Capitolo tredici.

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Sara

Sono  seduta  in cucina,  i gomiti  appoggiati  al tavolo,  piango perché non so come aiutare Elisabetta,  sono  qui  da una  settimana,  dal funerale di Teresa.
È  chiusa  nella sua  stanza,  non parla  con nessuno e non permette  a nessuno  di avvicinarsi, pure  Luca  ha provato  ma niente. Ha chiuso  tutti  fuori;  solo  Gaia è  riuscita  a oltrepassare  quel muro che  ha alzato.  Loro domani   devono  tornare  a casa,  Gaia  ha la scuola  e Seba  e Emma  devono  tornare al bar. Lo avevano  lasciato  nelle  mani  di un caro  amico  di Seba,  ma adesso  devono  proprio  tornare  a casa.
Ho parlato  persino  con Alex, lui  ha provato  a chiamarla  al cellulare  ma è  sempre staccato. Esce  dalla  sua  stanza solo  per andare  in bagno, è  dimagrita. Non si siede  neanche a tavola  con  noi.
Mangiucchierá qualcosa  quando siamo  tutti  a letto.
Vorrei  aiutarla  se solo  mi permettesse  di farlo, sto  male, abbiamo  sempre condiviso  tutto, i suoi  dolori  erano  i miei  e viceversa, il suo  allontanarsi  da me  fa male, terribilmente  male.
Alex mi ha detto  ieri  sera  che sarebbe  passato, lo sto  aspettando.  Spero  che  riesca  dove  tutti  noi abbiamo  fallito.

Alex

<<Rosalba  io sto  uscendo, cancella  gli  appuntamenti  per oggi  pomeriggio, chiamami  solo  per urgenze, mi raccomando lo sai  mi fido di te>>

<< Si Signore non si preoccupi  ho tutto  sotto controllo,  buon pomeriggio >>

La saluto  e vado  via, vado  da lei. Ho resistito fin troppo, sto  impazzendo, non capisco  cosa  mi faccia  questa  ragazzina, so solo  che  sono  tormentato  giorno  e notte  dalla  sua  immagine  e poi  quelle  labbra  porca puttana mi mandano  in pappa  il cervello.
Quel  giorno quando  morì  sua  madre, dopo  il litigio  con sua  sorella, la vidi  tra  le braccia  di quel coglione, mi sono  incazzato , non doveva piangere tra  le  sue  braccia, doveva  trovare  conforto  in me, non in lui, non mi sono  più  avvicinato, mi sentivo  con Sara  per sapere come  stava.
Sara  è  disperata, Elisabetta non  si fa avvicinare da nessuno, mi ha detto. Sta  sempre in camera al buio,  la persiana  abbassata. Ho provato  a chiamarla  ma ha il cellulare  spento.
Sto  andando  da lei  e non ho intenzione  di uscire  sconfitto, devo  tirarla  fuori da questo  stato  di depressione.

Sono  arrivato, parcheggio  la mia  auto  e scendo. Trovo  il portone  aperto. Entro e salgo  in ascensore.
Suono  alla  porta, è  Sara ad aprirmi.

<< ciao Sara, lei?>>

<<è  in camera, Max è  con lei. Le ha parlato  ma niente non interagisce, siamo  preoccupati >>

Cammino per un tratto  di corridoio, c'è  la porta socchiusa, Max è  seduto  sul letto.
Entro  e quello   che vedo mi spezza il cuore. È  seduta con le  gambe  piegate  e le braccia  attorno, come  per proteggersi, è in un angolo  del letto  con il viso di lato   appoggiato  sulle  ginocchia. Gli  occhi  aperti  ma spenti,  non c'è  più  vita, è  completamente  persa.
Entro  e chiedo a Max di lasciarmi  provare  a parlarle. Max acconsente  ed esce.
Mi avvicino  alla  finestra  e la prima  cosa  che  faccio è  alzare  la persiana.

<<finalmente  un po' di luce>>, niente, lei  non reagisce, gira  solo  il viso  verso  il muro.

<<Elisabetta, sono  io Alex, come  stai?>>  le passo  la mano  sui capelli, accarezzandoli.
NIENTE

<<Hei ragazzina sono venuto  per te, hai deciso di non calcolarmi? Mi sei  mancata >>
NIENTE

Non lasciarmi sola (completata) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora