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Il biondo fece un passo avanti, ma venne subito fermato da Galvorn.

<<Lascia, faccio io.>> Si avvicinò e frugò nei pantaloni, trovando l'oggetto indicato, per poi cercare anche nelle altre tasche. Pensai che mi stesse toccando un po' troppo per i miei gusti, e gli lancia un'occhiataccia che lo fece ghignare. Era di fronte a me, perciò nessuno si accorse del nostro scambio di sguardi. Poi si decise a spostarsi alle mie spalle e, con un coltello molto più grosso e affilato del mio, tagliare le spalline dello zaino. Stavo per lanciare un lamento, perché era il mio zaino preferito e avrei preferito restasse integro, ma un suo sguardo mi mise a tacere. Se fossi sopravvissuta dopo l'avrei picchiato. Il moro fece un passo indietro tenendolo stretto ma senza aprirlo, e mettendo il mio coltellino in una delle sue tasche. Riportai l'attenzione sui Sovrani, che ora mi fissavano, se possibile, ancora più incuriositi.

<<Perché l'hai fatto?>> domandò la donna inclinando di lato il capo.

<<Perché non voglio far del male a nessuno, Maestà. È questo che sto cercando di farvi capire.>> Le voci ripresero a farsi sentire, ma nuovamente con un cenno del Re si affievolirono, fino a restare un sussurro.

<<Ciò che hai fatto nel prato... com'è accaduto?>> Mi strinsi nelle spalle.

<<Non lo so neanche io. Quando sono arrivata ho visto la zona scura descritta da Galvorn e mi sono arrabbiata, perché pensavo fosse davvero stupido rovinare così la Natura senza rimorso. Ho cercato di rimediare piantando qualche fiore presto nello stesso prato, per riportare la vita anche in quel pezzo di terra, ma non sapevo sarebbe stato così...>> mi fermai, cercando la parola giusta da usare.

<<Rapido?>> propose la donna con un sorriso gentile, e annuii ricambiando.

<<Cos'hai pensato dopo aver ripiantato i fiori?>> domandò questa volta il Re, sempre con sguardo intenso. Era parecchio interessato al procedimento, a quanto capivo.

<<Io...>> mormorai abbassando un attimo gli occhi, tentando di ricordare cos'avessi fatto di strano. Non mi venne in mente niente, così mi buttai sulla semplice verità, nonostante mi avrebbero potuto prendere per pazza. <<...Io ho sperato, credo. Ho sperato che le piante potessero ricrescere, che potesse ritornare tutto come prima, quando era ancora un piccolo angolo di Paradiso, immagino.>> Sentii le guance farsi più calde e la mia motivazione debole come un castello di carte, e mi preparai ad uno scoppio di risa incontrollato, ma tutto ciò che vidi quando rialzai lo sguardo fu il sorriso comprensivo dei Sovrani e la stessa emozione della Regina che si rifletteva anche negli occhi del marito. La folla intorno a noi tornó a sussurrare incredula, forse non accettando le mie parole, e sui loro volti leggevo il dubbio evidente. Mi voltai verso i miei accompagnatori, anche loro leggermente shoccati ma con un'espressione molto più sicura. Erano forse gli unici, oltre ai Sovrani, che sembravano credere a ciò che avevo appena detto. La Regina si avvicinò nuovamente, senza badare alle occhiate stupite e spaventate degli altri Elfi, e mise le mani sulle mie, ancora legate.

<<Se ciò che dici è vero, vorrei che ce lo provassi, facendo una cosa per me. Per noi.>> si corresse, lanciando un'occhiata amorevole all'uomo dietro di lei. Rimasi un po' interdetta a quella improvvisa richiesta, ma annuii senza ulteriori dubbi. Come avrei mai potuto rifiutare un favore alla Regina degli Elfi? Soprattutto se me lo chiedeva con una voce così dolce. Mi ricordava tanto mia madre, con i suoi modi gentili di chiedere le cose e il suo sguardo comprensivo. Mi venne momentaneamente in mente anche un'altra cosa: forse, se avessi soddisfatto il loro volere, avrebbero restituito il favore lasciandomi tornare a casa. Ci speravo tanto. Ad un cenno del Re, un elfo di guardia si avvicinò e tagliò le corde che mi legavano i polsi. Finalmente libera me li strofinai, erano arrossati e sentivo il sangue finalmente circolare più liberamente. Ora avevo un altro motivo per prendere a pugni Galvorn. Un altro cenno e due Elfi, della stessa statua di Taras, si avvicinarono a noi portando un oggetto dalla base piatta e la cima ovale, probabilmente una teca, coperto da un telo di seta. Aggrottai la fronte mentre poggiavano delicatamente l'oggetto su un tavolino che non avevo visto, vicino ai due troni, facendo un profondo inchino prima di allontanarsi e sparire di nuovo nella folla. Il Re si avvicinò e tolse il telo, mostrando appunto una teca di vetro, con all'interno qualcosa che mi strinse in cuore. In un semplice vaso di ceramica c'era ciò che una volta doveva essere stata una bellissima rosa, ma di cui ora restava solo uno stelo marrone piegato fino a toccar terra, e un paio di petali quasi completamente neri debolmente attaccati, come a mostrare la loro resistenza fino alla fine. I resti del fiore giaceva tutt'intorno, ormai rattrappiti e morti. Era la visione semplice, ma che mi parve la più triste del mondo, e da come anche gli altri Elfi la guardavano dovevano pensarla allo stesso modo. La Regina si voltò verso di me con uno sguardo addolorato, quasi come se fosse colpa sua la situazione del fiore, e con ancora le mani sulle mie mi guidò fino al tavolino. L'uomo prese il vaso dalla sua  base e me lo tese, e potei sentire tutto il popolo alle mie spalle trattenere il respiro.

