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Mi fecero visitare la parte del villaggio che ancora non conoscevo, quella che si estendeva da sotto la mia finestra per chissà quanto, indicandomi case sugli alberi adibiti a rifugi, infermerie o semplicemente luoghi usati dai civili. Ogni ora che passavo con loro imparavo cose nuove, e tutte mi affascinavano nonostante fossero cose di importanza comune (dove mangiavano, quando facevano i turni di notte, dove s'incontravano tra loro per scambiare quattro chiacchiere). Tuttavia ciò che davvero m'interessava era qualcosa che avevo anche paura di chiedere. Voglio dire, si sarebbero insospettiti se gli avessi chiesto, di punto in bianco, dove tenevano le armi per allenarsi e per quanto tempo era usato il campo? Sì, assolutamente. Così optai per una strategia indiretta: con fare casuale mi incamminai su una stradina alla mia destra, e dopo poco più di dieci minuti ci ritrovammo nello stesso punto del giorno prima, al perimetro del campo di allenamento.

<<Qua ci siamo stati ieri, ricordi?>> chiese Taras mettendosi al mio fianco e dando una rapida occhiata tutt'intorno, per controllare la situazione forse.

<<Oh è vero, scusa, non ricordavo di aver già fatto questa strada.>> mentii. Ovviamente la ricordavo alla perfezione, per questo c'ero tornata così tranquillamente. Galvorn mi lanciò un'occhiata inquisitrice, ma lo ignorai e, come il biondo, spostai lo sguardo su ogni Elfo intento a muoversi agile tra l'erba ed i rami, per poi puntarlo su uno che prendeva la mira e centrava un bersaglio in movimento. Non era lo stesso di ieri, ma quanto ad abilità mi sembrava fossero allo stesso livello. Rimasi affascinata dalla sua bravura, ma questa volta ordinai alle mie gambe di restare ferme dov'erano.

<<Se hai finito di fissare quel tipo possiamo andarcene. Odio stare fermo a non far niente.>> disse Galvorn con voce annoiata, interrompendo i miei pensieri.

<<Non sto fissando nessuno, è solo che penso siano tutti davvero bravi.>> ribattei senza voltarmi. Non avrei mai confessato la mia ammirazione per i cecchini.

<<Di certo più bravi di un essere umano.>> Mi voltai fulminandolo con lo sguardo.

<<Lexy, volevi sapere qualcos'altro riguardo questo posto?>> s'intromise Taras, dandomi così l'occasione di esporre le mie domande. Mi girai verso di lui senza far più caso al moro, con un sorriso innocente sul viso.

<<Ecco, sì in effetti. Voi venite spesso ad allenarvi qui, con tutti gli altri?>>

<<Più o meno. Io non sono un fan degli allenamenti come Galvorn, ma veniamo qui quasi tutti i giorni, o quando ne abbiamo la possibilità. Anche di notte, se durante il giorno siamo stati impegnati.>>

<<Di notte?>> chiesi aggrottando la fronte <<Vuoi dire che non c'è un limite di tempo?>>

<<Certo che no! È un luogo pubblico e all'aperto dopotutto, qualunque Elfo può venire ad allenarsi appena ha del tempo libero.>> rispose lui fieramente. Non pensavo si allenassero addirittura di notte, la loro vita doveva essere molto movimentata per arrivare a fare una cosa del genere.

<<E tu in che cosa ti alleni?>> domandai calcando su quel pronome e mostrandomi molto più interessata di prima. Galvorn alle mie spalle sbuffò, ma lo ignorai.

<<Be', ecco...>> balbettò Taras arrossendo leggermente e grattandosi la nuca <<Non essendo molto grosso mi alleno nella corsa e negli spostamenti tra un albero e l'altro. In questo modo, anche se con poca massa muscolare, compenso con velocità e agilità nei movimenti. Per le sentinelle è molto importante restare nascosti ed in silenzio durante le ricognizioni.>> disse con orgoglio <<Se invece voglio usare le armi mi arrangio con quelle che ho, come tutti d'altronde.>> Gli sorrisi mentre memorizzavo le sue parole. Perciò non era una capacità innata quella di spostarsi silenziosamente da un punto ad un altro sospesi sul vuoto, anche loro avevano dovuto imparare come fare. Non esisteva un luogo in cui prendere in prestito delle armi, usavano quelle di loro proprietà, e non c'erano neanche orari per allenarsi. Questo sì che era interessante. Forse con del duro allenamento sarei riuscita anch'io un giorno a combattere come loro, no? Guardai nuovamente il campo, e notai qualche Elfo che, voltato nella nostra direzione, mi guardava diffidente o incuriosito. Probabile che si stessero chiedendo cosa ci facesse un'umana lì a guardarli. Tra tutte quelle occhiate, però, ce ne fu una che mi colpì maggiormente: apparteneva ad un Elfo alto, dai capelli castani e gli occhi trasparenti come il ghiaccio (almeno così mi sembravano a quella distanza), che quando incontrarono i miei non smisero di fissarmi, anzi, si strinsero in due fessure minacciose. Deglutii e abbassai lo sguardo, doveva essere uno di quelli che non gradiva la mia presenza nel proprio territorio. Eppure aveva qualcosa di familiare.

