Fu davvero strano svegliarmi alla solita ora, alzarmi per scostare di più la tenda e ricordare solo tre secondi dopo di non avere allenamento quella mattina. La sera prima avevo mangiato in compagnia dei Sovrani, che ovviamente mi avevano chiesto riguardo la ferita alla mano (purtroppo non era ancora guarita in quel momento) e la mia improvvisa scomparso all'ora di pranzo. Mi ero inventata una scusa abbastanza credibile per entrambi, e dopo una lunga ramanzina da parte di Handir sul fatto di stare più attenta a dove mettessi le mani, mi lasciarono libera di rifugiarmi in camera. Calime era rimasta in silenzio a guardarmi, con una preoccupazione negli occhi che mi aveva ricordato tanto mia madre. Non avevo neanche mangiato esageratamente a tavola, e doveva aver notato anche questo. Il fatto però era che non riuscivo proprio a togliermi l'immagine di Galvorn e delle sue dolci labbra sulle mie. Più di una volta mi ero ritrovata a passarvi sopra l'indice come se sperassi di trovarne qualche traccia, mentre mi preparavo per andare a dormire. Quella sera ero rimasta senza compagnia, e per fortuna, dato che non credevo sarei riuscita a comporre una frase di senso compiuto. Mi buttai nuovamente sul letto, lasciando le tende tirare e affondando la guancia sul morbido cuscino. Il livido non faceva più male, anche se la sua presenza era evidenziata dal suo colorito giallastro contro la mia pelle chiara. Il sonno non sembrava intenzionato a tornare, nonostante mi fossi messa d'impegno a svuotare la mente da ogni pensiero complicato, così dopo una ventina di minuti mi tirai su e avvicinai all'armadio. Spostai l'asse all'interno, scoprendo il telo leggermente impolverato, e con molta cautela ne tirai fuori il contenuto. Mi ero quasi dimenticata di quanto fossero belli quell'arco e le frecce che l'accompagnavano. Lo presi con una mano, imitando le posizioni degli arcieri che avevo visto tempo prima al campo. Sfiorai con la punta delle dita il filo teso, trasparente ma resistentissimo, e tentai di tenderlo. Era più difficile di quanto pensassi! Lo tirai più forte, ma finii solamente col farmi male alle dita. Sbuffai e mi limitai a tenerlo dritto di fronte a me con la sinistra, muovendola poi su e giù per abituarmi alla sua forma. Mi sentivo felice anche solo stringendovi le dita attorno, sembrava infondermi una qualche forza incredibile che solo io potevo controllare. Feci finta di avere una freccia immaginaria tra le dita e la poggiai lentamente sul filo, mettendo la parte del bastoncino coperta di piume sull'indice teso. Presi la mira con un occhio aperto e l'altro chiuso, tirai indietro il gomito e, dopo qualche istante, lasciai andare la freccia. Ovviamente la mia fantasia aveva fatto il resto, facendomi credere di aver centrato il bersaglio a più di cento metri di distanza, e un sorrisino mi si formò sulle labbra. Un bussare improvviso alla porta mi fece saltare e rimettere a posto in fretta e furia ciò che avevo in mano. Andai ad aprire col fiatone, e mi trovai avanti lo splendido sorriso di Noah. Mi scrutò in viso per qualche secondo, corrugando la fronte.
<<Tutto ok? Sembra che tu abbia appena finito di correre una maratona.>>
<<Io, ehm.. sì tutto ok, stavo facendo qualche esercizio, sai per riscaldarmi.>> inventai sul momento. Quanto poteva essere strana quella risposta? Ancora un po' dubbioso, Noah annuì e mi spostai per lasciarlo entrare. Lui però scosse la testa con un sorriso, e m'invitò a seguirlo senza aggiungere altro. Io lo guardai immobile, aspettando una spiegazione, ma vedendo che lui continua a darmi le spalle e camminare lentamente, sospirai e decisi di seguirlo. Diedi un'ultima occhiata all'armadio semi-chiuso, controllando bene che non si vedesse niente all'interno, per poi chiudermi la porta alle spalle e raggiungerlo. Uno al fianco dell'altro camminammo in silenzio. Avrei anche potuto rifiutare il suo invito silenzioso dato che, nonostante fosse una delle persone più buone del mondo, non lo conoscevo abbastanza e poteva rivelarsi tutta una trappola, ma la curiosità come sempre aveva la meglio sulla ragione. Mi sarei cacciata nei guai un giorno di questi, ne ero certa. Mi ripresi dai miei pensiero quando ci fermammo davanti una porticina molto carina, e decorata più semplicemente del resto delle porte lì dentro. Abbassò la maniglia e la aprì, facendomi cenno di entrare con un piccolo inchino che mi fece sorridere. Trovai qualcosa che non pensavo avrei mai visto lì dentro: una tavola rotonda, grande per circa tre persone ma apparecchiata per due, con tante cose da mangiare sopra che mi fecero venire l'acquolina alla sola vista. Il profumo che c'era in quella stanza mi ricordava tanto quando mio padre si svegliava presto e preparava le crêpes con la Nutella. Ed infatti eccole lì, delle sfoglie leggermente dorate e ricoperte di crema alla frutta e quello che sembra zucchero a velo.
<<Ti piace?>> sentii chiedermi da dietro. Mi ero quasi completamente dimenticata di Noah, ora al mio fianco ed in attesa di una risposta, il sorriso sul volto.
<<Intendi la stanza o la colazione?>> domandai scherzosamente.
<<Entrambe.>> Mi guardai meglio intorno, mentre mi avvicinavo al tavolo imbandito di ogni ben di Dio. La stanza era più piccola della mia, ma arredata quasi nello stesso modo. Più che altro ogni cosa sembrava in versione ridotta, dal letto all'armadio. La cosa che notai subito dopo, però, furono due scaffali ricolmi di libri di cucina, dalle copertine colorate e un po' sgualcite. Tornai a concentrarmi sul piccolo mezzo-elfo, che mi spostò indietro la sedia e mi fece accomodare come un vero gentleman. Mi venne in mente Taras, con quella cosa del baciamano, e non potei evitare di ridacchiare.
<<La stanza è davvero carina, ma per la colazione dovrai aspettare che finisca di mangiarla per un giudizio.>> Lui rise insieme a me e si accomodò di fronte. A quel punto calò il silenzio, ma non di quelli imbarazzanti, bensì tranquillo e rilassato. Ogni tanto gli facevo i complimenti, perché quel cibo era davvero senza eguali e lui, con un po' d'imbarazzo, mi spiegò che l'aveva fatto da solo apposta per me. A quel punto fui io a sentirmi imbarazzata, e probabilmente avevamo la stessa espressione perché subito dopo scoppiamo a ridere.
<<Perché mi hai invitata qui?>> chiesi, mentre mettevo in bocca l'ultimo pezzo della seconda Crêpes ai lamponi. Non potevo credere che quel frutto fosse così buono, l'avevo sempre schifato ed ora non potevo pensare a niente di più gustoso. I suoi occhi si fissarono su di me e le sue guance si colorarono leggermente quando ricambiai lo sguardo, incuriosita.
<<Beh, mi avevi detto tu stessa di voler assaggiare la mia cucina. Volevo farti una sorpresa.>> mormorò grattandosi dietro l'orecchio e abbassando lo sguardo sul suo piatto mezzo vuoto. Sorrisi, era davvero carino quando s'imbarazzava.
<<Quanti anni hai?>> chiesi allora, cercando di toglierlo da quella situazione. Mi sorrise orgoglioso.
<<Diciotto elfici. Sono un uomo ormai.>> Ridacchiai per l'ultima affermazione e bevvi un po' di latte.
<<Quindi sei più vecchio di me.>> dissi.
<<In un certo senso.>> rispose <<Ormai vivo qui da così tanto che ho dimenticato cosa vuol dire essere un umano. In parte era anche per questo che mi avevi affascinato all'inizio.>>
<<In parte? Quindi non erano solo le mie capacità.>> ribattei fingendomi offesa. Lui sgranò gli occhi e mosse velocemente le mani avanti.
<<No, i-io non volevo dire- cioè...>> Era così impacciato che non resistetti e scoppiai a ridere, seguita da lui appena capì che stessi scherzando, nonostante il leggero rossore sulle guance.
<<Tranquillo, non importa. In realtà vorrei che la gente di qui mi vedesse come fai tu: una persona in grado di fare del bene, non un'estranea o un peso per tutti.>> sospirai alla fine. Mi tornarono in mente gli sguardi dei bambini. Avrei voluto almeno legare con loro, così, giusto per sentire un po' meno la mancanza di casa. Noah si sporse in avanti ed afferrò la mia mano sul tavolo.
<<Non sarà per sempre così, vedrai. Tu cerca solo di dargli del tempo e non dare ascolto alle cattiverie che dicono. Te lo consiglio come esperienza personale.>> Sorrise alla fine, provocandomi un sorriso simile al suo ma solo a metà. Terminammo la colazione tranquillamente e poco dopo uscimmo dalla stanza, dividendoci al solito corridoio per prendere strade diverse. Quando fui in vista della mia camera, però, notai un'altra figura poggiata alla porta, con le braccia incrociate e uno sguardo teso.
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My Life Now
AdventureEsistono creature fantastiche? Certo, sono dappertutto anche se non riusciamo a vederle. Forse perché non vi crediamo abbastanza. Per Lexy invece è facile come respirare, ma non si aspetterebbe mai di trovarsene uno davanti nel bel mezzo di una fore...