78°

430 28 1
                                    

<<Vattene.>> sussurrai, riuscendo a mantenere la voce ferma nonostante le lacrime.

<<Lexy...>> mi chiamò lui, avvicinandosi di qualche passo e posando delicatamente una mano sulla mia spalla, forse per farmi calmare, ma ottenendo solo uno spintone, che lo fece allontanare nuovamente appena mi girai. Sorpreso si portò una mano al petto, quasi gli avessi fatto male, per poi spostare gli occhi nei miei. Mi guardava come se non fosse coinvolto da quella situazione, un estraneo che assisteva alla distruzione del mio cuore senza dire nulla.

<<Ho detto VATTENE!>> gli urlai contro, liberando le lacrime che avevo faticosamente trattenuto. Non m'importava se poteva vederle o se lo facevano stare peggio. Non m'importava di niente. Volevo solo che se ne andasse e mi lasciasse sola, libera di piangere di frustrazione. Sgranò ancora di più gli occhi vedendomi in quello stato, e per un secondo vi vidi brillare all'interno una scintilla di puro dolore, ma fece come avevo detto e lo seguii con gli occhi finché rimasi sola a fissare il pannello dietro cui era sparito. Finalmente senza spettatori mi portai le mani al volto soffocando un grido, sentendo le guance completamente bagnate. Mi chinai, ritrovandomi seduta a terra con la schiena contro la parete, a stringere le braccia intorno alle gambe e nascondere la testa dietro di esse. Ero riuscita ad illudermi da sola, a crearmi una possibile vita insieme a lui mentre in realtà non mi aveva mai vista neanche come la sua ragazza. Quei "Mi piaci" detti con così tanta dolcezza erano state solo belle parole, da rifilarmi per tenermi sotto controllo, quei suoi gesti delicati che mi avevano sempre fatto rabbrividire erano diventati in realtà catene da usare per legarmi meglio a lui. Sì, ecco cosa pensava davvero di me, che doveva essere tenuta sotto chiave e costantemente monitorata perché, tra miliardi e miliardi di persone in questo schifo di vita, guarda caso ero quella ad avere il potere per salvare la natura e, probabilmente, anche la loro specie. Odiai ancora di più me stessa per quel che ero capace di fare. Non l'avevo chiesto io quello stupido potere, non avrei mai voluto averlo. E se pensava ancora che l'avrei usato per salvargli il culo in caso di pericolo, o usarlo come se fossi un Genio pronto ad esaudire ogni suo desiderio beh, allora si sbagliava di grosso. Sarei tornata ad essere indipendente come la prima volta che avevo messo piede in quel posto, non mi sarei fidata più di nessuno, esattamente come lui non si era mai fidato davvero di me. Me la sarei cavata da sola, come sempre. Non avevo bisogno di lui. Né di nessun altro. L'amore appena confessato bruciata ancora sulle mie labbra, insieme la sapore salato delle lacrime. Le strofinai velocemente facendole diventare rosse, ma non m'importava. Se inizialmente avevo pensato di stare per morire dopo le sue parole, adesso ero certo che il suo silenzio mi avesse dato il colpo di grazia. E sapete qual'era la cosa più sbagliata, la cosa più fastidiosa e insopportabile che non riuscivo a smettere di pensare? Che, nonostante ci fossimo gridati contro e lo avessi cacciato via, speravo ancora di vederlo entrare da quella porta, raggiungermi di corsa e stringermi tra le sue braccia. Dirmi che in realtà non era vero niente, che mi amava come io amavo lui, e che era stato tutto solo un incubo. Ma non lo era, non vedevo alcun cadavere insanguinato per terra. Vedevo di peggio: il mio cuore strappato e calpestato come un rifiuto, insieme al mio amore per lui. Lo continuavo a sentire, nonostante fossi certa che non ci sarebbe mai stato niente di vero tra noi, perché era a senso unico. Mi asciugai un'ultima volta le lacrime sulla manica della felpa e rimisi in piedi, uscendo velocemente dalla stanza. Non volevo più stare in quel posto, ero stanca di ritrovarmi lì a deprimermi per lui. Arrivai alle scale e scesi più velocemente possibile, cercando di evitare chiunque. Arrivata nella sala del trono però sentii una voce femminile chiamarmi. Con la coda dell'occhio vidi la Regina accanto al suo trono, sola, che mi faceva segno di avvicinarmi. La persona peggiore che potessi incontrare. La ignorai completamente e a passo veloce raggiunsi l'uscita del palazzo. Appena lo aprii il rumore del temporale e le gocce di pioggia m'investirono, bagnandomi ancora il viso.

<<Lexy! Dove vai?>> sentii chiamare Calime alle mie spalle. Nuovamente feci finta di non sentire e scappai nella tempesta, senza pensare che mi sarei bagnata fino al midollo. L'unica cosa che dovevo fare per non impazzire era allontanarmi da quel posto, allontanarmi da tutto quel che mi ricordava lui. Corsi nella foresta, verso un punto impreciso, sentendo nelle mie orecchie solo l'ululato del vento e i tuoni sopra la testa, che rimbombavano forte. Il tempo era decisamente peggiorato rispetto a poco prima, così come la temperatura che si era abbassata, ma anche quello non m'importava. Le nuvolette di fiato si condensavano davanti ai miei occhi per finirmi in faccia, mentre questi tornavano a pizzicarmi. Ero troppo stanca, sia fisicamente che emotivamente, per piangere di nuovo. 'Basta.' pensai tra me e me, correndo a testa bassa e schivando per miracolo i rami più bassi degli alberi. 'Basta, basta, BASTA!' Fu così che mi ritrovai al centro di un ampio spiazzo senza alberi o piante. La terra era fangosa a causa della pioggia, e le scarpe s'impantanarono presto in quel miscuglio di acqua ed erba secca. Mi fermai, stanca di continuare a correre, sentendo le gambe tremare di stanchezza. Alzai la testa verso il cielo, spostando infastidita le ciocche di capelli rimasti appiccicati alle guance e che ora ricadevano allo stesso modo sulla mia schiena, ed avvertii le gocce colpirmi insistentemente contro le palpebre strette e la bocca socchiusa, in cerca di ossigeno. Non sapevo dove mi trovassi, né tanto meno m'interessava. Ero finalmente sola, come lo ero sempre stata e come lo sarei stata in futuro. Aprii leggermente gli occhi e alcune gocce mi annebbiarono la vista. Solo dopo capii fossero le ultime lacrime che mi erano rimaste, che ben presto si mischiarono con l'acqua del cielo. Presi un grande, grandissimo respiro e... urlai. Urlai tutta la rabbia e disperazione che sentivo invadermi ogni muscolo del corpo, urlai fino a non avere quasi più voce. Il grido si perse subito tra i rumori dei tuoni, lasciandomi un'indescrivibile sensazione di rassegnazione. Era così allora. La mia vita, quella degli ultimi mesi, non era stata altro che una sceneggiata per tenermi sotto controllo. E io che avevo pensato si preoccupassero davvero per un'umana come me. 'Sono patetica.'

Ed accadde.

In un momento di silenzio, di pausa dalla tempesta, una voce nuova, tanto che pensai fosse stato un tuono a parlare, risuonò nell'oscurità.

<<No dolcezza, sei solamente ingenua. E stupida.>>

My Life NowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora