989 63 20
                                    

Continuai a guardarlo in attesa, nonostante lo sguardo irritato che mi rivolgeva mi indicasse chiaramente  che non avrei ricevuto risposta.  Forse fargli domande così dirette  l'aveva fatto arrabbiare tanto da non rivolgermi più la parola. Mi aspettavo che rialzasse di nuovo l'arco e scoccasse la freccia che teneva ancora tra le mani, ma restava lì a fissarmi con un'espressione quasi colpevole in volto. Probabilmente l'esistenza della loro specie in quella foresta doveva restare un segreto, e lui aveva già detto troppo. Aveva senso, dato che era rimasto stupito dalla mia rivelazione. La parte razionale del mio cervello mi invitava a cucirmi la bocca e darmela a gambe ora che non ero più sotto tiro, ma quella ovviamente curiosa stava avendo la meglio, perché mi sembrava di aver messo radici. Dopo qualche minuto a sostenere il suo sguardo sospirai e decisi di rompere quel silenzio imbarazzante.

<<Senti, i miei genitori saranno preoccupati per me a quest'ora, quindi devo tornare->>

<<Tu non vai da nessuna parte.>> m'interruppe lui facendo un passo avanti, senza tuttavia alzare la freccia. Rimasi un attimo interdetta da quella frase, e anche preoccupata. Avevo sperato di cavarmela con quella scusa e andarmene, ma le sue parole mi avevano colta di sorpresa.

<<Come sarebbe? Hai detto che noi umani non dovremmo stare qui.>> chiesi con voce un po' più alta di prima.

<<Se fosse solo una questione di sconfinamento di territori, avrei già trovato il modo di allontanarti. Ma non sei della zona, e sai anche della nostra esistenza ora, è diverso. Non posso permettere che una ragazzina vada a sbandierare ai quattro venti che degli Elfi vivono su questi monti.>>

<<Ragazzina?!>> dissi irritata <<Ho già vent'anni, sono adulta!>>

<<Sei ancora una bambina, e la tua altezza non dimostra certo il contrario.>> ghignò divertito. Ora mi stava davvero facendo arrabbiare. Feci un passo avanti, ignorando completamente quando fosse grosso e pericoloso, e poggiai un dito sul suo petto incredibilmente muscoloso.

<<Non prendermi in giro, stupido pallone gonfiato.>> dissi col tono più minaccioso che riuscii a tirar fuori. Lui per tutta risposta mi prese dal polso con una mano, che era il doppio della mia, tenendo arco e freccia nell'altra, e l'allontanò da sé piuttosto infastidito, come se l'avesse appena toccato qualcosa di disgustoso.

<<E tu non provare più a toccarmi, umana.>> ribatté con sguardo cupo. Allo stesso tempo però si avvicinò di un altro passo, andando così contro le sue stesse parole e costringendomi ad indietreggiare per la troppa vicinanza. Aveva per caso una doppia personalità? Evitai di chiederglielo, ed anche di ribattere a tono per non farlo infuriare di più, strattonando il polso per liberarmi dalla sua presa. Continuai però a scrutarlo in quegli occhi neri come pece e senza fine.

<<Ho un nome per tua informazione, ed è Lexy.>> dissi senza preoccuparmi di risultare acida. Quel tipo mi faceva saltare i nervi molto più facilmente di chiunque altro avessi mai conosciuto in vita mia.

<<Non m'interessa il tuo nome. Per me siete tutti uguali.>> rispose lui facendo spallucce. Quelle parole alimentarono ancora di più la rabbia nei suoi confronti. Strinsi i pugni lungo i fianchi e lo scansai, decisa ad allontanarmi il più possibile. Avevo fatto meno di dieci passi che una freccia si conficcò nel tronco alla mia sinistra, vicinissima alla testa. Sobbalzai di lato e mi girai con espressione infuriata e incredula a guardarlo mentre restava nella posizione in cui l'aveva scoccata.

<<Ma sei impazzito o cosa?!>> gli urlai addosso. Aveva appena cercato di infilzarmi come uno spiedino??

<<Ti ho detto che non puoi andare da nessuna parte.>> rispose lui per niente spaventato dalla mia furia.

My Life NowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora