Il tavolo era apparecchiato, ma sembrava fosse stato fatto semplicemente per abbellirlo. Non ci feci caso più di tanto (non era la prima volta che lo trovavo in queste condizioni) e feci cenno al mio amico di seguirmi e sedersi al mio fianco, per tenermi compagnia. Finalmente riuscita nel mio intento, chiesi ad una delle guardie che stavano lì all'ingresso, e che avevo scoperto fossero abbastanza aperte mentalmente per considerarmi un essere vivente degno di parola, a chi avessimo potuto chiedere per avere qualcosa da mangiare. L'Elfo imponente mi disse di aspettare lì e sparì dietro una porta, da cui riemerse cinque minuti dopo seguito da un altro paio di domestici, intenti a portare dei piatti di zuppa. Il solo profumo mi fece leccare i baffi. Ringraziai profondamente i tre che ci avevano forniti il pasto e, una volta tornati soli, mi avventai sul piatto come se non mangiassi da anni. Sentii una risatina mentre mandavo giù il quinto cucchiaio di zuppa, e alzai leggermente la testa per vedere l'espressione divertita del biondo seduto al mio fianco.
<<Sembri un cammello davanti un'oasi dopo settimane.>> disse come spiegazione al mio sopracciglio alzato. Alzai gli occhi al cielo.
<<Ho semplicemente fame. Dovresti mangiare anche tu.>> ribattei dandomi un po' di contegno mentre prendevo un altro cucchiaio di quella delizia.
<<Lo farò non appena mi dirai cosa ti frulla in quella testolina.>> Aggrottai la fronte mentre portavo la mia attenzione su di lui.
<<Che vuoi dire?>>
<<Che sono quattro giorni che tieni il muso come se ti fosse morto il gatto.>>
<<Primo, non ho un gatto.>> specificai facendogli alzare gli occhi al cielo <<Secondo, sai benissimo perché sono di malumore.>>
<<Per la recente mancanza del nostro caro Galvorn, sì.>>
<<Non dirlo in questo modo! Sembra di parlare di una persona appena morta!>> lo rimproverai, nascondendo tuttavia un sorriso per il tono usato.
<<Te l'ho detto, prima o poi si farà vivo. Quindi perché preoccuparsi?>>
<<Perché il "prima o poi" non sembra accadrà nei prossimi giorni! Stare lontano da lui...>> lasciai la frase in sospeso, stringendo il manico della posata e rimettendola successivamente vicino al piatto mezzo vuoto.
<<...Siii?>> mi incalzò lui, aspettando impaziente che continuassi. Sospirai rassegnata.
<<... Mi rende triste. E scontrosa. Come se mancasse una parte importante della mia vita.>> confessai alla fine. Taras spalancò gli occhi, forse sorpreso dalle mie parole, per poi rilassare l'espressione in un sorriso dolce e prendermi tra le braccia in un abbraccio dall'aria fraterna. Avvolsi anch'io le mie intorno al suo torso, poggiando la fronte contro la sua spalla.
<<Vorrei che quel testone fosse qui a sentirti parlare così. S'innamorerebbe di te come tu hai fatto con lui.>> Sobbalzai a quell'ultima frase e tentai di guardarlo in viso, ma lui continuò a tenermi stretta a sé. <<Ma vedrai, in qualche modo le cose troveranno la giusta piega. Ora l'importante è che resti forte e aspetti pazientemente la sua comparsa.>>
<<E se non dovesse mai farsi vivo?>> chiesi in un sussurro.
<<Andrò io stesso a prenderlo, e trascinarlo da quelle orecchie a punta che si ritrova fino a qui.>> Ridacchiai sommessamente, nonostante la sua voce mostrasse molta più serietà di quanto avessi immaginato. Restammo abbracciati in silenzio per qualche secondo, ognuno riordinando i propri pensieri.
<<Non sono brava ad aspettare tanto.>> dissi nuovamente a bassa voce, sentendola comunque rimbalzare in quel piccolo spazio creatosi tra me e lui.
<<Lo faresti per lui?>> chiese. Riuscii stavolta ad allontanarmi per guardarlo in faccia, con espressione risoluta.
<<Senza neanche pensarci.>> Sorrise istantaneamente e mi accarezzò una guancia con gentilezza.
<<Allora ce la farai.>> Feci un mezzo sorriso e sentii questa volta gli occhi pizzicarmi di felicità. Ce l'avrei fatta, a costo di aspettare altri cento anni per un cambiamento, ci sarei riuscita. Il resto del pranzo passò nella migliore delle atmosfere, con un sentimento di leggerezza e tranquillità che avevo provato giusto quella mattina e per pochi minuti.
Dopo pranzo ci separammo, andai in camera a cambiarmi e mettermi un pantalone lungo ed una maglia a mezze maniche con la felpa. In quella biblioteca faceva piuttosto freddino. Lanciai un'occhiata veloce dentro l'armadio, dopo aver preso un unico foglietto dal solito taccuino, per controllare che fosse tutto in ordine, poi mi chiusi la porta della stanza alle spalle e andare verso il familiare ascensore. Mi sembrava di passarci metà della mia vita, facendo su e giù tra i piani. Percorsi il corridoio ed entrai nella biblioteca. Un piccolo sorriso mi nacque spontaneo alla vista di tutti quei libri. Non vi entravo da quando avevo recuperato il diario misterioso e ancora indecifrato, e dovevo ammettere che mi era un po' mancata. Iniziai a gironzolare per gli scaffali, lanciando occhiate a destra e sinistra per vedere se qualche libro fosse scritto in una lingua che non fosse quella elfica. La mia attenzione venne richiamata per un attimo da un fulmine fuori dalla grande vetrata, che squarciò il cielo improvvisamente nuvoloso. Ad esso seguì un pioggerellina fitta e insistente. Picchiettava contro la parete fredda come piccole pietruzze sull'asfalto, creando un suono musicale e malinconico. Mi avvicinai al vetro e vi poggiai una mano, per ritirarla subito dopo. Era freddissima. La temperatura doveva essere più bassa di quanto pensassi. Ma eravamo solo ad ottobre, che diamine. Mi strinsi di più nella felpa e tornai a guardare i titoli dei volumi sugli scaffali. Passai così una buona mezz'ora senza trovare niente d'interessante, e senza accorgermene finii in fondo al salone. Riuscivo ad avvertire l'aura di quella porta chiusa a pochi passi da me. Mi feci coraggio e mi voltai, andandovi incontro. I miei occhi finirono automaticamente sulla maniglia perfettamente intatta e lucida, per poi risalire sulla parte del pannello dove erano incise le parole elfiche. Dopo averle studiate, quelle lettere avevo decisamente un aspetto più familiare, tuttavia continuavo a non capirne il significato. Un brivido mi corse lungo la schiena senza motivo apparente, e feci un altro passo in direzione del legno scuro. Avvertii ancora di più la sensazione di disagio nel trovarmela a pochi centimetri di distanza, ma deglutii e guardai più da vicino la scritta. Nel mezzo di quel casino incomprensibile le parole presero a muoversi debolmente, come la prima volta che vi avevo curiosato, cambiando e trasformandosi. Riconobbi subito la parola latina Sacrificium, e mi aspettavo che anche le altre assumessero un nuovo significato. Tuttavia rimasero nella loro lingua madre. Non riuscivo a capire se quelle parole avessero un qualche collegamento con quelle incise sulla porta contenente il Fiore della Speranza, davanti cui mi ero soffermata spesso negli ultimi tempi, ma la brutta sensazione che provai anche in quel momento era esattamente la stessa della volta precedente. Con il foglio ancora in mano annotai le frasi incise e mi allontanai, incapace di sopportarne ancora la vicinanza, poi senza pensarci troppo uscii diretta alla mia stanza. Dovevo rivedere assolutamente gli appunti dell'ultimo mese, accuratamente nascosti in una tasca dello zaino, per confrontare quell'alfabeto con le frasi segnate. Che fossero inglese o latino me ne sarei occupata più tardi. Una volta davanti l'ascensore aspettai che arrivasse al mio piano, e nel mentre i miei occhi caddero sul ritratto alla mia sinistra. Quella ragazza dagli occhi violetti, la pelle scura, i capelli neri come la pece e l'espressione concentrata e profonda... Non riuscivo a fare a meno di guardarla. Feci un paio di passi di lato, ritrovandomi praticamente faccia a faccia col suo ritratto e studiandola attentamente, lasciando che ogni particolare mi s'imprimesse nella memoria come inchiostro indelebile. Continuavo a pensare di averla vista da qualche altra parte, di conoscere già quei lineamenti, più marcati rispetto alle altre donne del villaggio. Eppure la mia mente si rifiutava di associarla a qualche persona vista per il villaggio o nella Grande Quercia. Perché?? Il rumore dell'abitacolo che si bloccava mi fece sobbalzare sul posto. Entrai velocemente all'interno e lanciai un'ultima occhiata al ritratto, prima di scendere e ritrovarmi sul mio piano. Corsi in stanza e mi richiusi la porta alle spalle con il fiato corto, neanche fossi inseguita da un ladro.
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My Life Now
AdventureEsistono creature fantastiche? Certo, sono dappertutto anche se non riusciamo a vederle. Forse perché non vi crediamo abbastanza. Per Lexy invece è facile come respirare, ma non si aspetterebbe mai di trovarsene uno davanti nel bel mezzo di una fore...