5. LA PROMESSA

132 20 18
                                    

Cavalcava ormai da due giorni, fermandosi solo per brevi pause e concedendosi poche ore di sonno durante la notte. Non si era mai sentito tanto stanco e indebolito, e ogni muscolo urlava dal dolore nei lunghi tratti in cui preferiva scendere da Cobalto e proseguire a piedi per dare al cavallo la possibilità di riposarsi.

Aveva viaggiato orientandosi grazie ai Monti Boscosi, che erano sempre alla sua sinistra. All'inizio del cammino, quando Elymer era ancora vicina, non aveva avuto alcuna incertezza sulla strada da seguire, perché i percorsi gli erano familiari; ma presto la strada aveva cominciato a farsi dissestata e in alcuni tratti era invasa dalla vegetazione. I villaggi situati a sud dei Monti Boscosi e vicini alla costa - ed Elymer non faceva eccezione - non erano mai stati molto animati e vivevano nell'isolamento, limitandosi a radi commerci e scambi locali. Ora però si trovava in una zona che non aveva mai visto. Il sentiero seguito dalle carovane era più visibile e facile da percorrere, ma le conoscenze limitate del territorio non permettevano a Idemar di capire con sicurezza dove stava andando. Non che fosse importante, dal momento che non aveva alcuna meta prestabilita.

Le poche provviste che aveva portato con sé erano quasi terminate; era giunto il momento di fare rifornimento. Decise che si sarebbe recato al primo villaggio abbastanza grande da avere un emporio o qualcosa di simile.

Il sentiero aveva svoltato leggermente a sud diverse ore prima, ma attorno a lui non sorgevano che piccoli e isolatissimi gruppi di case all'apparenza abbandonate o edifici in rovina, completamente avvolti da piante rampicanti, dai quali cercava di tenersi alla larga perché sospettava fossero covi di briganti.

Finalmente scorse in lontananza i primi campi coltivati, segno della vicinanza di un insediamento stabile. I raggi rossi del sole al tramonto incendiavano la terra e indoravano le piccole piantine che spuntavano in file ordinate. Quando fu vicino vide alcuni contadini intenti a caricare gli attrezzi sui loro carri al termine di una lunga giornata di lavoro. Si fermò accanto a due di loro.

«Scusatemi. Non conosco questa zona, potreste dirmi il nome del villaggio più vicino?»

«Ci sei dentro, ragazzo. Questi campi appartengono a Kilea»

Kilea? Non ne aveva mai sentito parlare.

«Posso trovare un posto dove trascorrere la notte, qui a Kilea?» chiese, rendendosi conto che non sarebbe riuscito ad acquistare ciò di cui aveva bisogno fino al mattino.

«Sicuramente "Al querceto" avrà una stanza per te» rispose uno dei contadini portandosi una mano sul viso abbronzato per riparare gli occhi dal sole e osservare meglio il ragazzo. «Kilea non è molto grande, non ti sarà difficile trovare la locanda»

Idemar ringraziò e riprese a camminare finché raggiunse le prime fattorie. Per essere un piccolo villaggio, Kilea era abbastanza movimentata: incontrò uomini che rientravano dai campi, bambini che giocavano e donne che chiacchieravano formando piccoli crocchi lungo le strade. Passando accanto a uno di questi gruppi ebbe l'impressione che ci fosse fermento, come se la conversazione vertesse su un argomento molto scottante.

Nessuno si voltò al suo passaggio, cosa che lo sorprese: era insolito che uno straniero passasse inosservato nei villaggi più piccoli. Ricordava bene la sensazione di avere gli sguardi di tutti puntati addosso, provata le prime volte che aveva sostituito lo zio nei commerci.

Passando accanto a una fattoria vide un gruppetto di persone raccolte vicino alla porta d'ingresso. Parlottavano serie, ma non riuscì a comprendere nemmeno una parola di quanto dicevano.

A colpirlo fu un bambino, seduto su un muretto poco distante, le esili gambe a penzoloni. Aveva gli occhi fissi a terra; occhi tristi, sconfortati e arrossati dal pianto.

Il Cuore di DjinoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora