La caccia ai mutanti

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Germania

I due Arabesque avanzavano lenti scostando gli alberi con facilità. Considerando che la straordinaria potenza di fuoco del myrmidon era tutta installata sulle spalle della macchina, le sue braccia funzionavano sostanzialmente come due benne di ruspa e i piloti più capaci sapevano usarle per farsi spazio.

Francesco Pupo Torvergata camminava in mezzo ai myrmidon come in una amabile passeggiata, i due esecutori solo un passo indietro. Non sembrava particolarmente nervoso.

"Gli attacchi sono cominciati all'incirca a questo punto." disse dall'altoparlante uno dei piloti.

L'inquisitore scrollò le spalle, scovò un tratto di foresta ridotto in cenere poco avanti, una ferita nel labirinto verde. "Capisco." sussurrò, quasi annoiato.

Uno degli esecutori ticchettò.

"Si, uno solo. Sono lontani da qui. Fanno molta strada per attaccare. Sono prudenti."

Entrambi gli esecutori ticchettarono.

"No, dobbiamo subito agire."

Uno dei due arabesque, intento a fare un passo, si bloccò con la gamba a mezz'aria. L'enorme massa della macchina oscillò, mentre sembrava che il suo pilota si divertisse a sfidare l'equilibrio lasciandolo in quella posizione precaria.

"Non risponde più all'ottoniera!" disse l'altoparlante dell'altro, già spaventato.

Francesco Pupo guardò la macchina immobile. Trovare una mente umana in mezzo a tutto quel ferro non era affatto facile, almeno per lui. Pensò cosa volesse dire per il pilota di un myrmidon, chiuso in una macchina non molto diversa da quella.

"Dobbiamo ritirarci!" continuò a berciare l'altro pilota "O saremo tutti morti."

I due esecutori si aprirono, schierandosi uno davanti e uno dietro le due macchine.

"Mi hai sentito maledetto barbogio! Dobbiamo andarcene cazzo! Andarcene subito!"

Francesco Pupo sentì il click delle sicure del myrmidon che scattavano, abbandonò lo studio del myrmidon paralizzato e guardò verso l'altro, cercò quella mente. "Un piano astuto."

"BASTARDO! BASTARDO! BASTARDO! CI FAI AMMAZZARE TUTTI! CRE..."

Il myrmidon ebbe uno scatto, la sua schiena si piegò facendo puntare tutta la sua artiglieria verso l'alto. Una salva completa di colpi esplose verso il cielo in una festosa fontana di fiamme.

Uno dei due esecutori aveva uno dei propri guanti di ferro appoggiati sulla gamba dell'Arabesque. Ticchettò.

"Addormentalo, stai solo attento che non lasci qualcosa di questo bestione acceso."

In quel momento il myrmidon paralizzato si mosse, ma nella maniera sbagliata. Il suo equilibrio già precario collassò, i giroscopi iniziarono automaticamente a cercare l'assetto, con poca fortuna. La macchina crollò in ginocchio, allargò le braccia per arrestare la caduta e si bloccò in una posizione grottesca, piegata in avanti, la faccia a terra, come un gesuita davanti Sua Santità il Papa.

Finalmente, Francesco Pupo Torvergata avvertì i passi.

Lui e i due esecutori si voltarono verso la direzione del suono, aguzzarono lo sguardo, presto videro la valanga di metallo del konsole venire verso di loro ad alta velocità, sulle quattro zampe come un animale, il suo sguardo ghignante acceso come un tizzone appena tolto dal camino.

Gli esecutori alzarono le braccia verso l'alto, dai loro ugelli installati sulle braccia uscì un denso fumo nero che in pochi secondi coprì tutto. Si trovarono tutti immersi in una densa nebbia scura che aveva divorato la foresta e aveva fatto sì che della macchina non rimanessero che i suoi passi.

Francesco Pupo Torvergata sapeva che togliere il contatto visivo a un mutante dava un vantaggio limitato, che però nel suo caso era determinante. Sentì gli artigli psichici del pilota arrivargli addosso, li lasciò entrare, lasciò che si aggrappassero alla sua mente e poi vi si avvinghiò a sua volta. Ora non era un problema trovare la mente all'interno di tutto quel metallo. Ora aveva un filo diretto con essa.

Gli esecutori si connessero a lui e reagirono, attraverso il contatto psichico riversarono odio e paura.

I passi ritmati e pesanti del Konsole si incepparono come un tamburo sfondato, divennero doppi, tripli, persero ritmo. Francesco vide la macchina emergere dal fumo ormai lanciata verso un albero. La guardò schiantarsi, rotolare come un gatto zoppo e aggrovigliarsi su sé stessa.

Mentre gli esecutori tenevano fermo il pilota lui si avvicinò. L'abitacolo si aprì quando lui era ormai nei pressi. Vide il volto di una ragazza emergere dalle strumentazioni del gigante di metallo. La ragazza aveva gli occhi sbarrati e si teneva una mano sul cuore, come se cercasse di rallentarlo a forza.

"Dobbiamo parlare." disse lui.

Valerius Demoire - vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora