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Come non detto. Quella giornata non era andata per niente bene. Mi ero sforzata di concentrarmi sugli appunti ma senza successo, la mia testa continuava a perdersi tra mille pensieri, e quella sera, mentre aspettavo impaziente che il moro venisse a prendermi per la nostra lezione giornaliera, Elanor era venuta a riferirmi che non ci sarebbe stata, per suo stesso volere. Dire che c'ero rimasta male era un eufemismo: avevo praticamente lanciato i cuscini contro la porta e ringhiato come un pitbull, non appena ero rimasta di nuovo sola. Il suo modo di fare mi ricordava davvero un bambino in quel momento, che cercava di evitarmi per il nostro piccolo litigio. Ok, forse definirlo piccolo non era adatto ma andiamo, gli avevo chiesto scusa! ... Glielo avevo chiesto, giusto? 'No scema, eri troppo intenta a fissarlo mentre se ne andava!' esclamò la vocina nella mia testa con tono irritato. Un punto per lei. Però annullare addirittura un allenamento per qualcosa del genere mi sembrava davvero una scemenza. Finii così per prendere i miei personali arco e frecce ed esercitarmi immaginariamente nella mia stanza. Non era ovviamente lo stesso, dato che non potevo creare buchi nelle pareti se non volevo essere scoperta, e mi sentivo impotente di fronte quel dato di fatto. I giorni a venire non furono certo migliori, anzi. Galvorn continuava ad annullare le nostre lezioni serali con scuse assurde, e con Taras, nonostante la situazione fosse nettamente migliorata, non riuscito più a far crescere niente sulle pareti della palestra. Era come se i miei stessi pensieri bloccassero l'uscita di potere. Mi sentivo esattamente in questo modo, dopotutto: bloccata, impotente di fare qualcosa per cambiare la situazione, incapace anche solo di chiarire la questione con il mio (improbabile) ragazzo. Ma tutto questo non era niente in confronto al desiderio di libertà che sentivo ogni mattina, svegliandomi da sola, e alla voragine nel petto che provavo ogni sera, vedendo arrivare una chioma dorata al posto di quella mora che tanto avrei preferito. Mi mancava il suo profumo, il suo sorriso vero, quello che dedicava soltanto a me. Mi mancavano le sue frasi taglienti, il suo modo di fare scontroso, i suoi gesti a volte avventati. Ed ogni sera mi sembrava di ritrovare i suoi occhi scuri e profondi nei miei sogni, occhi che venivano attraversati da quasi ogni sfumatura di emozione. Era già il quinto giorno senza di lui nella mia quotidianità, e appena mi svegliai nuovamente sola sarei voluta scoppiare a piangere. Quelle lenzuola non contenevano più il suo odore, solo il mio. Mi alzai di malavoglia e andai in bagno a riempire la vasca. Avevo bisogno di un bagno bollente e rilassante. Senza neanche lasciare che si riempisse del tutto mi spogliai velocemente e immersi nel liquido trasparente, solcato da piccole nuvolette di bolle bianche. In un attimo tutto il mio corpo si rilassò, compresi muscoli che non sapevo fossero tesi, lasciandomi una piacevole sensazione addosso una volta completamente coricata nella vasca, con la testa poggiata comodamente contro il bordo. Chiusi gli occhi e presi un grande e lungo respiro, sentendo il profumo di felce e bacche riempirmi i polmoni. Dio, da quand'è che non mi sentivo così bene con me stessa?? Riaprii gli occhi e senza fretta presi a strofinare ogni angolo di pelle, dalle spalle ai piedi e viceversa, comprendendo poi i capelli pieni di nodi. Restai a mollo per chissà quanto, finché l'acqua non si fece più fresca e mi costrinse ad uscire da lì. Mi avvolsi nel solito grande asciugamano e feci fuoriuscire l'acqua mentre mi mettevo davanti lo specchio e toglievo il velo di vapore che la mano. Fisicamente avevo un aspetto decisamente migliore, ma nei miei occhi continuava a riflettersi la preoccupazione di chi non vede la persona a cui tiene da troppo tempo. Avevo pienamente accettato il fatto che lo amassi, ma c'era una cosa che, anche se abbastanza ovvia, non avevo preso in considerazione in tutto quel tempo: il bisogno della sua presenza. Senza neanche accorgermene si era instaurato tra me e lui un lungo filo rosso di dipendenza, apparentemente debole ma strutturalmente duro come l'acciaio. Era diventata una cosa di vitale importanza vederlo tutti giorni, stargli accanto, scherzare e prenderci in giro. Era diventato parte della mia vita. Un pezzo di puzzle che, adesso, sembrava essersi perso chissà dove. E senza quel pezzo l'intera costruzione non aveva più davvero senso. Mi muovevo in automatico, agivo ma senza pensarci davvero. Era come una ruota che girava sempre nella stessa direzione. Lo faceva senza motivo reale. E tutto questo, tutta questa dipendenza che provavo nei suoi confronti... mi spaventava ed eccitava al tempo stesso. Mi faceva sentire bene e male, mi rendeva felice ma timorosa della sua vicinanza. Perché, dopo quasi una vita passata a restare in disparte dal gruppo, ad affezionarmi solo superficialmente, trovare qualcuno con cui condividere il tempo e parte di me mi rendeva fragile, e al contempo sapere di poter contare sul suo appoggio nei momenti di bisogno era tutto ciò che avevo sempre desiderato. Passai il dorso della mano sugli occhi leggermente più lucidi ed+ andai a mettermi qualcosa addosso prima di morire di freddo. Una volta pronta e asciutta uscii e mi ritrovai davanti il biondo, poggiato contro la parete e in attesa. Stavo quasi per chiedergli come mai non avesse bussato per entrare, ma il suo sorriso mi bloccò e costrinse a seguire senza dire niente, con a mia volta un sorriso sul volto. Mi aveva capita ancora prima che aprissi bocca.


<<Bene, fermiamoci qui per oggi.>> disse Taras dopo un paio d'ore di allenamento. Mi buttai sul tappetino steso a terra, stanca e col fiatone. Quell'allenamento era stato particolarmente pesante, quasi l'avesse fatto a posta, a farmi concentrare per tutto il tempo. Esatto, avevo passato due ore a focalizzare l'attenzione sulla parete di fronte a me per farvi crescere qualcosa, col risultato appena accennato. Mi rialzai faticosamente, aggrappandomi alla mano tesa di Taras che mi tirò su in un secondo. Le gambe mi tremavano leggermente, ma ero certa che con una buona mangiata sarebbe passato tutto. Prima degli allenamenti avevamo diviso un po' di Phatos, dato che presa da altro mi ero dimenticata di far colazione, così mentre prendevamo le nostre cose e uscivamo da lì invitai il biondo a pranzare con noi per ricambiare il favore. All'inizio si rifiutò mettendo in mezzo la scusa della presenza dei Sovrani e di quanto si sentisse a disagio a mangiare con loro, ma appena arrivati nella sala da pranzo non trovammo nessuno.    

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