...a metà?

«G-Grazie.»

Stava temporeggiando.
E io ero diventata molto impaziente. «Di questo passo arriveremo alla fine del ballo. Non sei curiosa di sapere cosa accadrà di tragico?»

La luna, la luna piena, portava con sé solo fardelli, rivolti unicamente a me.

«S-scusami, comincio subito.»

La lasciai fare, le permisi toccare il mio viso, di incipriarmi le guance, decorare i miei occhi, applicare un rossetto rosso come i miei gioielli. Impiegò secondi di troppo sulle mie labbra.

«L'acconciatura come la vorresti?» domandò timida.

«Bho, fai tu.»

Accarezzò la lunghezza dei miei capelli neri, contemplandoli, ammirandoli. «Lisci? Lisci come quando ci siamo conosciute?» propose estasiata.

like camellia's in springDove le storie prendono vita. Scoprilo ora