Capitolo settantatre

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Elisabetta 

Aurora è  stata tranquilla durante tutto il viaggio. Ha dormito tutto  il tempo,  si svegliava  per mangiare o per essere  cambiata.
Scendiamo  dall'aereo,  sto  realizzando  solo  ora che  tra  qualche  ora lo incontrerò. Sono  agitata,  mostruosamente  agitata,  a tal  punto  che  Aurora, che  fino  a quel  momento era  rimasta serena, ha  incominciato a piangere,  non c'è verso  di calmarla.
Sto  avendo  un ripensamento,  non sono più  tanto  sicura  di volerlo  incontrare. La paura di soffrire  ancora e ancora  e la rabbia verso  di lui prendono il sopravvento.
Non ho  avuto  più  pace  da quando  Alex è  entrato  nella  mia  vita. È  stato  tutto  un susseguirsi  di eventi. Ed ora sono  stanca  di vivere  una  vita  in tensione,  voglio  avere  un  po'  di serenità  e penso  di meritarla. È  inutile  nascondere  qualcosa  che  c'è ed è reale. Sono  consapevole  che  per quanto  amassi  follemente  il padre  di mia  figlia  IO NON MI FIDO  PIÙ  DI LUI.
La paura e la rabbia  come  una  cosa  sola sono ritornate  a galla  come  l'olio  nell'acqua,  voglio  scappare,  prendere  mia  figlia  e tornare  in  Italia.
Una  volta  arrivata  cosa  mi aspetta? Cosa  mi dirà? Quali  saranno  le  parole  verso  una  ragazzina, cresciuta  troppo  in fretta?
Ho  dubbi  su tutto,  ma mai  sui  sentimenti  che mi tengono  legata  ad Alex,  anzi  lo amo più  di  prima.
Un amore come  il nostro non si può  dimenticare. Nato in un momento  insolito e cresciuto tra le  difficoltà  di una  vita  che  continua  a metterlo  sempre  alla  prova. In tanti  lo hanno  ostacolato,  eppure lui non si è  arreso,  pieno  di  lividi,  ferito e sanguinante, ma vivo.
È rimasto  vivo.
Ragiono  su tutto  questo,  domando  e mi rispondo  da sola. Ho mia  figlia  tra  le mie  braccia,  cerco di rassicurarla,  mentre  la stringo  e le parlo. Rimango  esterefatta a volte  dal mio  angelo,  perché  è  piccola, ha due  mesi  eppure  credo  che  mi capisca,  quando  le  sussurro  Amore  stai  tranquilla  la mamma  ti ama  e non ti lascerà  mai  sola,  ti proteggerà  sempre  lei  strofina  la sua  testa  sul  mio  viso.
La guardo    innamorata   come  solo  una  mamma  può  fare,  quello  che  provo  per questo  fagottino  rosa è  un amore viscerale,  al di là  della  ragione. La bacio  versando  in questo  gesto  tutto  il mio  amore.
Alzo  il capo  e vedo  Sara  impegnata  a gesticolare  verso  un Max dal viso  stanco  e arrabbiato  verso  la sua fidanzata  ingestibile.
Poi come  se essere  salita  su in areo  diretto  in America  senza  preavviso,  aver  preso  questa  decisione  trascinandosi  due  persone  tra  cui  una  minorenne  e una  neonata  fosse  normale,  si butta  tra  le sue  braccia  e lo stringe,  lui  non ricambia <<ehi poliziotto non mi abbracci? Non sei felice di vedere la tua fidanzata?>> si guardano e lei  scoppia  a ridere 

<<primo  o poi  mi farai  diventare  pazzo >>

<<perché  non lo  sei  già? >>

<<zitta  hai  parlato  troppo >>
La bacia  e non in modo  casto,  fregandosene  delle  persone  che  passano  e alcuni  scattano  pure  delle  foto.

<<se avete   finito,  ci saremmo anche  noi >>

Rimango  in silenzio  per tutto  il tragitto. La mano  stretta  in quella  di Gaia. 
Ho il cuore  in gola e l'agitazione non vuole lasciarmi,  è  tanta  al punto  che  rischio  un attacco  di panico  se non mi calmo.
Una  New York frenetica scorre  davanti ai  miei  occhi,  mentre  l'auto  in cui  siamo  comodamente  seduti  tutti  e quattro,  percorre le strade  della  Grande  Mela.
Forse  tutta  questa  ansia  finirà quando  i nostri  occhi  si incontreranno.
Le voci  lontane  di Sara,  Max e Gaia si accavallano,  mentre  io sono  lontana  anni  luce con la mia  mente,  persa  nei  miei  pensieri. 
Non mi accorgo che  l'auto si  è  fermata,  che  tutti  sono  scesi  e non so  da quando  l'autista  tiene  lo sportello  aperto  aspettando  che mi decida a scendere. Sara mi desta dai  miei  pensieri.
Scendo  dall'auto tremando,  sto  cercando  di stare  calma,  mi riesce  proprio  male,  sembro  una  condannata  che stanno  accompagnando  al patibolo.
Questa  villa sembra  un castello.
Sara  mi prende le mani e mi guarda  dentro  l'anima, mi dice  di stare  tranquilla e che  andrà  tutto  bene. Chiudo  gli  occhi  e i pensieri,  la paura  con la rabbia  le chiudo  nel cassetto  in fondo al  mio  cuore almeno  per il momento. Deglutisco,  faccio  un respiro  lungo ed entro.
Veniamo  accolti calorosamente da persone  sconosciute.
<<benvenuti a villa  Bolook>> la voce  di un uomo maturo  ma  affascinante << mi presento  sono  Trevis Bolook e lei  è  mia  moglie  Sophia>> poi  fa  segno  verso  un uomo  che  avrà  l'età di  Alex, ha un eleganza  d'altri  tempi,  e non parlo  del vestire  è  il portamento,  tutto  in lui  parla  di  grande  austerità,  il suo  sguardo  mi imbarazza  e inconsciamente  abbasso  gli  occhi  <<lui  è  Atanacio  Garcia avvocato  e mio  fidato  amico,  uno  dei  pochi  a cui  affiderei la vita  delle  persone  che  amo  e la mia >>  ci stringiamo  la mano. Mi sento  a disagio, ho come  la sensazione che  mi conosca,  anzi  che  ci conosca,  ma non trasmette  paura,  anzi  mi sento  tranquilla.
Max si avvicina  a me  dopo  le presentazioni  e a quanto pare  Aurora  ha già  conquistato  tutti,  prendendo  tutta  l'attenzione  per sé.

Non lasciarmi sola (completata) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora