61°

427 32 0
                                    

Una mano si posò sulla mia spalla, delicatamente, facendomi sobbalzare e girare di scatto per guardare Elanor. Velocemente mi riprese per mano e trascinò lontano da tutto quel vociare, diretta verso una piccola casetta che notai appena alzai lo sguardo. Prima di riuscire ad allontanarci del tutto, però, qualche parola dal suono familiare mi giunse alle orecchie. Tentai di ricordare a quale parola della mia lingua corrispondesse, e quando ci riuscii non potei che sentirmi ancora peggio. Arrivati alla casetta Elanor aprì velocemente la porta e mi ci trascinò dentro, chiudendo fuori le voci arrabbiate degli abitanti del villaggio. Tirò un sospiro di sollievo e finalmente mi guardò, rivolgendomi lo sguardo più preoccupato che potesse fare.

<<Mi dispiace, è colpa mia.>> mormorò mettendosi le mani in faccia. Io gliele presi e spostai delicatamente, facendole scoprire un viso arrossato e con gli occhi lucidi.

<<No che non lo è, ero io a dover stare più attenta. Ma non importa, non è successo nulla.>> la rassicurai, prendendola di sorpresa quando la strinsi contro il mio petto. Non doveva sentirsi in colpa per qualcosa che non aveva fatto. Ero io la maggiore (per così dire) tra le due, prendersi la responsabilità di quanto successo toccava a me. La sentii tirare su col naso e allontanarsi dopo un minuto, con gli occhi ancora un po' lucidi ma un sorriso rilassato sulle labbra. Mi prese di nuovo per mano e, questa volta più tranquillamente, mi portò in una stanza al lato dell'ingresso, grande circa quanto la mia camera ma completamente arredata. C'erano grandi cuscini che ricoprivano parte del pavimento, un tavolo circondato da sei sedie e giochi sparsi ovunque. Sembrava fosse appena passato un tornado.

<<Scusa il disordine, di solito non è così.>> disse imbarazzata, raccogliendo qualche pupazzo e poggiandolo sul tavolo. Mi guardai ancora un attimo intorno, soffermandomi sui piccoli quadretti appesi ai muri, che davano a quel posto un'aria vissuta. Un rumore dal piano di sopra mi fece voltare incuriosita verso le scale, che avevo notato di fronte l'ingresso, e non potei evitare di spalancare gli occhi dalla sorpresa, quando cinque ragazzini mi sfilarono davanti, uno dietro l'altro, per gettarsi contro la ragazza e abbracciarla stretta. Avranno avuto sì e no dieci anni, ma sembravano molto più grandi. Lei rise e li strinse tutti insieme, dando ad ognuno un bacio sulla fronte e scompigliando ad altri i capelli.

<<Elly, finalmente sei qui!>> disse felice uno di loro, stringendola ancora. Avevano tutti in comune i capelli chiari, anche se variavano dal biondo cenere a quello quasi platino, mentre gli occhi erano alcuni chiari e altri più scuri.

<<Scusate il ritardo ragazzi, c'era molto da fare alla Quercia oggi.>> rispose lei, sorridendogli di rimando. Sembrava così felice circondata da tutte quelle testoline, che la guardavano con ammirazione, che non potei evitare di sorridere guardandoli. Uno di loro si voltò verso di me, accorgendosi per la prima volta di un'estranea in casa, e spalancò occhi e bocca stupito. Anche gli altri se ne accorsero e più o meno ebbero le stesse reazioni del primo.

<<Ragazzi, lei è la mia amica Lexy.>> mi presentò la ragazza, superandoli e tornando al mio fianco. Mi spinse da dietro come per incoraggiarmi a parlare, e presi un lungo respiro per cercare di togliere la sensazione di tutti quegli occhi intenti a scrutarmi.

<<Ehm ciao. Piacere di conoscervi.>> Loro non si mossero, al contrario sembrarono irrigidirsi ancora di più. Non smettevano di analizzarmi da capo a piedi, facendomi sentire ancora più in soggezione. I loro occhi erano così belli e al tempo stesso maturi, che non sapevo se dire qualcosa o restare ferma lì come un idiota. Un altro rumore dietro di me però mi fece voltare, e successivamente sorridere, alla vista di una figura che già conoscevo. Annael stava ferma sull'ultimo scalino, guardandomi anche lei con espressione strana, a metà tra sorpresa e pensierosa. Sapevo mi avesse riconosciuta, perché dai suoi occhi sembrava chiedersi più cosa ci facessi lì che chi fossi. Avevo quasi dimenticato quanto fossero scure le sue iridi, e dopo una rapida ispezione capii che lei fosse l'unica ad avere occhi tanto espressivi in quella famiglia. La piccola scese anche l'ultimo scalino e mi venne incontro, fermandosi vicino alle mie gambe. Mi chinai per arrivare alla sua altezza, e le feci un dolce sorriso.

My Life NowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora