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Affrettai il passo per raggiungere Galvorn, che appena mi notò si staccò dalla porta per venirmi incontro.

<<Dov'eri?>> chiese brusco prima ancora che mi fermassi di fronte a lui.

<<Buongiorno anche a te.>> risposi sarcastica. Se era già di cattivo umore appena sveglio non volevo sapere come sarebbe stato quella sera, al mio primo allenamento speciale.

<<Sono entrato nella tua stanza ma era vuota.>> continuò ignorando il mio sarcasmo. Mi morsi un labbro, sperando che non avesse guardato dentro l'armadio, prima di rispondere.

<<Ero con Noah.>>

<<Chi?>> domandò alzando un sopracciglio.

<<Noah, l'amico di Taras. È venuto da me stamattina per invitarmi a fare colazione da lui.>> I suoi occhi si spalancarono per socchiudersi subito dopo, e notai i pugni lungo i fianchi farsi più stretti.

<<Intendi, nella sua stanza?>>

<<Sì, perché?>> Non capivo a cosa stesse pensando ed il motivo di quel tono così irritato. Il suo viso era imperturbabile, così come i suoi occhi neri che mi trafiggevano. Abbassai i miei dato che non riuscivo a sostenerne l'intensità, ma lui con una mano mi costrinse delicatamente a rialzarli per guardarlo, e si avvicinò di poco.

<<Cosa avete fatto?>> chiese a bassa voce. Sollevai entrambe le sopracciglia, non capendo che razza di domanda fosse.

<<Abbiamo mangiato, come si fa a colazione. Perché mi stai facendo queste domande?>> domandai io leggermente irritata, spostandomi dalla sua presa con un passo indietro. Lui tenne ancora la mano a mezz'aria prima di abbassarla lentamente, scrutandomi in viso e stringendo gli occhi in due fessure. Dopo quasi un minuto in quella posizione, con me che cercando di non spostare di nuovo lo sguardo altrove, si raddrizzò e mi diede le spalle.

<<Niente, lascia perdere. Vedi di farti trovare pronta stasera, e di non mangiare troppo come tuo solito.>> rispose a quel punto, incamminandosi verso l'ascensore per andarsene. Rimasi immobile a fissare la sua nuca finché questa non scomparve sotto il pavimento, senza girarsi di nuovo. Entrai in camera e chiusi la porta più bruscamente di quanto volessi, poi andai in bagno e poggiai le mani sul bordo del lavandino, prendendo lunghi respiri profondi per calmarmi. Non sapevo perché, ma tutte quelle domande mi avevano infastidita più del solito. In un altro caso me ne sarei altamente fregata e gli avrei risposto di lasciarmi in pace, ma con Galvorn era diverso. Se avessi cercato di evitarlo mi avrebbe tormentata a vita, e se avessi risposto male mi avrebbe tenuto il muso per chissà quanto. Scossi la testa e tornai in stanza, andando verso la finestra e osservando il panorama all'orizzonte, già illuminato dai raggi del mattino. Appena l'avevo visto mi era venuto il mente l'assurdo pensiero che mi avrebbe sorriso e abbracciato, comportandosi diversamente dal solito, mentre in realtà aveva finito per essere la stessa routine, come se il bacio del giorno prima non fosse mai accaduto. Strinsi i denti sentendo gli angoli degli occhi pizzicare, ma non avrei pianto, non per questo. In fondo era chiaro, era stato un semplice bacio il nostro, niente di chissà quanto spinto o eclatante, non potevo certo pretendere che dal giorno dopo in poi mi avrebbe trattata come il più grande amore della sua vita. Non che lo volessi, sia chiaro, odiavo le smancerie continue o le persone troppo appiccicose. Solo che, ecco... diciamo che mi sarei aspettata un buongiorno migliore di quello. Scossi la testa per smettere di pensare a quello scorbutico e mi ributtai a letto, nella vana speranza di riprendere sonno da un momento all'altro ora che avevo la pancia piena. Ci riuscii e caddi in un sonno senza sogni, abbracciata al cuscino e con i capelli sparpagliati ovunque. Mi risvegliai dopo qualche ora sentendo bussare alla porta, e andando ad aprire mi ritrovai la cameriera biondina che spesso si era occupata di me. Il grembiulino bianco faceva risaltare ancora di più quegli occhi azzurro chiaro, e le trecce bionde che portava quel giorno, ai lati della testa. Mi avvisò gentilmente che il pranzo era pronto e di seguirla, e così feci senza curarmi troppo del fatto che fossi ancora comodamente in pigiama. In sala da pranzo trovai solamente Calime, seduta in attesa, che mi salutò appena mi vide. La ragazza fece un piccolo inchino ad entrambe e si congedò con un sorriso. Mi andai a sedere al solito posto, felice di non essere da sola a mangiare.

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