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Presi un altro respiro profondo per prepararmi a scendere, quando un raggio di luce mi fece stringere gli occhi e bloccare in quella posizione. Rialzai il viso guardando verso il sole, coprendomi metà volto con l'ombra della mano. Prima non avevo notato che davanti a me ci fosse un altro albero, di pino questa volta, quasi del tutto identico al mio, ma ora che lo guardavo meglio notai uno dei suoi rami fermarsi, a poco più di due metri di distanza, dalla fine di quello su cui mi trovavo in piedi. Passai con gli occhi da un punto all'altro: erano entrambi abbastanza spessi per premettermi di camminarci sopra, e la poca distanza che li separava mi fece nascere dentro una voglia incontenibile di provare una cosa. Guardai nuovamente giù, dove questa volta Taras gesticolava facendomi segno di scendere e Galvorn mi guardava impassibile, come sempre. Feci loro un mezzo sorriso, tornando subito dopo a concentrami sulla pianta di fronte a me. Dovevo ammetterlo, essere capace di saltare da un ramo all'altro era una delle poche cose che avevo sempre voluto imparare, nonostante il terrore di fallire e cadere. Entrambi i miei maestri mi avevano mostrato come fare durante gli allenamenti, ma quando poi ci avevo provato (una volta sola a dirla tutta), avevo finito col fermarmi prima del salto e rischiare di scivolare. Così si erano rassegnati e mi avevano "abbuonato", per così dire, la prova del salto nel test finale di quel giorno.  Adesso però era diverso. La scalata mi era sembrava così semplice che tutta l'energia accumulata per quel test non si era ancora estinta. Lo so, era da pazzi provarci proprio ora dato che dovevo portare a termine un compito, ma il mio desiderio ebbe la meglio ed il mio corpo prese a muoversi da solo. Mi piegai leggermente sulle ginocchia e chinai il torso in avanti, com'ero abituata a fare quando dovevo darmi la spinta per cominciare a correre. Sentivo qualche grido provenire da sotto, e quasi sicuramente doveva trattarsi di Taras che mi chiedeva cosa diavolo stessi facendo, ma non m'importava. Volevo provarci lo stesso e dimostrargli che ero in grado anche di fare questo. Contai lentamente a ritroso da cinque, prendendo lunghi respiri e concentrandomi sul mio nuovo obiettivo: il ramo della pianta opposta. Una volta raggiunto l'uno, piegai ancora di più le ginocchia e con uno scatto iniziai a correre. Sentivo come se ai piedi mi fossero cresciute un paio di ali. Era la sensazione più bella che avessi mai provato. Corsi finché non rimasero pochi centimetri a dividermi dalla fine, dopodiché con tutta la forza che avevo nelle gambe saltai. Mi lanciai nel vuoto. Chiusi per un secondo gli occhi, lasciando che i raggi del sole mattutino mi scaldassero la pelle del viso e delle braccia, scoperte e allargate. Ora sembrava che tutto il mio corpo fosse avvolto da una sottile aura che m'impediva di cadere, e non potei evitare di sorridere. Mi sentivo libera, completamente a mio agio circondata dal vento che mi scompigliava i capelli. Sentii un grido di stupore e paura, che mi risuonò nelle orecchie e fece riaprire gli occhi. C'ero quasi, davanti a me si stagliava la fine dell'altro ramo in tutta la sua lunghezza. Mi chinai in avanti e allungai la gamba destra per raggiungere il ramo. 'Ci sono quasi, ancora un millimetro.' pensai. E un nanosecondo dopo sentii la durezza della pianta sotto il mio scarpone. Esultai felice, ma purtroppo non avevo tenuto conto di una cosa. Mi ero lanciata con così tanta velocità e forza che quando fui sulla nuova pianta mi ritrovai a continuare a correre avvicinandomi al tronco ad una velocità sorprendente. Cercai di rallentare il più possibile, ma finii lo stesso per schiantarmi contro la corteccia con quasi tutto il mio peso. Mugolai di dolore e tentai di aggrapparmi ad esso, ma scivolai con lo scarpone su qualcosa di bagnato e caddi di lato. Per un attimo pensai di chiudere gli occhi e lasciarmi cadere nel vuoto, ma la mia parte razionale me lo impedì, facendomi tornare in mente le parole di Galvorn. "Cerca di non cadermi addosso questa volta.", ed aveva dannatamente ragione! Insomma, non potevo continuare a cadere sperando che ci fosse sempre qualcuno pronto a prendermi. Con un movimento rapido della mano sinistra mi aggrappai a quello stesso ramo, fermando la caduta. Sentivo la mano destra dolere e, quando me la portai davanti agli occhi, la trovai con un taglio sul palmo che sanguinava. Bene, ci mancava solo questo. Avevo una mano completamente fuori uso. 'Porca miseria a me e alla mia testardaggine!' mi riproverai mentalmente. Guardai verso il basso e notai i due Elfi che mi fissavano, uno preoccupato e l'altro decisamente arrabbiato. Appena sarei scesa mi avrebbero come minimo sgridato per le successive due ore. Tornai a concentrarmi sul ramo a cui ero aggrappata, e sentii le dita dolermi. Dovevo assolutamente tirarmi su. Cercai con i piedi qualche appiglio, ma non ne trovai. Allora misi il braccio destro sul ramo e tentai di issarmi usando solo la parte superiore del corpo, ma sentivo dolori ovunque e non riuscivo a muovermi bene. L'impatto doveva avermi causato parecchi lividi.

<<Lexy!!>> Un grido mi fece abbassare nuovamente la testa, e vidi Taras alla base dell'albero, già pronto a salire lassù. <<Resta lì, ti vengo a prendere!>>

<<No!!>> urlai lasciando tutti e tre immobili. Le parole mi erano uscite di bocca così velocemente che per un attimo avevo pensato che fosse stato qualcun altro a parlare. Continuai rivolgendomi ad entrambi <<Voglio farcela da sola. E' il mio test. So che posso.>> Per un attimo si scambiarono occhiate stupite, e qualcosa mi disse che di certo pensavano fossi diventata pazza o stessi cercando di suicidarmi, ma dopo qualche secondo Taras si staccò dal tronco con aria riluttante, continuando tuttavia a restare nei paraggi. Forse sperava di prendermi nel caso fossi caduta. Peccato che non intendevo farlo, o comunque non da quell'altezza. In tal caso avrei ucciso me e chiunque avrebbe cercato di prendermi, e se non lo avessi ucciso di certo si sarebbe ferito gravemente. Misi da parte questi pensieri inquietanti e tentai nuovamente di issarmi sul ramo, senza alcun successo. Le dita ormai mi facevano malissimo e presto avrei perso la presa. Dovevo trovare rapidamente una soluzione. Come attirato, il mio sguardo si spostò sul tronco a pochi centimetri da me. Qualcosa in un angolo della mia mente, forse la mia coscienza, mi incitò a posarci una mano sopra e così feci. Misi la mano ferita sulla corteccia, ignorando il più possibile il dolore proveniente dal taglio sanguinante, e svuotai la mente concentrandomi solo su una cosa: scendere sana e salva da lì. Pregai con tutta me stessa che questa cosa funzionasse, e strinsi ancora di più gli occhi quando sentii la presa sul ramo diminuire. Sarei caduta da un momento all'altro. Stavo quasi per abbandonare la speranza quando qualcosa di duro mi avvolse intorno alla vita. In un primo momento pensai fosse uno dei due Elfi che, ignorando quanto avessi detto, fosse salito fin lassù per riportarmi a terra. Poi però sentii la presa farsi ancora più stretta e qualcosa di appuntito sfiorarmi il braccio. Aprii gli occhi lentamente, spalancandoli del tutto quando mi ritrovai dalla vita in su avvolta da un altro ramo, precisamente quello subito di fianco a dove ero disperatamente aggrappata. Mi ricordava tanto un serpente per il modo lento e sinuoso con cui si attorcigliava. Si fermò una vota raggiunta la base del petto, così staccai lentamente la mano destra dal ramo, quasi avessi paura si trattasse tutta di un'illusione. Eppure il ramo era ancora lì a stringermi, senza farmi male, e gli aghi appuntiti mi dicevano che non si trattava di un sogno. Spostai la mano sulla corteccia intorno alla mia vita, e quasi come se avessi azionato un pulsante invisibile quel ramo sottile ma resistente iniziò la sua discesa verso il basso.

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