Capitolo 24 - La passeggiata

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La mattina seguente mi costringo ad alzarmi presto per pulire la mia auto. Non me la sento di fare salire Marco sulla mia quattro ruote, se non è pulita, non mi voglio sentire giudicata. Vado in garage e cerco tra gli scaffali dove mio padre tiene tutti i suoi prodotti.
Passo l' aspirapolvere, il lucida cruscotti, lavo i tappetini di plastica, ma i vetri sono una tragedia. Non riesco a togliere gli aloni. Dopo la terza volta che tento, rinuncio. Se la farà andare bene così.
Tutta questa operazione mi ha tolto un sacco di tempo ed energia. Arriva Monica:
“ Mi dici che stai facendo?” Mi guarda e si siede su un sedile e appoggia la scarpa sulla moquette che ho pulito fino ad ora. La guardo torta:
“ Non si vede? Sto cercando di pulire la mia auto. E tu con le tue scarpe me la stai sporcando di nuovo” le dico un po’ scocciata. Si alza subito:
“ Scusami! Non mi sembrava che fosti così fissata sulla pulizia della macchina.”
“ No, non lo sono. Ma oggi porto Marco a fare due passi e visto che la sua è sempre super pulita, non voglio farlo salire su un letamaio!”
“ Ah! Ora è tutto chiaro!” mi prende in giro.
Mi fa così rabbia che le tiro la spugna umida in faccia e la prendo di striscio. Rimane sorpresa, e io scoppio a ridere per l’espressione che ha fatto. La raccoglie da terra, so che me la tirerà:
“ Non ci provare…” La minaccio e prendo il secchio con l'acqua sporca. Vedendo che in svantaggio abbassa la spugna e ci mettiamo a ridere insieme.

Alle 14.30, sono davanti all’abitazione di Marco. Non sono mai stata a casa sua, ma so esattamente qual’è.
Scendo. Sono indecisa se suonare il campanello, ma quando mi avvicino lo vedo sulla rampa del garage. Gli vado incontro. È una settimana che non ci incontriamo.
“ Ciao” mi alzo in punta di piedi per abbracciarlo. Siamo in pubblico non posso spingermi oltre, anche se vorrei coprirlo di baci. Il suo profumo mi riempie le narici e il cuore.
“ Come stai? Mi sei mancato lo sai?”
“ Anche tu, Piccola.”
“ Che stavi facendo?”
“ Sistemavo i CD”
“ Allora dove ti va di andare?”
In quel momento sento aprirsi una porta alle nostre spalle e una voce di donna che interrompere i nostri discorsi:
“ Marco?”
“ Sì mamma.” Oh caxxo! Mi sento così a disagio, che non riesco nemmeno a voltarmi e salutarla. Vorrei solo sprofondare dalla vergogna. Lei sa sicuramente che non sono una semplice amica di suo figlio e chissà cosa pensa di me!
Credo di non aver sentito nemmeno una parola di quello che si sono detti da quanto sono nel panico. Appena torniamo ad essere soli Marco si volta verso di me e mi osserva con un sorriso strano sulle labbra:
“ Smettila di guardarmi così!” Gli dico un po’ accigliata.
“ Credevo che stessi per svenire! Almeno respiravi?” Mi prende in giro
“ Ti darei un calcio negli stinchi se non fossi ancora convalescente!”
“ No, più che altro, perché più in alto non ci arrivi!!” Si mette a ridere. È bello vederlo divertirsi, anche se si prende gioco di me! Il nervosismo mi passa all’istante e mi metto a ridere insieme a lui.
Saliamo in auto. Mi guarda stupito e compiaciuto:
“ Com'è pulita!” Sorrido tutta soddisfatta.
“ Sappi che ci ho impiegato un sacco di tempo per farla così lucida, quindi sarà utile che tu abbia le scarpe pulite!” Lo prendo in giro.
Quando passiamo davanti al bar vedo Paolo seduto fuori, suono il clacson, lui si volta e io con la mano e un sorriso che più falso non si può, lo saluto. Marco si mette a sghignazzare:
“ Sei proprio perfida”
“ Io?? Io sono educata. Quando lo incontro lo saluto sempre è lui che non mi saluta mai!” Cambia discorso:
“ Ti sei divertita ieri sera, con le ragazze?”
“ Sì, ho ballato un sacco. Era tantissimo che non lo facevo.”
“ E quanto hai bevuto?”
“ Intanto non avevo la macchina! Quindi non farmi la predica e poi ho preso una corona al Legmastersheep e…” mi interrompe.
“ Già, quando eri con quel ragazzo moro…” Come fa a sapere che ero con Samuele? Era lì? No, impossibile me ne sarei accorta!
“ Chi te l’ha detto?” Sorride. Sono convinta che è soddisfatto di avermi preso alla sprovvista.
“ Ho amici ovunque” alza le sopracciglia e sorride ancora di più. Mamma mia quanto mi irrita!
“ Allora, ti hanno anche raccontato che mi ha baciato in mezzo a tutta quella gente?” Mento per vedere la sua reazione. Si fa serio:
“ Come?” Forse non crede alle parole che ho pronunciato.
“ Stavo scherzando, con Samuele siamo amici da un sacco di tempo.” Non voglio fargli pensare che non lo bacerei perché penso solo a lui, quindi aggiungo:
“ Mi è sempre piaciuto molto ma per lui sono sempre stata solo un amica”. Non ribatte niente.
“ Allora chi è la spia?" mi informo.
“ Betty ti ha visto. Ci siamo sentiti stamattina e me l’ha raccontato.”
“ Me lo dovevo immaginare…” sorrido. Non mi importa se glielo ha detto, che pensava di farlo ingelosire? In fondo sono solo una sua amica, niente di più.

Ci fermiamo al lago di Montepulciano, lì sono convinta che non incontreremo nessuno che ci conosce. Mentre camminiamo mi racconta:
“ Quando ero in ospedale ho maltrattato anche la moglie di un ometto, mio vicino di letto.” Lo guardo come se lo volessi brontolare.
“ Ma se lo meritava!” Cerca di giustificarsi.
“ Ah, sì? Sono proprio curiosa.”
“ La mattina dopo l' intervento mi sono svegliato, e lei era già lì. Marta non era ancora arrivata. Mi si avvicina e mi dice: Parlavi nel sonno chiamavi una certa Giorgia… ma non mi pare che la tua ragazza si chiami così! Mi sono un attimo irritato e le ho risposto: Signora si faccia i caxxi suoi! Non l’ha presa benissimo, eppure quando glielo ho detto cercavo di farle anche un sorriso!” 
“ Davvero? Fammi vedere il sorriso?” Fa un espressione stramba.
“ E quello lo chiami sorriso? Mi pari il protagonista del silenzio degli innocenti!” Ci mettiamo a ridere insieme.
Ci sediamo su di una panchina, vorrei mettermi sulle sue ginocchia, ma ho paura di fargli male.
“ Vieni quà!” Mi fa cenno di avvicinarmi. Mi fa sistemare in mezzo alle sue gambe. Mi abbraccia da dietro e appoggio la schiena al suo petto. Come mi sento bene avvinghiata a lui. Mi posa un bacio tra i capelli, io mi giro, appoggio la fronte sulla sua e poi le nostre labbra si sfiorano. Gli ordino:
“ Stai fermo!” Gli passo la lingua sulle labbra, sento che si sta irrigidendo e prova a baciarmi. Mi allontano:
“ Ti ho detto di stare fermo” ripeto. Gli prendo il labbro inferiore tra i denti e lo succhio.
“ Così mi torturi” mi dice. Allora allento la presa e lo bacio con tutta me stessa. Come mi era mancato il suo sapore di tabacco e menta.

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