Qualcosa cominciò a emergere dall'acqua, a poca distanza dalla barca in cui sedeva il ragazzo. In un primo momento vide una grande massa scura indistinta, pochi istanti più tardi un brivido gli rivelò che si trattava di una testa. Sempre che potesse esistere una creatura tanto grossa da possedere una testa di quelle dimensioni.
Il cranio, ovale e allungato, era ricoperto da una pelle liscia e lucida, ma spessa; non nera come aveva creduto, ma blu, di un blu scuro, sporco. Sul muso terrificante spiccavano due enormi occhi gialli, pozze profonde e acquose che erano puntate su di lui, cancellando ogni speranza di passare inosservato.
Da quella che doveva essere la bocca spuntavano due zanne bianche e affilate, che a occhio misuravano quasi due volte le braccia del ragazzo. Il collo era allungato, dalla linea elegante ma robusto, e terminava nel corpo, tanto lucido da riflettere la sagoma della barca in cui si trovava Idemar e abbastanza imponente da sembrare una piccola isola emersa dal lago.
Idemar non si mosse. Se ne stava seduto immobile, stringendo forte il bastone che irradiava una limpida luce bianca, senza sapere cosa fare ora che, improvvisa e nel modo più inatteso, si era manifestata la causa del dolore al braccio. Allungò lentamente la mano verso la spalla, cercando l'impugnatura dell'arco, gli occhi fissi sulla creatura.
Ma non poteva abbandonare il bastone, e l'arco aveva bisogno di due mani per essere utilizzato, perciò scartò quasi subito l'idea. Se avesse avuto con sé il pugnale! Ma forse non sarebbe servito a nulla contro quella creatura immensa.
Il mostro se ne stava di fronte a lui, immobile, e il suo sguardo non lo abbandonava un istante. Idemar fissava gli occhi gialli come ipnotizzato, incapace perfino di pensare.
Non aveva bisogno di conoscere quel mostro per capire quali fossero le sue intenzioni, ma quella che aveva di fronte era Dulshea, il custode del lago Fern-Tar, una creatura furba, intelligente e mortale.
Idemar non poteva saperlo, ma era stata lei ad accompagnare le imbarcazioni dei Pukrob fino al centro del lago, e a vegliare su di loro durante la traversata; conosceva troppo bene il popolo dei Pukrob per lasciarsi ingannare da Idemar, e aveva capito che all'interno di quell'ultima barca, partita in ritardo rispetto alle altre, si nascondeva un estraneo.
Non era d'animo gentile, Dulshea, e la sua natura era malvagia. I Pukrob vivevano sotto la sua protezione per un motivo preciso, una tacita alleanza nata molte estati prima, e rafforzata dal reciproco bisogno.
Durante una delle loro scorribande, i Pukrob si erano imbattuti in una creatura debole e indifesa, che arrancava lungo l'argine di un piccolo stagno. Era ferita, e la testa non giungeva all'altezza delle loro ginocchia; avrebbero potuto ucciderla, come era loro abitudine, ma non lo fecero. Non fu la compassione a fermare le loro lance, ma la vista delle zanne che le spuntavano dalla bocca e degli artigli che ornavano le zampe palmate. Ne avevano intuito le potenzialità distruttive, e avevano deciso di farne un'alleata. Avevano così preso con loro il cucciolo, curandolo e accudendolo nella loro città; l'animale era cresciuto in fretta sotto la protezione dei Pukrob, che si occupavano di nutrirlo in modo adeguato cacciando per lui gli animali selvatici che vivevano nei dintorni. Poi quando l'animale, che avevano battezzato Dulshea, era stato abbastanza in forze da badare a se stesso, l'avevano lasciato libero nel lago Fern-Tar. E tuttora lì Dulshea viveva, nutrendosi degli animali che incautamente si avvicinavano allo specchio d'acqua o degli uccelli che volavano a bassa quota. Con il passare del tempo era cresciuta e divenuta sempre più forte, rivelandosi il miglior alleato che i Pukrob avrebbero potuto desiderare, in grado di assicurare loro la pace per molti anni.
In pochissimi avevano osato sfidarla, e nessuno era riuscito a sconfiggerla. Se qualcuno toccava le acque del lago senza essere un Pukrob o un prigioniero da loro scortato, scriveva la propria condanna a morte. E questo aveva fatto Idemar, con l'aggravante d'essersi impossessato di una barca dei Pukrob senza averne l'autorizzazione. Quella piccola creatura, che apparteneva a un popolo che non conosceva, aveva osato sfidarla. Ora era fermo di fronte a lei, all'interno di un'imbarcazione troppo grande per lui solo. Era bastato uno sguardo a paralizzarlo dal terrore e farlo pentire di quell'affronto, lo leggeva in quegli occhi scuri sbarrati, fissi su di lei, e nella rigidità del corpo.
STAI LEGGENDO
Il Cuore di Djinora
FantasyIdemar vuole scoprire il significato del segno che lo accompagna fin dalla nascita. Erya ha dovuto nascondere per tutta la vita le proprie capacità a causa della paura che quelli come lei - conosciuti con il nome di Diversi - infondono nella gente. ...