<<Devi far rinascere questo fiore.>> spiegò davanti alla mia espressione confusa. Spalancai gli occhi e feci un passo indietro, incredula mentre ritiravo le mani.

<<Non posso. >> balbettai. Come potevano chiedermi una cosa del genere? Far rinascere un fiore, così, dal nulla? Assurdo.

<<Sì che puoi,>> intervenne la donna <<l'hai già fatto con i fiori di lillà, ci riuscirai anche con questo.>>

<< M-ma io... io non so come fare.>> mi giustificai. Non potevo, no. Fallire lì, di fronte a tutti, mi avrebbe rivelata come una bugiarda.

<<Rilassati. Fai la stessa cosa che hai fatto in precedenza e vedrai che funzionerà.>> Mi sorrise incoraggiante, e nonostante l'evidente esitazione afferrai il vaso, tremante. Uno dei petali rimasti si staccò subito cadendo al suolo, e lo interpretai come un brutto segno. Fissai per un attimo il fiore quasi completamente appassito, per poi guardare i Sovrani e girarmi a fare lo stesso con la folla. Tutti gli occhi erano puntati sul vaso, come se avessero paura che potessi lasciarlo cadere da un momento all'altro. Strinsi la presa appena avvertii le mani più sudate, spostando quindi lo sguardo sui visi dei miei accompagnatori. Entrambi avevano un'aria turbata e guardavano come gli altri il vaso, ma incrociarono il mio sguardo ansioso fecero un gesto incoraggiante con la mano. Sospirai, tentando di calmare il tremore che sentivo, e sollevai il vaso davanti a me, chiudendo poi gli occhi e concentrandomi su ciò che volevo. Già, ma cosa volevo? Era questo che dovevo chiarire prima di tutto. Ci pensai su: volevo che il fiore rinascesse, che tornasse a vivere più bello e forte di prima. Mantenni gli occhi chiusi mentre pensavo a ciò, ma qualcosa mi diceva che non stava funzionando. Allora feci esattamente quel che avevo fatto nel prato. Allentai la presa intorno al vaso senza ovviamente farlo cadere, e iniziai a sperare, sperare con tutto il cuore che funzionasse, che la rosa tra le mani rinascesse. 'Ti prego, ti prego, torna a vivere bellissimo fiore. Torna per la felicità di chi potrà ammirarti e stupirsi della tua bellezza.' pregai intensamente, visualizzando nella mia mente l'immagine del fiore per un momento. Due secondi dopo avvertii anche i Sovrani trattenere il respiro, e lentamente riaprii gli occhi. Ciò che vidi me li fece spalancare per la sorpresa e la gioia: davanti a me il fiore stava velocemente mutando, il suo stelo tornava ad essere alto e di un bel verde acceso, e le prime foglioline comparivano ai suoi lati. Era uno spettacolo impossibile da descrivere a parole, perché ti toglieva letteralmente il fiato. L'ultimo petalo cadde, ed ebbi quasi paura si aver sbagliato qualcosa, ma poi dalla cima iniziò a spuntare una gemma... azzurra?Ok, questo era strano. La gemma continuò a crescere, fino a che sbocciando non rivelò un nuovo fiore, che non assomigliava né ad una rosa né a qualunque altra specie avessi mai visto prima. Era grande, così tanto da far ombra allo stelo, ed i petali dalla forma rotonda, larghi quanto un'unghia, erano disposti a gradini dal centro verso l'esterno in ben tre file, lasciando a malapena scorgere il polline al suo interno. Ricordava vagamente un girasole. In pochi secondi il fiore bloccò la sua crescita, lasciandomi con occhi e bocca spalancati, un po' come tutto il resto della gente in quella stanza. Rispetto alla rosa di prima era molto più alto, ma conservava una certa delicatezza che lo rendeva affascinante. Mi volta verso i Sovrani, che mostravano la mia stessa espressione, e andai a posare lentamente il vaso sul tavolino, facendo un passo di lato.

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