capitolo quattro

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Elisabetta

Come  tutte  le mattine  devo  andare a lavorare. Anche  se non posso  permettermi  vestiti firmati, non significa  che io non possa  vestirmi bene.
Non vado  dietro  la moda, non l'ho mai  fatto, non mi interessa, ho  il mio  stile. Se una  cosa  mi piace  anche  se era  di moda  anni fa me ne frego, vado  al mercato  a comprarmi  da vestire, mi servo sempre dalle stesse tre o quattro bancarelle, ormai  sono  anni, vendono  roba  giovanile  e non costano  tanto. Lavoro  solo   io, mentre mamma  prende  la pensione, grazie  a Dio non sono  schizzinosa  come  alcune. Non mi interessa  delle  altre,  io sono  così.
Prendo  dei  jeans chiari, una  canotta  tank blu con rifiniture  in pizzo  e una  maglia  con scollo  a barca. Metto  i miei  stivali blu con tacco  dieci, capelli  sciolti  come  mio  solito, (amo  i miei capelli: sono  lunghi, mi arrivano  al sedere, sono  neri corvino e mossi). Metto  la matita  agli  occhi, il mio  piumino  corto  blu, e voilà. Sono pronta  ad affrontare  una  nuova  giornata.
Max rimane  con mamma, oggi dovrebbe venire  l'equipe medica  per l'assistenza  a casa.
Entro  in camera  da Max, lo avviso  che vado  a lavoro, saluto  ed esco.

Sono  passate  già  diverse  ore e sono  stanca, sono  le nove, tra  un paio di ore  finisco  il turno. Vedo  la mia  responsabile  avvicinarsi  <<Elisabetta ascolta  c'è  una  persona  che  ha chiesto  di te, dice  di essere  tua  sorella>>
<< Grazie  Giulia, scusa  posso  andare  a parlarle  un attimo?>>
<<certo  Elisabetta >> .
Non sono  per niente  convinta. So già  cosa  mi aspetta. Ed ecco mia  sorella, mi aspetta  con quell'aria da snob, elegante  come  sempre, mi sta  scrutando, più mi avvicino  più sento il suo  sguardo  gelido  su di me.
<<buongiorno Franca >,  la saluto  freddamente, non riesco  ad essere  falsa
<< buongiorno   insignificante    sorellina , sempre    trasandata , ma in  fin dei    conti  cosa   si può aspettare da te>>
<<Franca  perché  sei  qui? Non hai  niente  da fare, invece  che  venire  ad insultarmi? >>
<<Perché  mi ha  chiamata  Max raccontandomi di mamma, l'ho dovuto  sapete  da lui, dopo  qualche giorno, dio non puoi  capire  come  non ti sopporto >>
<< credimi  il sentimento  è reciproco, e poi  perché  ti avrei  dovuto  chiamare  per dirti  cosa?
Lo sai  che  mamma  è  malata, lo sapevi  della  sua  malattia, e dove  sei  stata? Te ne  sei  sempre fregata, come  hai  fatto  per papà, mentre  lui  era  in ospedale  tu ti divertivi;
Da me  non riceverai  notizie, non saprai niente  da me, perché per me  tu non sei  una  figlia, ha sempre  avuto  me  accanto, non ci sei  mai  stata, è più  di un mese  che  non la vai  a trovare  e non la chiami, e ti lamenti  se non ti cerco, sei  ridicola >>
<< l'insignificante Elisabetta  Carrisi ha tirato fuori  le unghie?>>
<<no sei  solo  tu  che  riesci  a tirare  fuori  il peggio  di me>>
<<mamma  sta  morendo  e tu rimarrai  sola  come  un cane, mica  Sara  e Max possono  stare  dietro  a un peso  morto  come  te, quel  giorno  riderò di te>,  sento  la rabbia crescere, la disprezzo  con tutto  il cuore  per il male  che  ha fatto  a papà  e mamma, non me ne  accorgo  neanche che la mia  mano  con forza  si trova  sulla  sua  guancia, mi guarda  incredula, è  scioccata  ed io più  di lei, non posso  crederci di aver dato uno  schiaffo  a mia  sorella.
<<scusa non volevo, non ho mai  alzato  le mani >>
<<brutta  stronza, non dovevi  farlo,  giuro  che  me la pagherai, ti odio, ti ho sempre odiata>> , si avvicina  e mi sputa  addosso, gira  le spalle  e se ne va. Corro  in bagno,  mi chiudo  dentro  e piango, non volevo, io non volevo, io non sono  così. Urlo  dalla rabbia  per me stessa,  per mia  sorella  e per quella  maledetta  malattia  che sta  portando  via  la mia  mamma. Dopo  essermi  sfogata  un po', sciacquo il viso, mi asciugo  e torno  al mio  lavoro.

Non lasciarmi sola (completata) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora