Anche se era tornato il silenzio e tutto sembrava finito non era cambiato niente: Francine era ancora lì, nel fango, immobile, cercando di respirare con la faccia affondata nella mota, ignorando l'odore del sangue e della polvere da sparo.
Quando il calcio la colpì alle reni provò un'ondata di dolore. Dolore per il colpo, ma anche dolore per l'adrenalina che le scorreva in corpo e riattivava tutti i muscoli che aveva tenuto immobili, come uno scoiattolo spaventato, come una patetica figura.
"Qui ce n'è uno vivo!" disse una voce sopra di lei. Ma parlava in inglese e lei non lo capiva. Le sembrava solo che avesse detto quell'ultima parola, qualcosa tipo "laiv" con incommensurabile disprezzo.
"Non ci servono vivi. Ammazzalo!" rispose un altro. E il significato della parola kill lo conosceva, gliel'aveva insegnato suo fratello.
Alzò la testa, sollevò a fatica le palpebre, impiastrate dal fango, e osservò il suo carnefice, un uomo incredibilmente brutto che incombeva su di lei, vestito di stracci e con un ridicolo cappello. Stava tirando fuori dalla cintura una pistola.
Allungò un braccio, un gesto di panico, ma toccò il fucile del cadavere poco lontano da lei. Tutto il resto fu una sola mossa, la mossa che le avevano insegnato in caserma: si mise il calcio del fucile contro il ventre, lo armò e sparò. Lo sparo le sfondò i timpani, il rinculo le fece male alla pancia quanto il calcio del brigante, ma un secondo dopo vedeva il corpo del pirata cadere, mentre una zaffata di odore di sangue più intensa di tutte le altre, ripugnante, la investiva.
"Cosa cazz..."
Si girò verso la voce, puntò, armò e sparò. Era un colpo in cui serviva mira, ma in quel momento qualcosa la stava guidando. Anche il secondo pirata crollò.
Sentì voci provenire da oltre lei, troppe voci. Si alzò in piedi puntellandosi sul fucile e cominciò a correre lontano. Cominciò a sentire degli spari alle sue spalle, molti spari. Capì che erano contro di lei. In un lampo di lucida follia si chiese se lo avrebbe sentito, il colpo che l'avrebbe presa, o se il fatto che sentisse le detonazioni significava che l'avevano già mancata.
Correva ricordandosi con disperazione quanto lontana era la barca, capendo che avevano camminato molto, che non poteva farcela. Sentì che cominciava a piangere, sentì che si stava pisciando addosso, sentì che stava per morire.
Se gli spari fossero cessati avrebbe potuto pensare che i pirati avessero desistito, ma perché desistere su un'isola così piccola? Perché arrendersi? Bastava continuare ad andarle dietro per metterla con le spalle al muro.
A un certo punto un piede le cedette. Credette di essere semplicemente inciampata e invece la terra prese a inghiottirla. Qualcosa, nel suolo, era crollato, aprendo per lei un varco verso la profondità della terra. Scivolò giù sul terreno viscido, per alcuni metri, finché intorno a lei non rimase che buio.
Era tutta un dolore, soffriva, si rannicchiò su sé stessa, per nascondersi da sé stessa, per nascondersi da quello che aveva scoperto. Aveva attraversato il sangue, il dolore, la morte e l'omicidio eppure in tutto quello, in quel sudicio nodo di ferocia e violenza, non c'era niente che spiegasse la morte di suo padre, che spiegasse il cuore spezzato di sua madre o la cecità di suo fratello.
Era morta, forse, ed era morta per niente.
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Valerius Demoire - vol.1
Science Fiction[COMPLETO] - VOLUME PRIMO Seconda metà del diciannovesimo secolo, un ALTRO diciannovesimo secolo. Gli equilibri del mondo si reggono sulla tecnologia. E tecnologia significa Vapore Pesante e Ignitium, le sostanze che, imbrigliate nelle macchine, h...