Lo guardai per qualche secondo prima di avvicinarmici: una parte della corteccia sembrava essere stata staccata dal tronco con la forza, mettendo in mostra la liscia superficie al di sotto, e osservandola più da vicino vidi dei graffi su di essa, come se qualcuno l'avesse usata per affilarsi le unghie. Rabbrividii, e per la prima volta mi venne in mente che quel luogo poteva essere abitato da animali feroci, lupi o orsi. Per fortuna non ne avevo incontrati fino a quel momento, o non avrei saputo che fare. In realtà non avevo paura degli animali in generale, mi avevano sempre affascinato con le loro abitudini e abilità quasi quanto gli antichi miti, ma una cosa era pensare di accarezzare un cucciolo di ghepardo ed un altro era trovarselo davanti, con la mamma che ti squadrava e decideva in che modo ucciderti. Un altro brivido mi percorse la schiena. Non era proprio il momento di pensarci, quindi avevo due possibilità: tornare indietro, verso il margine del bosco, al sicuro nella mia bella casa, oppure mettere da parte ogni buon senso e andare avanti. Ovviamente la curiosità ebbe la meglio sulla ragione, e decisi di prendere coraggio e continuare la mia esplorazione, ignorando quella recente scoperta. Diedi un'ultima occhiata al povero tronco rovinato, accarezzandolo nel suo punto debole e sperando che la corteccia ricrescesse in fretta per coprirlo, poi lo oltrepassai continuando a camminare. Ora che la mia attenzione era stata attirata da quel piccolo ma importante particolare tenevo le orecchie ben tese, captando ogni minimo rumore e girando la testa di tanto in tanto per accertarmi che nessuno mi stesse seguendo. Dopo un altro paio di minuti a marciare e rischiare di cadere ogni volta che mi giravo, uscii dalla fitta foresta per trovarmi di fronte una zona di terreno completamente ricoperta di fiori di lillà. Era una specie di enorme giardino ovale, con gli alberi a formare un cerchio tutt'intorno, quasi non volessero rovinarne la bellezza. Rimasi un attimo ferma al mio posto a contemplare la bravura di Madre Natura, dimenticandomi completamente di stare in guardia per eventuali pericoli, per poi fare un passo avanti e immergermi in quel prato verde e viola. I fiori avevano petali lisci e morbidi come l'ovatta, ed
emanavano un profumo buonissimo, dolce e rilassante, che mi fece chiudere gli occhi e respirare a pieni polmoni. Direi che quell'odore rientrava tra i miei preferiti. Raggiunsi il centro del prato e solo allora mi ricordai quanto potevo essermi esposta in un luogo così privo di alberi dietro cui potermi nascondere. Feci vagare rapidamente lo sguardo lungo il perimetro, abbassandomi di poco, quasi sperando di scomparire tra l'erba alta al minimo cenno di pericolo. Scrutando anche tra le ombre degli alberi, in cerca di qualcosa di pericoloso, ma niente. Tornai a concentrarmi sui fiori, tenendo comunque le orecchie aperte, e scorsi sulla mia destra, quasi al limite del prato, un punto in cui le piante erano molto più rade. Mi avvicinai velocemente, e per la seconda volta in cinque minuti mi ritrovai a fissare qualcosa d'insolito: una grande macchia irregolare di erba ingiallita e del tutto spoglia di altre piante. Il terreno, man mano che avanzavo con lo sguardo verso il centro della macchia, diventava sempre più scuro, bruciato, come se qualcuno si fosse divertito a fare una grigliata senza curarsi di liberare prima la zona da oggetti facilmente combustibili. Una gran rabbia mi montò dentro. Come avevano potuto rovinare un luogo tanto bello? Era chiaro che fosse opera dell'uomo, nessun animale avrebbe potuto fare una cosa del genere. Arrivata al centro della macchia, proprio dove in terreno era annerito e completamente spoglio da ogni pianta o filo d'erba, m'inginocchiai e vi posai le mani. Chiusi gli occhi cercando di calmare la mia rabbia, e quando mi fui ripresa abbastanza pensai ad un modo per rimediare. Non potevo di certo andarmene lasciando quel posto un una tale condizione. Mi rialzai riaprendo gli occhi e tornai verso la parte fiorita del prato, lungo il confine. Raccolsi qualcuna di quelle piante, facendo attenzione a prendere anche le radici, e quando ne ebbi tre o quattro tornai verso il punto bruciato. Di nuovo in ginocchio tirai fuori dalla tasca dei pantaloni larghi e color militare un coltellino, che i miei mi avevano regalato tempo prima, e aiutandomi con questo iniziai a scavare nella nera e arida terra. La sentivo incastrarsi sotto le unghie, che ben presto diventarono dello stesso colore, ma non m'importava. Con qualche fatica riuscii a scavare abbastanza da eliminare la terra ormai morta e creare quattro buchi grandi e profondi per mettervi dentro le piantine che avevo preso in prestito. Dopo averle nuovamente interrate tirai fuori dallo zaino una borraccia d'acqua, ancora quasi del tutto piena, e annaffiai delicatamente ognuna di esse. Conclusa l'operazione mi allontanai un po' per osservarla meglio: certo, non era un'opera d'arte, ma sempre meglio di prima. Presi un sorso d'acqua prima di rimettere tutto apposto, e premetti di nuovo con le mani il terreno smosso e ora umido per renderlo più compatto, sperando, quasi pregando che tutto ciò bastasse a far tornare quel punto pieno di fiori, poi mi rialzai e allontanai, tornando tra la vegetazione. Forse per il duro lavoro appena fatto, o il sole che era diventato ancora più caldo di prima, dopo pochi minuti di cammino iniziai a sudare. Ed io ODIAVO il sudore. Mi tolsi la giacca marrone che avevo indossato quella mattina, restando con una canotta nera abbastanza aderente, e me l'allacciai intorno alla vita cercando di pulirmici le mani. Mia madre non sarebbe stata contenta una volta tornata a casa in quelle condizioni. Restando al fresco degli alberi, mi sentii subito meglio e ripresi a camminare più convinta di prima. C'era qualcosa di diverso, però: da quando mi ero allontanata dal prato di lillà avevo la sensazione di essere seguita e osservata. Girai più volte la testa senza però scorgere niente e nessuno, rischiando di schiantarmi contro un albero. Alla fine, sfinita, mi sedetti su un ramo caduto lì vicino, accanto ad un'enorme pino, e ripresi fiato. Sentivo il sudore colarmi lungo la schiena in un modo davvero fastidioso. Mi passai la mano, ancora un po' sporca di terra, sul viso e tra i capelli, che quella mattina avevo legato in una lunga treccia dietro la schiena. Non era stato semplice, dato che erano ricci e molto lunghi, ma sempre meglio che tenerseli completamente sciolti con quel caldo. Alcune ciocche erano riuscite a scappare, finendomi sui grandi occhi verde smeraldo ereditati da mio padre, così me li misi dietro l'orecchio. Lui diceva sempre che sarebbe stato più facile averli corti, ma almeno su questo la pensavamo in modo del tutto opposto. Amavo i miei capelli, ancora di più adesso che mi davano l'aria ribelle che tanto mi piaceva, anche se per passeggiare nella foresta non erano proprio il massimo. Tornai a guardarmi intorno, sentendo ancora l'inquietante sensazione di essere osservata, ma nonostante tutti i miei sforzi non riuscii a vedere altro che piante. Sospirando rassegnata mi alzai per tornare a casa, sicuramente mamma e papà si erano svegliati ed avevano notato la mia assenza, ma prima che potessi anche solo fare un passo avanti sentii il rumore di una corda che si tendeva e una voce bassa e minacciosa parlare.
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My Life Now
AdventureEsistono creature fantastiche? Certo, sono dappertutto anche se non riusciamo a vederle. Forse perché non vi crediamo abbastanza. Per Lexy invece è facile come respirare, ma non si aspetterebbe mai di trovarsene uno davanti nel bel mezzo di una fore...