<<Lexy?>> mi sentii chiamare, e alzai gli occhi per guardare l'espressione preoccupata di Taras.

<<Possiamo andarcene ora?>> disse Galvorn prima ancora che aprissi bocca. Annuii e facemmo dietro-front, inoltrandoci nuovamente nella foresta. Tuttavia mi sembrava ancora di sentire lo sguardo perforante dell'Elfo castano sulla schiena, quando raggiungemmo l'ingresso della Grande Quercia. Scacciai il pensiero, probabilmente avevo solo bisogno di mangiare qualcosa e passare il resto del pomeriggio a... non sapevo neanche io fare cosa.

<<Grazie per oggi Taras, sei proprio un'ottima guida.>> dissi voltandomi verso di lui e sorridendogli, venendo subito ricambiata. Quell'Elfo biondo era diventato in poco meno di tre giorni il mio più grande amico lì, e per i miei standard era un record.

<<E' un piacere, madamigella.>> rispose con tono scherzoso, prendendomi la mano e baciandomela. Riuscii a non arrossire come facevo di solito, ma risi ugualmente per i suoi modi da casanova. Che scemo.

<<Smettila di fare l'idiota e andiamo.>> s'intromise il moro dandogli un pugno sulla spalla e facendolo così lamentare. Trattenni un'altra risata e dopo averli visti allontanare mi girai per entrare nel salone. Di nuovo, lo trovai completamente vuoto e non potei fare a meno di preoccuparmi per l'assenza dei Sovrani. Che stessero male? Oppure non passavano effettivamente lì tutto il tempo, come avevo pensato all'inizio? Ad ogni modo non erano affari miei, quindi andai alla ricerca della fantastica cucina che sfornava ciò che mangiavo da due giorni a questa parte e, dopo vari tentativi e qualche indicazione, la raggiunsi più affamata di prima. L'ora di pranzo era passata da un bel po', ma speravo lo stesso di racimolare qualcosa che tenesse a bada il mio stomaco fino all'ora di cena. I cuochi mi guardarono straniti quando varcai la soglia di una grande stanza in cui stavano griglie, forni e pentoloni. Tutti sopra un falò più o meno grande che fungeva da fonte di calore. Ed io che avevo pensato per un attimo di trovare elettricità almeno lì. Feci ricorso a tutta la mia buona educazione per chiedere qualcosa da mangiare, ma mi guardavano come se non capissero quel che dicevo. Mi venne in mente che forse parlavano solo nella loro lingua elfica,  che avevo già sentito in più di un'occasione da quando mi ero trasferita, e fui presa dall'ansia. Come diavolo facevo a spiegar loro che avevo bisogno di qualcosa da mettere sotto i denti?? Mi guardai intorno disperata, ma inaspettatamente si fece avanti un ragazzo dall'aria più giovane del resto del gruppo, che mi porse un piatto di quel che sembrava stufato di lepre. Lo presi titubante e rivolsi un sorriso timido al mio salvatore, che ricambiando allo stesso modo si voltò tornando velocemente alla propria postazione. Uscii da quel posto dopo un saluto generale che dubitavo capissero, e col piatto tra le mani mi diressi nella mia stanza. Forse era un po' esagerato per tappare momentaneamente il buco nel mio stomaco, ma in quel momento avrei persino mangiato un elefante intero. Mi sedetti per la prima volta al tavolino circolare e iniziai a mangiare con gusto (per fortuna avevo preso delle posate prima di scappare via) e in meno di cinque minuti mi sentii sazia e rilassata. Ora mi ci voleva solo un sonnellino. Mi buttai felice sul letto, ma prima che potessi chiudere gli occhi qualcuno bussò alla porta. Mi rialzai sbuffando e andai ad aprire, trovando la piccola Elfa-cameriera che mi chiese se avessi finito di mangiare. Annuii e le porsi il piatto abbandonato lì vicino, mentre mi chiedevo come avesse saputo dello spuntino e se fosse rimasta finora lì fuori ad aspettare che finissi di mangiare. Speravo proprio di no, mi sarei sentita in debito anche con lei. La ringraziai e rimasi ferma sulla soglia a guardarla allontanarsi lungo il corridoio. Era davvero carina, con i capelli biondo dorato raccolti in una treccia laterale, gli occhi chiari e quel grembiulino che le dava proprio un'aria da cameriera. Quando sparì dietro un angolo feci per chiudere la porta, ma un piede me lo impedì insieme ad una grande mano, che la spinse per aprirla.

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