2 dicembre 2018
Serena
Mi risvegliai nella penombra di una stanza gotica.
L'aria era intrisa di un rossore crepuscolare che abbracciava le tenebre, e il legno antico sussurrava storie dimenticate dal tempo. Le pareti, rivestite di velluto nero, sembravano inghiottire ogni luce, lasciando solo un'eco di oscurità. Al centro, un letto a baldacchino si ergeva in un trono di notte, le sue lenzuola di seta nera si contorcevano come onde di un lago in tempesta. I mobili, intagliati con motivi di ossa e teschi, riflettevano la luce tremolante delle candele poste in candelabri a forma di artigli. Il profumo di rose appassite si mescolava con l'aroma di antico, e le rifiniture in oro rosso brillavano debolmente nella luce morente.Alzarmi era una buona idea? Temevo di cadere di nuovo nel vuoto da cui ero appena emersa.
Infine, come un presagio, uno scheletro fece il suo ingresso. Il mio urlo di terrore sembrò spaventarlo più di quanto lui spaventasse me. Raccolse con goffaggine l'abito che gli era scivolato e, in quel momento, mi resi conto di quanto ne fossi stata priva.
Appese il vestito su una gruccia, dopodiché entrò un altro scheletro, dai tratti femminili, portando un vassoio di rose rosse che richiamavano il liquido nel bicchiere di cristallo sul comodino. Mi porse la mano, e mi domandai se stessi abbracciando la morte stessa, se il triste mietitore mi stesse offrendo la sua mano.
Afferrai le ossa prive di vita, alzandomi in piedi.
Passò con dolcezza un panno d'acqua fumante sulla mia pelle, vestendomi poi con cura. Seduta sullo sgabello, intrecciò i miei capelli in una treccia ribelle ed elegante, decorandola con le rose del vassoio.
Davanti allo specchio, il mio riflesso era macabro, eppure affascinante. L'abito principesco era un tessuto di terrore e bellezza. Il corpetto, ricamato con fili d'argento, formava ragnatele stellari, mentre la gonna di tulle nero si gonfiava in strati, trapuntati di cristalli che luccicavano come gocce di rugiada su un velo funebre. Un mantello di piume di corvo drappeggiava sulle mie spalle, muovendosi al minimo soffio come se fosse animato da un respiro oscuro.
L'essere mi porse il bicchiere di cristallo.
Se lo bevo, morirò?
Il sorso che feci era dolce, di arancia, l'essenza di un frutto troppo maturo per la mia anima incompleta e infantile.
Uno scheletro con un papillon mi porse il braccio e mi aggrappai ad esso, sperando di non mandare in frantumi le sue ossa consumate. Aprì la porta e attraversai una luce accecante, coprendomi gli occhi finché il fascio stordente non passò e mi abituai all'oscurità.
Camminai in un corridoio tenebroso, dove le finestre medievali affacciavano nel nulla. Alberi neri, nebbia grigia, e una luna piena che solcava il cielo notturno, divorando il sole morente.
Lo scheletro maggiordomo mi condusse in un giardino racchiuso da una cupola di spine e rose in ogni fase della vita. Si inchinò e mi lasciò sola.
Presi un fiore, ma mi punsi il dito e la ferita non si richiuse.
Qualcosa era strano.
Endlenis non c'era, le farfalle non c'erano.
Non c'era magia, non c'erano animali, solo morte e sangue.Le mie dita sfiorarono i tasti d'avorio di un pianoforte antico, il legno scuro era consumato dal tempo. La melodia che ne scaturì era un lamento, note che si alzavano e cadevano come il respiro di un mondo dimenticato. La musica si diffondeva nella notte solitaria, un canto di malinconia e speranza perduta che si intrecciava con il sussurro del vento tra i rami spogli.
Iniziai a suonare la triste sinfonia della mia infanzia, ma Elio non si unì a me.
Suonai sola, per me, per le rose, mie uniche spettatrici.Uscii dalla cupola, salii le scale e mi persi a guardare la luna che assumeva sfumature di rosso. Fuori, il giardino era un labirinto di rovi e rose morenti; il terreno, un tappeto di petali caduti che sembravano sangue versato. La luna, un disco pallido nel cielo, gettava una luce malata sulle statue di angeli piangenti e demoni ghignanti, custodi di quel dominio di desolazione.
La vita era intrisa di rosso, senza redenzione, senza speranza.
«Buon compleanno, piccola farfalla smarrita», sussurrò una voce bassa e raccapricciante.
Un uomo imponente, con lunghi capelli argentati e iridi rosse, scese le scale. Il suo mantello era adornato di rubini, e la sua corona intrecciata di spine e rose. Si avvicinò, e io indietreggiai, ma ero incapace di muovermi.
Per favore, non farmi soffrire, pensai. Uccidimi se devi, ma fallo rapidamente.
«Sarai il rimpianto che soffocherà il mio cuore umano, Serena», disse l'uomo, affondando i suoi canini affilati nella carne del mio collo.
La stretta mi soffocò il respiro, e il dolore fu insopportabile.
Quando si staccò, mi afflosciai a terra, priva di energie, con il cuore come unico battito udibile nel silenzio di quella notte sanguinosa.
Poi l'uomo mi baciò, e io lo spinsi via, resistendo al sapore metallico del fluido che scivolava lungo la mia gola.
Il mio cuore smise di battere.
Non c'è vita, non c'è speranza, non c'è redenzione per noi.
Solo dolore, dolore, dolore.-Cinquantadue
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like camellia's in spring
Lobisomem𝕯𝖆𝖗𝖐 𝖕𝖆𝖗𝖆𝖓𝖔𝖗𝖒𝖆𝖑 𝖗𝖔𝖒𝖆𝖓𝖈𝖊 🥀🐺 Un'umana, un college. Lupi mannari e inganni. Un tragico destino per una piccola farfalla monarca.🐺🥀 🔪🌙 Benvenuta al Blackmoon, Serena! Ti trovi ora nel college della morte, un luogo in cui l'as...